Sabrina Deep, la pornostar populista che vuole salvare il porno da banche e multinazionali

Bloccati da Paypal, ostracizzati da Airbnb, rifiutati dalle banche. Il settore vale miliardi, ma chi ci lavora è discriminato in base ad arcaici pregiudizi morali. Ora, negli Usa vogliono addirittura censurare l'industria. La denuncia di Sabrina Deep, la prima pornostar populista

Sabrina Deep, 39 anni da Toronto, è la prima pornostar populista della storia, capace di rivoluzionare il mondo dell’hard come i grandi leader populisti, da Donald Trump a Beppe Grillo, hanno fatto con quello della politica.
«La mia carriera inizia circa dieci anni fa» dice Sabrina a Linkiesta. «I miei video ottennero subito un ottimo riscontro sul web: l’affetto dei fans cresceva, la gente mi chiedeva più contenuti, ma siccome non vivevo negli Stati Uniti, dove ha sede il cuore dell’industria porno, non ero in grado di soddisfare la domanda».
È in quel momento che a Sabrina viene un’illuminazione, destinata a cambiare per sempre l’industria del porno: coinvolgere i suoi fans direttamente nella realizzazione dei suoi video, eliminando ogni mediazione.
«Le persone del settore pensavano fossi pazza: mi dicevano che era pericoloso, che sarebbe finita male. Invece da quel momento la diffusione dei miei contenuti esplose e con essa la mia popolarità».
Il carattere artigianale dei video, specie se confrontati con i laccatissimi film prodotti nella “Porn Valley” (la San Fernando Valley, una zona collinare vicino a Los Angeles dove ha sede l’industria del porno) lungi dal costituire una problema rappresentava invece la principale ragione del suo successo.
«La gente nel porno vuole vedere passione, che è proprio quello che spesso manca nelle produzioni delle majors. Mi è capitato di avere rapporti con attori che non mi trovavano attraente, e il risultato era la completa mancanza di autenticità. Con i miei fans accadeva l’esatto contrario: di passione ne avevano fin troppa».
Mentre altre attrici presero a copiarle l’idea, dando origine a una nouvelle vague di porno accessibile alla gente comune, il passo successivo, per la Deep, fu trasformarsi in imprenditrice, vendendo direttamente i propri contenuti sulla sua piattaforma online.
«Lavorare nel porno è un mestiere estremamente usurante, sia dal punto di vista fisico che personale. Spesso questo lavoro non viene retribuito adeguatamente, nel senso che i profitti che percepisce chi interpreta i video non sono minimamente commisurati al volume di soldi che poi gli stessi video generano. L’intero settore, insomma, si basa su uno squilibrio: vale miliardi di dollari, ma chi sta davanti alla camera viene sistematicamente tagliato fuori dal grosso dei profitti. Per me, quindi, si è trattato di un percorso di emancipazione da logiche vicine allo sfruttamento».

Ma il sogno di Sabrina Deep, la pornostar del popolo, di rendere il mondo del porno “great again” sia per chi ci lavora che per chi lo fruisce, è oggi minacciato dalla cosiddetta “Porn Apocalypse”, una tendenza in atto in America che punta a mettere al bando l’intera industria. Una legge approvata lo scorso aprile per contrastare la prostituzione online è stata usata come pretesto dalla popolare piattaforma “Patreon”, (che permette a un artista di ricevere regolarmente donazioni economiche dai propri fans) per eliminare tutti i profili di chiunque abbia a che fare con il mondo dell’erotismo

Ma il sogno di Sabrina Deep, la pornostar del popolo, di rendere il mondo del porno “great again” sia per chi ci lavora che per chi lo fruisce, è oggi minacciato dalla cosiddetta “Porn Apocalypse”, una tendenza in atto in America che punta a mettere al bando l’intera industria.
Una legge approvata lo scorso aprile per contrastare la prostituzione online è stata usata come pretesto dalla popolare piattaforma “Patreon”, (che permette a un artista di ricevere regolarmente donazioni economiche dai propri fans) per eliminare tutti i profili di chiunque abbia a che fare con il mondo dell’erotismo. Dopo una protesta virale, alcuni profili bloccati sono stati riattivati ma per Sabrina Deep il problema è molto più profondo.
«Il problema principale sono le piattaforme per i pagamenti, a cominciare da Paypal, che da anni blocca e chiude gli account di chiunque abbia a che fare con la pornografia. Non parlo di prostituzione o cose del genere, parlo di video prodotti da adulti consenzienti o di modelle che svolgono performance davanti alla web cam per adulti consenzienti. E quando dico “chiunque” intendo davvero chiunque: un web designer che si trovi a realizzare l’interfaccia di un sito web per adulti, che magari in vita sua non ha neppure sbirciato un video pornografico, non può utilizzare Paypal per farsi pagare: se lo fa viene bannato e i suoi soldi sono congelati. Questo accade in Paesi in cui girare film porno è perfettamente legale, per cui mi chiedo come possa essere consentito a Paypal di operare in questo modo».
Non si tratta, comunque, di una policy aziendale della sola Paypal, e questa per Sabrina non è certo una buona notizia.
«Ci sono Visa o Mastercard, per esempio, che ti fanno pagare una commissione molto più alta per transazioni che riguardano contenuti per adulti (American Express, addirittura, non accetta transazioni di questo tipo). O gli istituti bancari che rifiutano i mutui a chi lavora nel settore e chiudono i conti correnti a porno attrici e porno attori. Siamo ostracizzati da piattaforme come AirBnB, non possiamo partecipare, con donazioni, alle raccolte di fondi a favore di chi è in difficoltà e nemmeno affittare una casa solo per via del nostro lavoro su cui paghiamo regolarmente le tasse.
In questo modo, oltre all’umiliazione sociale, lavorare autunomamente diventa impossibile, e si è costretti a tornare sotto l’ombrello delle corporations, che vuol dire tornare a subire un trattamento assai svantaggioso: nel settore delle web cam, per esempio, spesso su 10 dollari guadagnati con il tuo lavoro in tasca te ne rimangono 3,5 su cui poi devi ancora pagare le tasse».

Se quello che accade ai lavoratori del porno accadesse ad un’altra categoria professionale, la situazione non sarebbe tollerata. Se istituti finanziari come Paypal bloccassero gli account di tutti gli avvocati o AirBnB rifiutasse chi lavora nel settore siderurgico, sarebbe una follia e qualcuno interverrebbe. Ma siccome accade a chi lavora, a qualsiasi titolo, nel porno allora va bene così, nessuno dice niente. L’ipocrisia in atto è gigantesca: i siti web porno sono i più visitati del mondo, eppure quando si tratta di diritti fondamentali di chi lavora nel settore tutti fanno finta di niente, come se con certe cose non avessero nulla a che fare


Sabrina Deep

Secondo Sabrina, quella in atto contro di lei e contro tutti i lavoratori della sua industria è, a tutti gli effetti, una forma di discriminazione basata su un particolare tipo di pregiudizio: quello morale.
«Se quello che accade ai lavoratori del porno accadesse ad un’altra categoria professionale, la situazione non sarebbe tollerata. Se istituti finanziari come Paypal bloccassero gli account di tutti gli avvocati o AirBnB rifiutasse chi lavora nel settore siderurgico, sarebbe una follia e qualcuno interverrebbe. Ma siccome accade a chi lavora, a qualsiasi titolo, nel porno allora va bene così, nessuno dice niente. L’ipocrisia in atto è gigantesca: i siti web porno sono i più visitati del mondo, eppure quando si tratta di diritti fondamentali di chi lavora nel settore tutti fanno finta di niente, come se con certe cose non avessero nulla a che fare».
Il tema centrale, per Sabrina, è quello della libertà individuale.
«Rivendico la libertà di realizzare video per adulti consenzienti e di poterli vendere per mantenermi con il mio lavoro. In generale, rivendico la libertà di chi lavora legalmente nel settore pornografico di avere gli stessi diritti di tutti. Impedirlo, significa limitare la libertà di una persona sulla base di un giudizio morale. Ma questo, a mio parere, vuol dire uscire dal dominio della democrazia occidentale ed entrare in quello delle teocrazie autoritarie, dove sulla base della morale si discriminano le persone. Eppure, questo è esattamente quello che accade oggi a chi lavora nel mio settore».
Intendiamoci: l’ondata di puritanismo che sta fagocitando gli Stati Uniti dallo scorso ottobre, e che recentemente ha vietato alle ragazze di Miss America di esibirsi in bikini, stavolta non c’entra.
«L’ipocrisia attorno al porno c’è sempre stata, purtroppo non è un fatto recente. Certo, sul caso Weinstein ho un’opinione un po’ controcorrente».
Prego.
«Le vere vittime di Weinstein sono quelle che dissero di no, perché sono state vittime due volte. La prima volta perché a causa del loro rifiuto sono state discriminate, non hanno girato film e non sono diventate famose. E la seconda volta perché invece di celebrare il loro coraggio e la loro dignità, di indicarle come esempio, le abbiamo dimenticate, al punto che di alcune nemmeno conosciamo i nomi. Al contrario, abbiano celebrato quelle che presero la scorciatoia, dissero “si” al porco e divennero famose. Questa, secondo me, è un’ingiustizia. O meglio, un’altra manifestazione di ipocrisia».

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