Basta parlare. Basta teorizzare la resistenza dall’alto di una chaise longue piazzata in qualche bell’appartamento di Milano (o brutto, non fa differenza), o da qualche terrazza (o happy hour) romano. Basta indicare la strada rigorosamente senza imboccarla. Anche per gli intellettuali è tornato il tempo per l’azione. Vedi l’accorata lettera aperta che Sandro Veronesi ha scritto ieri sul Corriere della Sera, nelle cui righe propone al collega napoletano — anche se in questo caso si scrive Saviano, ma si legge “Intellettuali Tutti” — di metterci il proprio corpo, di iniziare a fare le cose sul serio e smettere i panni dei leoni da pensiero o da tastiera, fate voi.
Finalmente una proposta costruttiva per gli intellettuali italiani. Era ora. Adesso serve soltanto metterla in pratica, ma ben oltre Saviano e quella manciata di “Very Important People” citati da Veronesi. Serve l’aiuto di tutti, nessuno escluso: calciatori, ballerine, cantanti, personaggi televisivi. Nani, certo, perché tutto fa pop. E sì, certo, anche qualche scrittore e qualche filosofo. Ma a patto è che siano corpi famosi e riconoscibili, capaci di scaldare la raffreddata coscienza civile degli italiani.
Quindi, su, dai: (dis)armatevi e partite. Non c’è un minuto da perdere. Sacrificate un paio di settimane delle vostre vacanze a Capalbio o Filicudi, affittate un paio di elicotteri e fatevi aviotrasportare su quelle navi, che siano navi di ONG, navi della marina militare di qualche paese straniero, o addirittura navi mercantili. O ancora meglio, mollate gli ormaggi della vostra di barca, mettete insieme una flotta della speranza e andate a prenderli voi dal mare. Fate una nuova Dunkirk.
D’altronde come pensate che abbiano fatto gli intellettuali dei secoli scorsi ad assicurarsi la possibilità di parlare, di giudicare, di attaccare le ingiustizie nel mondo: si sono armati e sono partiti. Da Lord Byron, che per la causa dell’indipendenza greca ci lasciò anche le penne, fino a Hemingway, Orwell, ma anche quei pazzi dei futuristi, quando erano convinti della propria idea ci scommettevano la vita. Possiamo dissentire sul loro interventismo, non sul fatto che intendevano il loro ruolo in modo pieno.
Ludwig Wittgenstein era un non-patriottico e un antimiltarista, che finì volontario in guerra. Nel 1914 scrisse “Se indietreggio di fronte alla morte è segno che la mia filosofia non è vera” (nei Diari Segreti). È una frase forte, ma appunto qui nessuno chiede a nessuno di andare in guerra. Solo di usare il proprio corpo in senso simbolico, dimostrativo. Come del resto hanno fatto i radicali per decenni, dagli scioperi della fame di Marco Pannella in poi.
Benvenuti al dunque, cari intellettuali più o meno pop: (dis)armatevi e partite. Dopo decenni di egemonia e rivoluzione da divani, tavolini, terrazze più o meno musiliane e sveviane è giunto il momento di agire, dimostrate che la testa della società non ha paura. Non diciamo della morte, ma della vita vera.