Tax Free: scatta la fattura elettronica, ma negozianti e Dogane non sono pronti

Il governo sembra non voler prorogare l’obbligo delle fatture elettroniche, che scatta dal 1 settembre. Ma la sperimentazione è cominciata solo a giugno: sia i negozianti sia il sito delle Dogane non sono ancora pronti. E con agosto di mezzo, il rischio è che gli acquisti si blocchino

Questa volta la “firma” arriva sia dalla Lega che dai Cinque Stelle. Il Consiglio dei ministri si appresta ad approvare il cosiddetto “milleproroghe” estivo, ma la volontà del governo sarebbe quella di non prorogare l’entrata in vigore dell’obbligo di fatturazione digitale per il tax free shopping, prevista per il primo settembre. Con il rischio che, essendosi adeguato ad oggi solo il 15% circa dei negozi, e con agosto di mezzo, dopo l’estate le vendite di beni esentasse ai turisti extra Ue restino bloccate.

I commercianti sono in agitazione. Parliamo di un comparto che, grazie al rimborso dell’Iva, attira turisti da tutto il mondo, che arrivano in Italia per acquistare anche i prodotti del made in Italy. Soprattutto quelli dei grandi marchi di lusso. Un sistema che esiste in diversi Paesi, finalizzato a supportare il commercio. E con 50 milioni di turisti ogni anno, l’Italia è uno dei leader mondiali delle vendite tax free, per un valore di oltre 12 miliardi di euro. Nella zona di via Montenapoleone a Milano, non a caso, l’hanno scorso hanno battuto in media gli scontrini più alti d’Europa nel giro tax free: più di 1.800 euro medi.

Il sistema funziona così: il cliente paga l’Iva al momento dell’acquisto, per vedersela poi rimborsare alla fine del viaggio, di solito da un intermediario di tax refund associato al negozio, che prende una commissione. La legge di stabilità del 2017 prevedeva che l’obbligo di emettere fatture elettroniche scattasse dal 1 gennaio, l’anno dopo il termine è stato spostato al 1 settembre. E ora la deadline si avvicina.

Il problema è che le direttive dell’Agenzia delle dogane, con le regole attuative indirizzate ai commercianti, sono arrivate solo il 22 maggio. E i commercianti hanno dato il via alla fase sperimentale solo da giugno. La procedura di passaggio al digitale prevede non solo l’accredito al sito delle Dogane digitali, ma anche l’acquisizione di sistemi di fatturazione propri (o degli intermediari finanziari) in grado di dialogare con con il software doganale Otello 2.0.

I tempi sono troppo stretti per adeguare i sistemi informatici e amministrativi e fare training agli addetti nei punti vendita. Siamo ben felici di effettuare questo passaggio, ma abbiamo bisogno di più tempo


Guglielmo Miani, presidente di MonteNapoleone District

La fase di sperimentazione però vale anche per le Dogane, e i sistemi sono tutt’altro che pronti. L’ente, sue segnalazione dei commercianti, continua a sistemare i diversi bug della piattaforma. Per fare un esempio, fino a qualche giorno fa il sistema non accettava i caratteri speciali. Per cui se c’era una fattura con scritto “sconto del 20%”, cosa molto comune in questo periodo di saldi, la piattaforma non accettava la fattura perché non riconosceva il carattere della percentuale. E così anche chi si è già adeguato non è riuscito a usare il sistema. Tanto più che i tempi di riparazione sono tutt’altro che veloci. «Se non rileveremo criticità il passaggio in esercizio avverrà presumibilmente martedì 31 luglio», fanno sapere dalle Dogane. Cioè a saldi finiti.

Il risultato è che in due mesi le transazioni digitali tax free emesse in via sperimentale con il sistema digitale sono state solo l’1 per cento. «Servirebbe più tempo per accompagnare questo cambiamento epocale», dice Massimo Torti, segretario generale di Federmoda. «Soprattutto per i negozi più piccoli e le imprese meno strutturate. Il rischio è che dovranno adeguarsi in corso d’opera». Ma le difficoltà si registrano anche tra i grandi negozi del lusso. «I tempi sono troppo stretti per adeguare i sistemi informatici e amministrativi e fare training agli addetti nei punti vendita», spiega Guglielmo Miani, presidente di MonteNapoleone District. «Siamo ben felici di effettuare questo passaggio, ma abbiamo bisogno di più tempo». Solo a Milano, il lusso fattura 5,6 miliardi l’anno, di cui l’80% arriva dagli stranieri. Che ora, dal primo settembre, non trovando negozi attrezzati, potrebbero spostarsi altrove per fare i loro acquisti griffati.

Servirebbe più tempo per accompagnare questo cambiamento epocale. Soprattutto per i negozi più piccoli e le imprese meno strutturate. Il rischio è che dovranno adeguarsi in corso d’opera


Massimo Torti, segretario generale di Federmoda

Ma le intenzioni del governo gialloverde sembrano quelle di non voler rimandare il passaggio del tax free alla fatturazione elettronica. Sia la Lega sia i Cinque stelle in campagna elettorale hanno detto di voler mettere mano al sistema dei tax free, per ridurre il giro di affari degli intermediari, che sottrarrebbero – dicono – soldi alle casse dello Stato e dei turisti. Nel programma Turismo dei pentastellati si parla di un «giro d’affari di 250-300 milioni di euro annui, che invece di finire nelle tasche dei turisti (come dovrebbe essere) vanno nelle tasche di pochissime multinazionali private». L’idea dei 5S è quella di far passare le procedure di refund dall’Erario italiano, che investirebbe poi una percentuale nel settore turistico.

La fatturazione elettronica va in questa direzione, permettendo ai negozianti di poter fare a meno degli intermediari e gestendosi la procedura da soli sul sito delle Dogane. I tempi però ora sono stretti. La piattaforma delle Dogane è tutt’altro che pronta. E tantomeno lo sono gli esercenti. E con la calura agostana di mezzo, la scommessa è che da settembre in tanti non saranno ancora attrezzati a emettere fattura elettronica. Mentre i turisti rischiano di trovarsi a non poter fare acquisti in regime di tax free, preferendo la Francia o la Spagna alle vie del lusso italiane.

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