Caos Decreto dignità: quattro regimi diversi e rischio boom dei contratti a termine

Per i lavoratori con contratto a tempo determinato, sono scattati quattro regimi di regole diversi. E grazie al periodo transitorio fino al 31 ottobre, l’ipotesi è che si assisterà al boom di contratti prorogati fino al 2021. Di Maio ha annunciato una circolare, che complicherà le cose in tribunale

La calura estiva non aiuterà certo lavoratori e imprenditori a sciogliere il caos creato dal decreto dignità sui contratti a termine. La semplificazione grillina, vista da un ufficio delle risorse umane, è ormai solo uno slogan elettorale. In attesa della circolare chiarificatrice annunciata dal ministro Luigi Di Maio, di fatto gli oltre tre milioni di lavoratori italiani con un contratto a tempo determinato sono stati spacchettati in quattro regimi differenti. Vittime di una fase transitoria doppia prodotta dalla legge di conversione del decretone a Cinque stelle. Che, con molta probabilità, dopo l’approvazione al Senato, porterà a un boom dei contratti a termine entro il tempo utile (31 ottobre) a evitare il giro di vite del governo gialloverde.

Roba da mal di testa. Per fare ordine e capire come trattare ogni singolo contratto, bisognerà guardare la data di assunzione. Le nuove regole sono entrate in vigore dal 14 luglio, con l’introduzione della proroga con causale dopo i 12 mesi, il tetto massimo di durata dei contratti ridotto da 36 a 24 mesi e l’aggravio contributivo dello 0,5% sui rinnovi.

Per quelli che hanno sono stati assunti con un contratto a termine prima del 14 luglio, invece, si applicano le regole del decreto Poletti del Jobs Act: quindi niente causali e rinnovi fino a 36 mesi.

Primo inghippo: dal 2 luglio, quando il consiglio dei ministri ha varato il provvedimento, al 14 luglio non era previsto nessun regime transitorio. Quindi, chi ha potuto, è corso a rinnovare i contratti con le vecchie regole per evitare – almeno per il momento – la stretta del governo.

In attesa della circolare chiarificatrice annunciata dal ministro Luigi Di Maio, di fatto gli oltre tre milioni di lavoratori italiani con un contratto a tempo determinato sono stati spacchettati in quattro regimi differenti

Ma nella legge di conversione, poi una data di scadenza per un periodo transitorio è stata inserita: 31 ottobre 2018. Che significa che le nuove regole si applicheranno ai contratti a termine firmati dal 14 luglio in poi, ma sono esclusi quelli con le proroghe entro fine ottobre. L’ipotesi degli esperti, a questo punto, è che dall’entrata in vigore della legge fino al 31 ottobre assisteremo a un boom di contratti a termine. Il rischio è che se ne faranno molti con scadenza al massimo entro il 30 ottobre, in modo da rinnovarli poi per tre anni, senza causali, fino al 2021. Dribblando così le nuove regole.

Ma non è finita qui: per i contratti stipulati tra l’entrata in vigore del decreto (14 luglio) e l’entrata in vigore della legge di conversione, non avendo previsto alcun periodo transitorio, vale già il decreto dignità con le nuove soglie massime e le causali obbligatorie dopo l’anno.

Il decreto dignità per tutti partirà solo dal 1 novembre, quando per le nuove assunzioni e i nuovi rinnovi si seguiranno le nuove regole. Saranno passati ormai quindi quattro mesi dall’approvazione del decreto legge in consiglio dei ministri: cosa che ha fatto sorgere diversi dubbi sulla necessità di un decreto d’urgenza.

L’ipotesi degli esperti, a questo punto, è che dall’entrata in vigore della legge fino al 31 ottobre assisteremo a un boom di contratti a termine. Il rischio è che se ne faranno molti con scadenza al massimo entro il 30 ottobre, in modo da rinnovarli poi per tre anni, senza causali, fino al 2021

Per ricapitolare, quindi, i regimi sono quattro: primo: fino al 13 luglio valeva il decreto Poletti; secondo: dal 14 luglio alla conversione in legge vale il decreto dignità; terzo: dal giorno successivo alla pubblicazione della legge di conversione in Gazzetta ufficiale fino al 31 ottobre varrà il periodo transitorio; quarto: dal 1 novembre valgono le nuove norme.

Quello che la circolare di Di Maio dovrà chiarire, ora, sono due punti: se dal 14 luglio alla conversione in legge vale la disciplina del decreto dignità; e se il periodo transitorio entrerà in vigore solo con la conversione in legge.

Va precisato però che la circolare ministeriale è un atto amministrativo e non un intervento legislativo. Un pezzo di carta che, non incidendo sulle decisioni dei giudici, complicherà ancora di più gli eventuali contenziosi tra datori di lavoro e lavoratori dovuti all’applicazione delle causali.

Arrivato a questo punto, forse, un imprenditore potrebbe già aver deciso di non assumere o rinnovare il contratto a nessuno, e andare in vacanza.

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