“È un’arte britannica, forse proprio inglese”: il fore-edge painting, ossia la tecnica di dipingere i bordi delle pagine di un libro, nasce in Inghilterra intorno al X secolo, si sviluppa soprattutto nel 1600, e conosce la sua esplosione intorno al XIX secolo. Ora è sempre meno popolare, sopravvive come recupero nostalgico o, come nel caso dell’artista Martin Frost, intervistato da Great Big Story, sotto forma di invenzione artistica personale. Lui, del resto, è l’ultimo fore-edge painter professionista rimasto al mondo. Almeno, lo dice lui.
“Sono uno di quegli artisti un po’ strani che dipinge disegni che la gente non può vedere”, scherza Frost, riferendosi alla caratteristica principale del disappearing fore edge, cioè il fatto che, quando il libro è chiuso, il dipinto non si può vedere perché è nascosto, quasi per beffa, sotto la doratura del bordo. Ma basta aprirlo, piegarlo un poco e si possono vedere immagini, colori, riproduzioni a tema. Un piccolo universo nascosto, accessibile solo a chi sa, cioè a pochi iniziati al segreto.
“Per crearne uno ci vuole tempo. Dipende dallo spessore del libro: se è piccolo, può bastare qualche ora. Se è un libro di grandezza normale, anche due giorni. Se è una Bibbia, quindi un volume molto grande, anche una settimana”.
Ci sono diversi tipi di fore-edge painting: c’è quella semplice, il single, in cui si vede un disegno solo. C’è il double, in cui a seconda del verso in cui si piegano le pagine, si vedono due disegni. C’è il triple, che ai due disegni del double aggiunge un terzo, visibile senza piegare le pagine, che sostituisce la doratura delle pagine. Infine lo split: a metà il disegno si interrompe e ne comincia un altro.