La Diciotti è un’arma di distrazione di massa. La verità è che il governo del cambiamento non sta cambiando nulla

Una contestata disposizione sui vaccini, il taglio del vitalizio a qualche centinaio di ex-deputati e un modesto decreto sul lavoro. I giallo-verdi stanno combinando poco o niente e il solo facile terreno su cui si giocano il consenso è quello dell'immigrazione. Ma quanto può durare?

GIOVANNI ISOLINO / AFP

Una prova di forza cercata fin dall’inizio, fin da quando il 16 agosto – secondo il racconto del comandante Massimo Kothmeir – è stata data disposizione alla Diciotti di intervenire per prelevare il gruppo di migranti alla deriva a 17 miglia da Lampedusa. Sul posto c’erano già due motovedette, avrebbero potuto portarli a terra in poche ore: l’unica spiegazione per gli ordini impartiti è che lo sbarco era stato già escluso e serviva una nave più grande perché si prevedeva una lunga permanenza a bordo. Potremmo chiamarla strategia di Sarajevo: una pallottola ben piazzata per riaccendere in Italia e in Europa un conflitto che dopo il vertice di luglio sembrava sopito, alzando nuovamente l’asticella delle pretese: non basta più la revisione d Dublino e l’equa suddivisione dei migranti ma si invoca l’opzione australiana e cioè accoglienza zero, frontiere marittime e terrestri sigillate per gli stranieri, a prescindere dai requisiti individuali, profughi, perseguitati, migranti economici, richiedenti asilo o quant’altro.

Serve una grande guerra al Governo del Cambiamento, e gli serve subito. A differenza dei suoi modelli populisti – l’America di Donald Trump, l’Ungheria di Viktor Orban – sulle soglie dei primi cento giorni, che si festeggeranno il 10 settembre, non ha prodotto alcun risultato di rilievo. Una contestata disposizione sui vaccini. Il taglio del vitalizio a qualche centinaio di ex-deputati. Un modesto decreto sul lavoro che si limita a modificare i termini dei contratti a termine e poco più. L’annuncio sulla riapertura del caso Ilva, poi seppellito da uno sconsolato “non possumus”. L’annuncio della ri-nazionalizzazione delle autostrade, già in gran parte silenziato per le difficoltà tecniche che presenta.
Il solo terreno facile su cui giocarsi la partita del consenso è quello dell’immigrazione: non servono competenze speciali o idee geniali per tenere bloccati in un porto un centinaio di disgraziati, privi di ogni tutela, inermi, e per farne la bandiera di una immaginifica riscossa dell’identità italiana.

Non servono competenze speciali o idee geniali per tenere bloccati in un porto un centinaio di disgraziati, privi di ogni tutela, inermi, e per farne la bandiera di una immaginifica riscossa dell’identità italiana

La necessità del conflitto si porta dietro molte cose già viste quando un governo non sa bene che pesci prendere. Lo scontro col Quirinale, un classico delle destre fin dai tempi di Napolitano e Scalfaro, ma largamente praticato anche dal Pd renziano. Lo scontro con la magistratura cattiva, con i pm comunisti. Con la presidenza della Camera, con l’Agenzia per i Rifugiati, con l’Onu. Lo scontro con le regole e i trattati – “pezzi di carta”, come diceva qualcuno – in nome della volontà popolare e dell’adesso basta.

La guerra più è larga, più avversari trova, e meglio è: nel nome del Molti Nemici Molto Onore si travolge ogni dato di realtà, compresa l’identità dei 150 poveracci a bordo descritti come «palestrati», «tutti immigrati illegali» quando le foto mostrano gambe e braccia rinsecchite dalla denutrizione e i volontari raccontano di una maggioranza di siriani, eritrei e somali, quindi probabilmente meritevoli dello status di rifugiati.

I sondaggi ci diranno presto se la guerra ha raggiunto i risultati desiderati, cioè se la Lega di Matteo Salvini – protagonista assoluta del campo – avrà aggiunto percentuali al suo già considerevole consenso. È possibile che accada. Al mondo che guarda con simpatia il Governo del Cambiamento i tamburi di battaglia piacciono, e nella stagione del politicamente scorretto l’idea di trasformare in ostaggi un gruppo di morti di fame non fa nè caldo nè freddo: soffrono, sono malati, dormono nell’afa sotto tendalini improvvisati? Affari loro, se la sono cercata. Gli appelli alla pietas lasciano il tempo che trovano quando si è in guerra, le vittime innocenti sono nel conto.

E tuttavia, persino nella temperie di questi tempi idioti, quanto può reggere una guerra inventata, per motivi irrilevanti, senza contatti con le vere ragioni del disagio italiano ed europeo? Per quanto tempo il Paese sarà disposto a nutrirsi di questa panna montata, dei pop corn di una-dieci-cento Diciotti senza stufarsene, senza pretendere qualcosa di più vero e nutriente, la risoluzione dei problemi invece della loro moltiplicazione all’infinito?

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