Ci siamo, anche il secondo weekend da bollino nero è arrivato e, per moltissimi di noi, si spera, coincide anche con il fatidico momento della partenza. Basta con il lavoro, basta con lo stress, basta con le code, è tempo di vacanze. Sì, sarebbe bello. Eppure la maggior parte di chi in questi giorni si sposterà per raggiungere la propria terra vacanziera promessa — e quest’anno sono proprio tanti quelli che hanno scelto l’Italia — si ritroveranno in una delle situazioni che meglio conoscono e che più odiano del proprio anno lavorativo: dentro una macchina.
Eppure, dopo aver sofferto per 48-50 settimane circa, maledicendo ogni lunedì mattina, detestando ogni maledetto giorno passato in azienda, ogni coda, ogni incidente, ogni ritardo accumulato, proprio ora che abbiamo finalmente il tempo per noi stessi, per andarcene cambiando radicalmente scenografia rispetto alla nostra normalità, che senso ha, proprio ora, scegliere di andarsene proprio in macchina?
Tra tutti è il mezzo più pericoloso, il più inquinante, spesso addirittura è il più costoso se si calcolano i pedaggi, la benzina, le revisioni e via dicendo. Eppure sono tantissimi quelli che non riescono a farne a meno neppure in vacanza. Soprattutto contando che il viaggio che hanno in mente non è esattamente un road trip anarchico à la Thelma&Louise, né men che meno una zingarata à la Amici Miei, ma piuttosto un semplice spostamento delle proprie attività di base lontano dal luogo di lavoro. Restando stanziali e usando la macchina per andare al mare, o meglio, per cercare parcheggio il più vicino possibile alla spiaggia.
La macchina è un oggetto strano, paradossale. Lo è dal punto di vista sociologico, per esempio, visto che è un mezzo di trasporto nato per esaudire i desideri di libertà, di privilegio e di velocità dei ricchi, ma che è finito per diventare il mezzo di trasporto elettivo dei poveri, dei pendolari, dei nuovi schiavi del nostro tempo, costretti a restare chiusi in quegli abitacoli puzzolenti per andare a lavorare, a fare la spesa, a prendere i figli. Ogni santissimo giorno.
La macchina è un mezzo di trasporto vecchio, che rende schiavi e che rende anche poveri, visto che oltre ai soldi per tasse, balzelli, bolli, assicurazioni, multe, accise e via dicendo, ci ruba anche il tempo che ci passiamo dentro.
È un paradosso anche da un punto di vista tecnologico, visto che il motore a scoppio è rimasto praticamente identico a quando lo usavano ancora solo ricchi. È identico da quando è stato inventato e, malgrado l’affollamento sempre più massiccio di tecnologie digitali all’interno delle macchine, prima dell’avvento delle macchine elettriche non è mai stato praticamente messo in discussione, né migliorato.
E ancora, non è finita qua, perché anche dal punto di vista logico l’automobile è un paradosso totale. Prima di tutto perché, inventata per andare veloce, viaggiare lontano e andarci in tanti, ormai, è usata per andare da soli, vicino e lenti, molto lenti, spesso addirittura fermi, incolonnati in code infinite di lamiere, plastica e inquinamento. Tanto lenti che la velocità media nelle città, per esempio, si è abbassata notevolmente da quando la macchina si è diffusa a macchia d’olio tra la popolazione, sia dentro i confini delle nostre città, ormai sepolte dall’acciaio, sia nelle nostre autostrade, ormai più simili a vene in trombosi che altro.
Ma è un paradosso anche dal punto di vista energetico, e non tanto per le polveri sottili che disperde in aria o l’anidride carbonica che rilascia nell’atmosfera. No, ad essere paradossale è una cosa a cui stiamo un po’ meno attenti, ma che è molto più decisiva: il bilancio energetico. Che vuol dire? Semplice, che visto che noi pesiamo 1 e la macchina pesa almeno 20, l’energia che spendiamo — e quindi i soldi che investiamo in benzina — servono al 95 per cento per spostare la macchina stessa, e solo al 5 per cento per spostare noi. Che spreco no?
Insomma, la macchina è un mezzo di trasporto vecchio, che rende schiavi e che rende anche poveri, visto che oltre ai soldi per tasse, balzelli, bolli, assicurazioni, multe, accise e via dicendo, ci ruba anche il tempo che ci passiamo dentro. Ore buttate via, sia che andiamo a lavorare la mattina sia che andiamo al mare per le vacanze, perché in macchina non si riesce a fare altro che canticchiare qualche motivetto estivo, chiacchierare del più e del meno o al limite guardare fuori dal finestrino.
È tempo perso. Senza contare che, anche quando al mare ci siamo arrivati, c’è ogni mattina ed ogni sera da cercar parcheggio. Insomma, una vera e propria follia che dovrebbe convincerci, per il bene di tutti, a lasciare finalmente la macchina a casa quest’estate. Sia mai che sia la volta buona che ci accorgiamo che una vita senza macchina non solo è possibile, ma è anche molto più rilassante.