Libri per l’estate, stop alle letture edificanti. Educhiamo gli studenti al piacere della bellezza, invece

Il bastone e la carota. Un libro stroncato e uno elogiato alla settimana. I libri per le vacanze sono un mix letale di passatismo e pop che fa capire come gli insegnanti italiani abbiano un'idea punitiva della lettura. Ma agli studenti va fatto capire che i libri non devono essere utili, ma belli

Il bastone. Una Lolita sulla brandina, libro in mano, spesso così. L’avvicino senza neanche un pizzico di lascivia – conosco i genitori – cosa leggi? Una roba fantasy piena di vampiri e di fanciulle con voglie liceali. Ma come fai a leggere ’sta stronzata?, faccio fingendomi giovane. Ah scemo, guarda che i miei compagni maschi leggono a malapena i messaggi sul cellulare, non sanno neanche leggere i cartelli stradali. Visto che sono più convincente di un Testimone di Geova, prima propino alla Lolita un libro di Philip K. Dick e la raccolta dei racconti di Lovecraft – così fortifica le tue escursioni oniriche, le dico – poi breve dialogo con la mamma, professoressa a Roma, disperata, come tutti i genitori con il sale in testa, perché i figli non leggono. E se leggono, cosa leggono… Il liceo romano della Lolita la obbliga a sfogliare libri ottusamente rètro, addirittura Moravia, te possino, pareva ormai infallibilmente scomparso dai dintorni scolastici. Allargo il campo della riflessione con altri genitori, milanesi. Alcuni mi mostrano la lista dei libri consigliati per le vacanze. Roba da sfiancare le reni a un bibliomane. Pari a un gruppo di alcolisti anonimi, ci confessiamo le rispettive sfortune. Io, per dire, ho mandato un figlio in una scuola ‘a ispirazione cattolica’ per trovare un prof di italiano che durante l’anno ha fatto leggere L’alchimista di Paulo Coelho, imbarazzante colonnello della new wave del New Age, neo-hippie dal pervicace daltonismo estetico, e per l’estate ha proposto Dieci piccoli indiani di Agata Christie, manco i liceali fossero dieci piccoli idioti, e Bianca come il latte, rossa come il sangue di Alessandro D’Avenia, orrore orrore, vorrei un Kurtz a bonificare la boria dei professori d’italiano, la loro complice insipienza. Quando il genitore milanese mi mostra i libri dati in lettura al figlio, esplodo, mi mangio le labbra a morsi. “Si indica una lettura attenta di: Il più grande uomo scimmia del Pleistocene di C. S. Lewis e Non dirmi che hai paura di G. Catozzella”. Come si sa, Clive Staples Lewis ha scritto tanto, di tutto – consiglio: Lontano dal pianeta silenzioso – ma non Il più grande uomo scimmia del Pleistocene che è firmato da Roy Lewis, asini! Su Catozzella, avanguardista del ‘romanzo buonista’, non mi esprimo, l’ho già fatto, mi fa pietà – anzi, è spietatamente insulso. Il problema è noto, plateale, virale, totale. I prof di italiano, vigliaccamente disinformati dalla stampa patria e dai corsi di aggiornamento, fanno un ballo in due tempi. Uniscono il valzer passatista alla mossetta pop. Cioè: mescolano Il sentiero dei nidi di ragno di Calvino – il più brutto tra i libri di Calvino – a Catozzella, D’Avenia, Baricco, reflui contemporanei imposti per dovere editoriale – gli editori, costantemente alla canna del gas, sfruttano a più non posso il canale scolastico: sanno di parlare, spesso, con dirigenti scolastici piacioni e beoti e continuano a trattare gli studenti come beneamati cretini, proni al portafogli. Così, tra i fatidici libri ‘per le vacanze’, c’è Il nome della Rosa di Umberto Eco e l’ultimo libro di Roberto Saviano, ci sono Centomila gavette di ghiaccio di Bedeschi (!), Il giardino dei Finzi-Contini di Bassani (immagino l’effetto erotico su un sedicente sedicenne…), il solito Primo Levi (usato per fini meschinamente storico-patetici, mica letterari) di solito associato al Diario di Anna Frank, 1984 di Orwell (è semplice, va bene per spiegare i totalitarismi, e gli studenti, magari, alla parola Grande Fratello ricordano una che si denuda sotto la doccia, in favore di tivù, in una casa piena di telecamere e di illustri cretini) insieme ad Antonio Dikele Distefano, se va meglio a La chimera di Sebastiano Vassalli o a Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi, archibugi di un’era letteraria in cantina, che mestizia. Qualcuno, poi, si ostina a promuovere con le minacce I promessi sposi, fiero di far odiare per sempre il Manzoni – lettura troppo raffinata e alta, altra per un liceale –, mentre un altro, in pieno estro giovanilista, spaccia Fabio Volo (Quando tutto inizia) o Paolo Cognetti (Le otto montagne), che sfiancante deficiente. Lasciati liberi di pensare e di consigliare, insomma, i prof, imbavagliati dal programma scolastico centrale – il sovranismo dell’ovvio – impongono agli studenti libri utili all’anno che verrà, oppure romanzi di scrittori malauguratamente incontrati a scuola, a far promozione; hanno una idea punitiva della lettura, dilatando diabolicamente la distanza tra la letteratura – che è la vita – e la vita degli studenti, quasi del tutto effimera, digitale. Manca una educazione al gusto, un abbandono alla meraviglia estetica, perché a scuola l’idea di letteratura è meramente utilitarista, manco fossimo sotto Stalin. Gli studenti, a questo punto, fanno bene a ribellarsi, a non leggere. Tanto, non leggono lo stesso.

La carota. Chi ascolta Mozart per la prima volta non può apprezzarne la profondità, eppure, come si può vivere senza il KV 622? Così, bisogna giocare alla letteratura fin da bambini, perché la letteratura è l’essenza dell’essere umano e se non è così, beh, siamo meno intelligenti dei ragni. Quindi: occorre partire dalle scuole elementari, leggendo con i bambini la Bibbia, con tutte le sue efferatezze, e Iliade e Odissea, perché la vita – lo sanno bene i piccoli – è avventura e avventatezza, è amore e violenza. Eventualmente, va bene pure Andersen, ma in versione originale, liberato dalle rasoiate moraleggianti disneyane. Bisogna far studiare ai bimbi Dante a memoria, mica le filastrocche per la festa del papà: perché i bambini non sono scemi, non bisogna fargli le moine come si fa coi cani, i bambini sono dei piccoli sapienti, trattiamoli come tali. Il problema è che maestri e genitori sono terrorizzati dalla mente onnivora dei bambini, dalla loro tracotante intelligenza. Il resto, letterariamente, verrà da sé. I programmi scolastici di italiano sono cariatidi da abbattere: Ariosto e Tasso non piacevano neppure a Leopardi (“chiunque leggesse accuratamente o la Gerusalemme o il Furioso, ignorando in tutto o in parte la loro celebrità, proverebbe nella lettura molto minor diletto, che gli altri non fanno”), si scopriranno in tarda età, se ci arrivano, e pure Leopardi – come Manzoni – va maneggiato con cura per evitare lo sberleffo degli insipienti. Bisogna bonificare la letteratura dall’idea malsana che sia utile – cioè serva del potere dominante – e creare le condizioni, piuttosto, che gli studenti si accorgano della meraviglia e concorrano allo splendore. Per questo: al bando letture edificanti o educative (roba da sistema concentrazionario dell’intelletto), non abbiamo tempo da perdere, il mondo implode e noi parliamo di quanto è bello fare l’uncinetto. Le letture determinanti alla vita liceale, per semplificare, sono queste:

*Fëdor Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo e Fratelli Karamazov (parti selezionate, che andranno a sostituire I promessi sposi, lettura buona oltre i quarant’anni);

*Joseph Conrad, Cuore di tenebra e André Malraux, La condizione umana (per capire l’orrore nella Storia e nell’uomo);

*William Golding, Il Signore delle Mosche (da far leggere al posto di 1984 di Orwell: insegna che il totalitarismo non viene dall’alto, ma da dentro, dall’uomo che è malvagio per natura);

*Laclos, Le relazioni pericolose e Jun’ichiro Tanizaki, La chiave (da usare al posto delle idiozie sessuali propalate a scuola: l’eros è troppo importante per farne materia di sottobanco);

*Pascal, Pensieri, Marco Aurelio, A me stesso, Nietzsche, Così parlò Zarathustra (per sprofondare dentro di sé, scoprendo lerciume e galassie);

*Lev Tolstoj, Chadzi-Murat (libertinaggio narrativo, insegnare che non c’è niente di più bello che raccontare una storia per il gusto di raccontarla);

*Albert Camus, Il mito di Sisifo (non avere paura di affrontare l’assurdo, l’ovvio e l’osceno);

*Franz Kafka, i Diari (entrare nella mentre creativa di un genio, studiarne geologicamente gli scossoni dell’intuizione);

*Antonin Artaud, Van Gogh il suicidato dalla società (l’arte è sempre una forma di ribellione alle consuetudini);

*Ágota Kristóf, Trilogia della città di K. (la scrittura è una lama, è semplice e brutale, non nega nulla);

*Cormac McCarthy, La strada (per capire come si resiste all’orrore della fine);

*A scelta alcuni racconti di: Anton Cechov, Rudyard Kipling, Jorge Luis Borges, Varlam Salamov, Flannery O’Connor (per capire quanta magia si può trarre sfregando poche frasi);

*Tanta poesia – educare alla diseducazione grammaticale, capire che le parole rimandano sempre a luoghi verbali colmi di enigma – soprattutto questa: Emily Dickinson, Walt Whitman, William Blake, Arthur Rimbaud, Leopardi (con pagine dello Zibaldone), Pascoli, Dino Campana, Thomas S. Eliot, Miodrag Pavlovic, Yves Bonnefoy, Seamus Heaney, Saint-John Perse, René Char, Boris Pasternak, Anna Achmatova… la poesia è sfogo, gioco, ambizione che ammorba.

Questi sono i libri fondamentali, per capire che cosa è la letteratura (cioè: la vita), senza il vizio del dover essere ‘socialmente utile’. Gli autori italiani suggeriti sono: Ennio Flaiano (Tempo di uccidere), Dino Buzzati (si becca sempre bene), Curzio Malaparte (Kaputt), Guido Piovene (Lettere di una novizia, ad esempio), Mario Tobino (Le libere donne di Magliano), Leonardo Sciascia (La scomparsa di Majorana), Giuseppe Berto (Il male oscuro), Mario Pomilio (Il quinto evangelio).

Tenere costantemente in cattedra l’“Orestea” di Eschilo, i Vangeli, Re Lear e le Lettere a Lucilio di Seneca, poi, consentirà di coinvolgere la classe in appassionanti discussioni.

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