Nessuno tocchi gli 80 euro: Lega e Cinque Stelle non vogliono scontentare nessuno (e rinunciano a governare)

Governare vuol dire decidere, ma Di Maio e Salvini ancora non l’hanno capito. E non riescono a depennare dalla lista nemmeno la misura simbolo dell’odiato nemico. Se questa è la premessa, con la legge di bilancio ci sarà da divertirsi

È davvero bizzarra la valanga di smentite governative alle voci sulla possibile abolizione degli 80 euro, perché a lume di logica ci si sarebbe aspettati il contrario: una piena e convinta rivendicazione della cancellazione del “bonus inutile”, della “misura acchiappa voti”, della “mancia elettorale”, per citare solo alcune delle invettive lanciate dalle opposizioni contro il provvedimento nel 2014, quando venne approvato. Luigi Di Maio arrivò a sostenere che l’invasione di clandestini degli anni successivi fosse frutto diretto della manovra degli 80 euro: Renzi avrebbe scambiato la flessibilità europea che gli permise di finanziare lo sgravio fiscale con un’accoglienza cieca e indiscriminata di tutti gli immigrati ripescati nel Mediterraneo. La Lega usò tutto il suo variopinto vocabolario per negarne l’efficacia ai fini della ripresa e persino il vantaggio per le famiglie piegate dalla crisi.

Insomma, gli 80 euro erano il demonio. E diventarono Satana in persona quando si scoprì, dopo il primo anno di applicazione, un effetto collaterale non previsto: il 14 per cento dei beneficiari avrebbe dovuto restituire i quattrini al fisco perché aveva superato il reddito massimo consentito per il taglio fiscale. Che gli stessi partiti, gli stessi leader, le stesse sigle che ieri gridavano alla truffa oggi si mobilitino per rassicurare gli italiani che no, la misura non sarà toccata nemmeno con una piuma, rivela molte cose di questa maggioranza, a cominciare dalla bulimia di consenso che sembra affliggerla.

Che gli stessi partiti, gli stessi leader, le stesse sigle che ieri gridavano alla truffa oggi si mobilitino per rassicurare gli italiani che no, gli 80 euro non saranno toccati nemmeno con una piuma, rivela molte cose di questa maggioranza, a cominciare dalla bulimia di consenso che sembra affliggerla

Il governo gialloverde non solo vuole tenersi i suoi voti – quelli della flat tax e del reddito di cittadinanza – ma se possibile vorrebbe annettersi quello dei suoi diretti avversari: il ceto medio che vede negli 80 euro un segno di concreta attenzione, i moderati che preferiscono l’uovo oggi alla gallina domani, l’Italia spaventata che diffida istintivamente del Governo del Cambiamento e che forse preferirebbe restare così com’è, senza troppe rivoluzioni. Stare al tempo stesso con i sanculotti e con l’ancien régime è operazione complicata, ma a quanto pare Palazzo Chigi ha deciso di provarci, almeno nella sua propaganda, rassicurando i titolari dei vecchi benefit e promettendo agli altri l’introduzione dei nuovi come se le risorse fossero infinite.

Al di là di ogni considerazione economica, viene da chiedersi come si potrà fare questo epocale sovvertimento della storia e dell’Italia, questa gran resa dei conti tra garantiti e non garantiti, questo riequilibrio della diseguaglianza e delle dispari opportunità – insomma, la Terza Repubblica promessa in campagna elettorale – senza una scelta di campo sul trasferimento di risorse, anzi con la volontà un po’ democristiana di tenere insieme il vecchio e il nuovo. Donald Trump, che della politica populista è senza dubbio il campione, non ha esitato a calare la mannaia su tutto ciò che non gli piaceva dell’amministrazione precedente, dall’Obama Care ai grandi accordi internazionali (vedi Iran), dalla riforma di Wall Street al sistema fiscale. Il nostro populismo preferisce al momento l’equilibrismo dialettico e sembra guidato dalla sola ossessione di non perdere punti nei sondaggi, come potrebbe accadere davanti a iniziative troppo nette: persino nella partita dei vaccini ha cercato una improbabile via di mezzo tenendo in piedi la vecchia legge ma infiocchettandola con una dilazione.

Le sole decisioni senza se e senza ma, tagliate col coltello, che può rivendicare il governo Conte sono al momento quelle sul terreno dell’immigrazione, ma lì non ci sono in gioco bacini elettorali: gli immigrati non votano. I guai verranno in autunno, quando bisognerà misurarsi con il Paese che invece ai seggi elettorali ci va, e si rivelerà impossibile tenere insieme i diritti dei giovani e le super-pensioni dei vecchi, la platea degli 80 euro e quella che attende la flat tax, i commercianti preoccupati per l’Iva e i lavoratori precari interessati al reddito di cittadinanza: qualche decisione bisognerà pur prenderla, qualche nemico bisognerà pur farselo…

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