Basta digitare stalking su Google un giorno qualsiasi di agosto per trovarsi davanti a “Cosenza. Tormentava l’ex moglie, 31enne arrestato”, “Macerata. Stalking alla ex anche dopo essere stato in carcere”, “Pavia. Stalking senza età, a 65 anni perseguita ancora la ex”. Ogni sei ore, da nord a sud, maschi perseguitano femmine. Preferibilmente ex. Con telefonate e messaggi assillanti, mazzate, incursioni in casa, ancora mazzate. I maschi stalkerano in modo fisico.
Ma anche le femmine stalkerano. In modo silenzioso. Ci sono femmine che perseguitano maschi, da Glenn Close in Attrazione fatale in poi, anche senza uccidere il coniglio domestico e bollirlo o versare acido sulla macchina del malcapitato. Ma la questione più rilevante e meno discussa (forse per la vergogna) è lo stalking delle femmine nei confronti delle loro simili – in definitiva, i maschi, non sono i soggetti più interessanti da spiare. O meglio, sono da stalkerare in maniera indiretta.
Oltre allo stalkerare furtivo generico e all’impazzire dietro dettagli fisici inarrivabili come le caviglie di Meghan Markle che sfidano la forza di gravità, i soggetti preferiti di molte femmine sono, anche qui, le ex. Le ex di lui. Di lui che ci piace, magari da molto. O di lui con cui si sta, magari da poco. Il passato è un tempo interessante. E la sfilata delle femmine con le quali è stato sembra essere l’unico dato degno di approfondimento del soggetto in questione.
Questo comportamento ossessivo è portato avanti in assoluta segretezza, spesso non si confessa nemmeno alle amiche. “Quella laggiù”, dice un’amica, “è l’ex fidanzata del mio ragazzo”. C’è solo una cosa da rispondere: “è una cessa”. “In realtà è una donna davvero incredibile, un’attivista nella lotta per i diritti umani”, risponde quasi stizzita, irritata da quella risposta da femmina primordiale
Si cerca di capire, attraverso le bricioline lasciate sulla strada – le tracce sui suoi profili social – cosa le piace, cosa no, se legge o è una capra, cosa mangia, se mangia o non mangia, come scrive, se fa errori ortografici imperdonabili o parla per citazioni, che # ridicoli usa, se è una di quelle che vuole fare la simpatica a tutti i costi o si prende sul serio, le stories che posta, dove come quando, che filtri usa. E tutto, ogni minimo dettaglio, può aprire scenari devastanti.
Non è diverso dal lavoro che fa un detective quando cerca di risolvere un caso di omicidio, solo che qui non c’è nessun omicida, nel peggiore dei casi si tratta di una fissata con yoga e centrifugati allo zenzero. In ogni caso non si riesce a fare a meno di voler sapere: chi è? Cosa abbiamo in comune? In cosa siamo diverse? Potremmo essere amiche in un universo parallelo? Chi ha più follower? Il cardiopalmo può darcelo solo una sua foto in bikini, un close-up della sua bocca, forse anche una borsa di studio vinta a Yale – ma meno. L’ossessione diventa idealizzazione che cede il posto all’invidia (quando si era più saggi, l’invidia era considerata una malattia che ti faceva ingiallire la pelle della faccia): guarda com’è perfetta l’angolazione del fianco, guarda qui che pelle liscia. Il resto è contorno.
Si può arrivare perfino a controllare profili delle ex di tuoi ex passati insieme a quelli delle ex della tua cotta presente, ogni giorno, come hanno rilevato alcuni sondaggi Instagram. O a stalkerare, sempre su Instagram, tutte le donne che lui segue, visionando senza sosta foto di bionde commesse, brune giuriste, rosse blogger, e via di seguito con il campionario.
Questo comportamento ossessivo è portato avanti in assoluta segretezza, spesso non si confessa nemmeno alle amiche. “Quella laggiù”, dice un’amica, “è l’ex fidanzata del mio ragazzo”. C’è solo una cosa da rispondere: “è una cessa”. “In realtà è una donna davvero incredibile, un’attivista nella lotta per i diritti umani”, risponde quasi stizzita, irritata da quella risposta da femmina primordiale. A volte è difficile valutare se ci si debba comportare banalmente da amiche o se è meglio indossare una maschera da banali femministe, se dare sfogo ai propri istinti oppure stare attente alla forma, a non sembrare delle arpie – anche se poi, in fondo, lo siamo.