Marco Pannella diceva di non credere nelle ideologie chiuse, «da scartare e usare come un pacco che si ritira nell’ufficio postale» ma è rimasto una voce isolata in Italia, dove le ideologie, comprese quelle fai-da-te – senza maestri, intellettuali, filosofi – restano comunque un dato di riferimento per la politica, anche la più spregiudicata. Ed è senz’altro ideologico lo scontro che si è aperto sulle grandi opere – la Tav e la Tap, ma anche Pedemontana e Terzo Valico – all’interno dell’accordo di governo, dove a misurarsi oltre le considerazioni di opportunità e le relazioni tecniche sono due visioni dello sviluppo contrapposte.
La Lega ha per le grandi opere una propensione storica, condivisa con gli alleati del Centrodestra, che fin dal primissimo governo Berlusconi si è espressa attraverso i cantieri: progetti faraonici come il Mose o il Ponte sullo Stretto, opere relativamente “minori” come la Variante di Mestre, la Variante di Valico o la Brebemi (il primo piano per le infrastrutture strategiche ne elencava oltre cento, comprese le misteriose autostrade del mare). Il Movimento Cinque Stelle ha decollato nel consenso evocando l’esatto contrario, la manutenzione dell’esistente, l’elogio delle ciclabili e dei piccoli interventi locali: non solo per diffidenza verso i maxi appalti e le irregolarità che si portano dietro, non solo in nome di un ambientalismo conservativo, ma soprattutto per la convinzione che il modello della decrescita felice sia il solo praticabile in Italia e che ogni altra ambizione sia sospetta.
La frenata sulla Tav, con il richiamo del premier Giuseppe Conte al contratto di governo («ridiscussione integrale del progetto») mette sul tavolo per la prima volta dall’insediamento del governo uno scontro che non consente compromessi. Si potrà dire sì o no, ma non ci si potrà incontrare a metà strada come probabilmente succederà in altre partite economiche d’autunno (le tasse, la manovra, l’Iva). In questo senso è una situazione piuttosto anomala nella storia dei nostri governi di coalizione. Persino nelle grandi partite ideologiche degli anni ’70 e ’80, divorzio e aborto su tutte, fu possibile trovare un punto d’intesa nonostante il conflitto frontale che tagliava a metà le maggioranze dell’epoca. Qui l’unica possibilità è il rinvio delle decisioni, ma alla fine o vincerà la linea-Salvini o vincerà la linea-Grillo.
Persino nelle grandi partite ideologiche degli anni ’70 e ’80, divorzio e aborto su tutte, fu possibile trovare un punto d’intesa nonostante il conflitto frontale che tagliava a metà le maggioranze dell’epoca. Qui l’unica possibilità è il rinvio delle decisioni, ma alla fine o vincerà la linea-Salvini o vincerà la linea-Grillo
La chiamata alle armi di Alessandro Di Battista da Puerto Escondido, Messico, dove sta in vacanza, non è quindi né un caso né un’esibizione vanitosa. Quando Dibba dice «Ci abbiamo preso i voti, su quella roba là» dice la verità. Chi ricorda i primi, ingenui video delle auto-candidature M5S (era il 2013, sembra passato un secolo) ha ben presente l’immaginario che lavorava e lavora nelle retrovie grilline e la sua idea di società semplice, con i saponi fatti in casa e le biciclette come alternative allo smog, la radicale diffidenza per la modernità – dal complottismo sulle scie chimiche all’orgoglio della frugalità – e l’aspirazione a un’Italia un po’ anni ’50, povera ma bella.
Per motivi speculari ma altrettanto forti Matteo Salvini non può abbandonare la partita. Anzi, ha un motivo in più: alzare bandiera bianca sulla Tav darebbe ai competitor di Forza Italia un formidabile elemento polemico per avvalorare l’idea del tradimento leghista, argomento che da giorni già serpeggia nelle polemiche interne al centrodestra. È per questo che invece di mettere la sordina al tema Tav sottolinea gli impegni presi e tiene aperta la possibilità di confermarli.
Il possibile scontro, o la scelta di evitarlo con la rinuncia di uno dei due contendenti, aiuterà a capire fino a che punto il grillo-leghismo sia un momentaneo accidente della storia – l’intesa pragmatica tra due movimenti lontanissimi – o se invece, come ritengono molti, esista per l’alleanza una prospettiva più solida e duratura, con il riconoscimento delle rispettive costituency ideologiche e delle esigenze politico-elettorali collegate: una gestione severa su sicurezza e immigrazione da una parte, e dall’altra la cancellazione delle opere-simbolo dell’Italia “di prima”.