Oggi, all’uscita dell’hotel Raphael, una folla ben addestrata distoglierebbe il suo odio dal Bettino Craxi contemporaneo e andrebbe piuttosto alla ricerca del magistrato che lo sta accusando, scagliandogli contro le monetine e gli sputi. Il più che ventennale scontro tra politica e magistratura, iniziato con Tangentopoli e proseguito fino all’inchiesta Consip di pochi mesi fa, è stato alimentato dalla presunzione di colpevolezza dei partiti, in un clima in cui qualsiasi accusa era considerata vera finanche oltre la prova contraria, condizionando l’esistenza dei governi della repubblica e la vita della democrazia italiana.
La sentenza che dispone il sequestro di quarantanove milioni alla Lega segna un cambio di scena radicale, poiché il dramma del conflitto tra politici e magistrati continua a essere un appuntamento fisso della stagione teatrale italiana, ma il pubblico non si alza più per applaudire i pubblici ministeri, bensì urla per difendere i politici dalla persecuzione.
Nei primi anni ’90 – ha ricordato Michele Prospero sul Manifesto – “la magistratura abbatteva un ceto politico assai debole, con le manette ai polsi, aggredito dai media unificati”. Mentre oggi i magistrati non indagano un potere “morente”, ma un “regime in gestazione che vanta nei sondaggi un consenso plebiscitario”.
Matteo Salvini, appresa la notizia che il tribunale del riesame di Genova aveva confermato il sequestro dei beni del suo partito, ha descritto se stesso come un perseguitato, e la maggioranza dell’opinione pubblica è tutta schierata con il capo politico ingiustamente colpito, quasi fosse un martire
È per questo che Matteo Salvini, appresa la notizia che il tribunale del riesame di Genova aveva confermato il sequestro dei beni del suo partito, ha descritto se stesso come un perseguitato: “Lavoro per cambiare l’Italia e l’Europa e mi bloccano tutti i conti correnti, per presunti errori di dieci anni fa”. Nella ressa scatenatasi sotto la sua bacheca, gli insulti sono risultati in netta minoranza. I “mi piace” 75.432. Le condivisioni 24.069. E la maggioranza dell’opinione pubblica tutta schierata con il capo politico ingiustamente colpito, quasi fosse un martire.
Magistratura democratica, la corrente più di sinistra del potere giudiziario italiano, ha evocato lo spettro dell’anti costituzionalità: “L’accusa di intervenire per scopi politici e di agire per ribaltare le scelte compiute democraticamente dagli elettori ha una portata eversiva”.
Parole che durante la stagione berlusconiana avrebbero mobilitato il plotone degli accusatori, finendo immediatamente nelle scalette delle trasmissioni televisive serali con indici di ascolto da urlo, con il vecchio costituzionalista collegato dietro una pila di libri a spiegare la differenza tra il principio di legittimità e il principio di legalità, e la spinta della piazza che fa il girotondo insieme a registi celebri, giornalisti arrembanti, ingenui studenti universitari e vecchi che avevano fatto la resistenza. E invece, stavolta, niente.
La maggior parte del pubblico oggi, sente che il processo al vecchio marciume è stato celebrato con le elezioni del 4 marzo, con una sentenza emessa direttamente dal popolo italiano. Il cui sì è sì, e il cui no è no. Tutto il resto, viene dal maligno
Soprattutto l’opposizione di sinistra è stata messa in guardia dal pericolo di salire di nuovo sulle barricate della battaglia giustizialista, colpendo il governo sui suoi guai giudiziari (inclusi quelli derivati dal fermo della nave Diciotti).
È l’errore che commisero i post comunisti di Occhetto quando precipitò il sistema dei partiti della prima repubblica, e poi ripeterono quelli che vennero dopo il Pds contro il Cavaliere, senza ottenere alcun successo, anzi alimentando le forze che oggi governano l’Italia (anche la Lega di Bossi cavalcò forsennatamente lo spirito di Tangetopoli, così come il Movimento Cinque Stelle è nato da una costola dell’anti berlusconismo).
Una premura che sottovaluta il fatto che la maggior parte del pubblico che potrebbe stare sotto quei palchi ad applaudire e inveire contro i nuovi indagati, oggi, sente che il processo al vecchio marciume è stato celebrato con le elezioni del 4 marzo, con una sentenza emessa direttamente dal popolo italiano. Il cui sì è sì, e il cui no è no. Tutto il resto, viene dal maligno.