Sulle dita conta la speranza (Hope) ma su un avambraccio porta la fermezza (Firmeza). Riconosce, sull’altro, di essere stata salvata (Saved) e col tempo – e un laser – ha trasformato un ricordo un po’ pazzo, quello di Panos (“Una persona che ho incontrato solo una volta nella mia vita, ma che ha avuto un impatto fortissimo”, dichiarò anni fa alla Bbc), in “Pausa” (paused), a indicare una sosta precisa, un momento di quiete necessario.
I tatuaggi di Asia Argento sono tantissimi. Forse una trentina, forse di più. Segnano, come ha dichiarato lei stessa, “i passaggi della vita, come se il mio corpo fosse una mappa: ogni cicatrice resta sempre con me e dirà dove sono stata, come per gli animali”. Il primo, ricorda, lo ha fatto a 14 anni, ed era un occhio tatuato sulla scapola della spalla sinistra. Poi ha continuato, spaziando per forma, modi e colori. Il sito Stealherstyle ne conta 22 (conosciuti) e li mette tutti in fila.
Si parte dal più celebre, cioè l’angelo sul ventre. Un tatuaggio antico (del 1992), fatto da giovanissima e “restaurato” nel 2013 dal suo tatuatore di fiducia, Marco Manzo. Il suo significato non è mai stato svelato, ma è un angelo (anzi, un’angela) “che torna per la vendetta e per la protezione”. Non a caso è accompagnato dalla parola portoghese Proteçao.
Si continua con le nocche delle dita della mano sinistra, che portano i nomi dei suoi musicisti preferiti: “Bob” per Bob Marley; “Syd” per Syd Barrett e “Moz” per Morrissey, con in più “Joe”, riferito a Joe Coleman, un artista suo amico che in passato le ha fatto un ritratto. Tutti opera di Michele Agostini. (Sul lato si nota la scritta “Saved”):
Mentre su quella destra reca scritto, una lettera per dito, la parola “Hope”, speranza. Sull’indice ha anche uno staurogramma (cioè la sovrapposizione di due lettere greche, “tau” e “rho” a forma di croce). Il motivo è anche qui religioso: insieme all’immagine la regista/attrice ha aggiunto questa citazione, un passaggio dalla Prima lettera ai Corinzi, 11-13:“Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l’ho abbandonato. 12 Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto.13 Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!”
Sull’avambraccio destro, invece, ha un cerchio: simbolo del matriarcato. Su quello sinistro il logo della cantautrice Cat Power, sua amica (fatto nel 2013):
E ancora: sull’interno del braccio destro la croce patriarcale (all’incontrario, così quando la guarda è rivolta verso di lei) e la parola”Firmeza”, ancora in portoghese, che richiama un inno religioso. (Questo: “Firmeza firmeza no amor / Firmeza firmeza aonde estou /Eu estou firme com meu Jesus / Eu estou firme nesta luz / Aonde estou”). Sul braccio sinistro, invece, una stella di David. Con la scritta, sempre in portoghese, “Verdade”, cioè verità.
E ora si passa a quelli più spettacolari. Sul fianco destro una enorme e stupenda rappresentazione del fiore yagé (usato per la preparazione dell’ayahuasca) da cui parte una spirale di triangoli (opera del maestro Marco Manzo):
Su quello sinistro un altro fiore, la Psychotria viridis (anche questo usato per l’ayahuasca), da cui si diramano forme geometriche meno definite:
Sul petto, il disegno enorme e raffinato di una collana in stile vittoriano. L’opera ha richiesto almeno 15 ore per essere completata:
Che prosegue sulle due spalle, continuando con altre geometrie (il tutto è disegnato da Francesca Bonis e realizzato da Marco Manzo):
Sulla schiena, invece, domina una sorta di scudo, una “Warrior Mermaid” che copre tutta la superficie, con fiori di loto e geometrie di varia natura. Anche questo è opera del duo Boni/Manzo:
Mentre sulla coscia sinistra, dal 2016, c’è una peonia coloratissima, in stile giapponese. E non è un caso: anche l’autore, Akilla, è di Tokyo. È questo:
E sull’avambraccio sinistro c’è anche un corrispettivo: un altro fiore (stavolta un miz tra peonia e crisantemo).