Il paradosso di Salvini: più diventa forte, meno gli conviene andare a votare

La Lega già comanda la coalizione gialloverde, e i Cinque Stelle, deboli e inesperti, sono il partner ideale: perché sfidare l’incognita del voto? Ecco perché Salvini è meglio che non guardi i sondaggi, in questi mesi

Il ritorno dei sondaggi dopo la pausa estiva ha occupato le prime pagine dei quotidiani negli ultimi giorni. Le nuove ricerche demoscopiche fotografano un Paese con una situazione politica in divenire, nuovamente mutata rispetto al voto di marzo. Tra i tanti dati emersi, spiccano due elementi chiave per comprendere gli sviluppi futuri e immaginare nuove prospettive.

Anzitutto, colpisce il sorpasso, certificato oramai da ogni istituto, della Lega nei confronti degli alleati di governo del MoVimento 5 Stelle. Se alle elezioni politiche il distacco tra i due partiti unanimemente considerati “vincitori” è stato di 15 punti a favore della lista guidata da Di Maio, oggi il vantaggio della Lega sui pentastellati supera i 4 punti secondo l’ultima Supermedia dei sondaggi elaborata da YouTrend per Agi il 6 settembre. Un dato che premia la centralità nell’agenda politica degli ultimi mesi di Matteo Salvini, sempre più leader e key player di questo governo.

In secondo luogo, il sondaggio Ipsos per Il Corriere della Sera conferma una sensazione già acclarata agli occhi degli analisti e osservatori politici: la luna di miele tra il governo e gli italiani è tutt’altro che terminata. La ricerca aggiunge tuttavia un elemento all’analisi, forse meno atteso: questo apprezzamento è in calo, e pur essendo ancora molto elevato (al 58%) è sceso di 3 punti da fine luglio. Si tratta del primo stop alla crescita di fiducia nell’esecutivo da giugno a oggi.

Di fronte al capovolgimento dei rapporti di forza tra partiti di governo, gli equilibri tra Lega e 5 Stelle saranno inevitabilmente messi a dura prova, e l’opzione di ritorno anticipato alle urne potrebbe ingolosire Salvini, che con questi numeri uscirebbe dal voto con una truppa parlamentare molto più forte, alla guida di una coalizione di centrodestra in grado di ambire alla maggioranza dei seggi.

Ma davvero a Salvini conviene un’ipotesi simile?

No, per tre motivi.

I 5 Stelle sono il partner ideale per la Lega. Di Maio e i suoi non hanno la forza politica né l’omogeneità interna per imporre la propria agenda ai media e al governo. Non hanno una classe dirigente paragonabile a quella del centrodestra, che tra le proprie fila annovera ex presidenti del consiglio, ministri, parlamentari di lungo corso e politici navigati

Primo: Salvini è già il leader del governo. La leadership politica in questo caso non coincide con la premiership ma è evidente oggi la sua influenza totale su un governo in cui parte da un peso (in termini di deputati e senatori) assai minore rispetto ai pentastellati.

Secondo: perché i 5 Stelle sono il partner ideale. Di Maio e i suoi non hanno la forza politica né l’omogeneità interna per imporre la propria agenda ai media e al governo. Non hanno una classe dirigente paragonabile a quella del centrodestra, che tra le proprie fila annovera ex presidenti del consiglio, ministri, parlamentari di lungo corso e politici navigati in grado di far pesare i propri numeri in parlamento e potenzialmente di mettere in difficoltà Salvini.

Terzo: il voto è sempre un’incognita. Ce lo insegna la storia di questo Paese, fatta di rimonte e sorprese elettorali. Ce lo insegnano le recenti analisi del voto, che evidenziano una fluidità elettorale senza precedenti. La Lega arriverebbe alle urne in un innegabile momento di grande forza, ma abbandonerebbe una posizione vincente per rischiare, ottenendo al massimo la conferma di uno status dominante.

Oggi, Salvini è già nelle condizioni ideali per portare la Lega al trionfo alle elezioni europee e alle prossime amministrative. E le basi della strategia politica ci insegnano che quando si è in una posizione di forza, è meglio non rischiare.

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