Non parlava di libri. Oddio. Diceva che amava leggere, e amava dire che, come recita il logo allegato al manifesto in onore di, “I libri sono tutto. I libri sono la vita”, ma la sua vita, ecco, è stata tutta un’altra cosa rispetto ai libri. Inge Feltrinelli è la balda tedesca, alquanto sexy – se lo riconosceva, relegando la modestia ai modesti – che afferra il muso del pesce enorme brandito da Hemingway, ceffo stralunato dal bere; Inge è quella generosamente concupita da Picasso, che rammemora le gite a casa di Fidel Castro e che fotografa, toro da monta all’happy hour di ricche, John Fitzgerald Kennedy.
D’altronde, riguardo all’incontro con il miliardario triste, Giangiacomo Feltrinelli, accaduto nel 1958, rimarca che l’editore “stava al più bell’albergo di Amburgo”. Legge i libri, Inge. Ma di libri non parla. Forse i libri sono il passepartout per una vita più intensa, fatta di sorrisi e relazioni. Di uno scrittore, spesso e volentieri, Inge, a onor del vero, parla. Doris Lessing. La scrittrice – sopravvalutata – del Taccuino d’oro, che è ancora in catalogo Feltrinelli (i libri più belli di Doris, però, sono quelli fantascientifici, come Shikasta, stampa Fanucci).
Quando ricorda Doris Lessing, Inge Feltrinelli ha in mente un aneddoto legato al Premio Nobel per la letteratura, assegnato alla scrittrice sudafricana nel 2007. Fu Inge a inviarle l’abito per la cerimonia, realizzato per l’occasione del suo stilista. Come a dire, l’editoria è questione di stile.
Di Inge Feltrinelli si ricorda l’eleganza sopraffina, la gentilezza, il genio nell’imbastire relazioni. Dicono che fosse la regina dell’editoria, e forse è vero. Se crediamo che l’editoria non sia fare libri – cioè: saper scegliere i grandi autori – ma fare affari.
Anche Inge, nata Schönthal nel 1930, in Germania, come Giangiacomo, diciamo così, non era una Cenerentola. Padre ebreo, solido imprenditore ad Amburgo, riesce a fotografare i grandi – da Greta Garbo a Elia Kazan e Hemingway – grazie all’innata spavalderia e alle amicizie, che servono sempre.
Come si sa, nel 1969 Inge, con Giangiacomo in latitanza, prende in mano la Feltrinelli, di cui diventa Presidente nel 1972. Eppure, Inge non parla di libri. Li promuove, semmai. L’altro giorno pigliavo in mano Cronache maritali di Marcel Jouhandeau, prima edizione del 1961, Feltrinelli (ora è in catalogo Adelphi, perché i cataloghi editoriali, ahimè, si sperperano a forza di fare public relations, si perdono). Un dettaglio fa capire assai. “Biblioteca di letteratura diretta da Giorgio Bassani”. Giorgio Bassani. Lui. Quello del Giardino dei Finzi-Contini.
Di Inge Feltrinelli si ricorda l’eleganza sopraffina, la gentilezza, il genio nell’imbastire relazioni. Dicono che fosse la regina dell’editoria, e forse è vero. Se crediamo che l’editoria non sia fare libri – cioè: saper scegliere i grandi autori – ma fare gruppo, fare affari
Ecco. La morte di Inge Feltrinelli più che stimolare il gossip – ha conosciuto questo, ha cenato con quell’altro, ha ballato con quel fusto – dovrebbe impegnarci a fare un po’ di storia dell’editoria. Posto che c’importi ancora dei libri. Mentre Inge amoreggia con Giangiacomo, nel 1958, è proprio Bassani a fare furori in Feltrinelli, dirigendo due collane, ‘I Contemporanei’ e ‘I Classici Moderni’, scoprendo, oltre al Gattopardo, un successo clamoroso, Carlo Cassola, Giovanni Testori, Antonio Delfini, Luigi Meneghello, Franco Fortini, e poi facendo tradurre E. M. Forster, Karen Blixen, Jorge Luis Borges, gli autori, insomma, che ancora oggi sono lo ‘zoccolo’ forte del catalogo editoriale (tra Blixen e Borges sbuca Tarr di Wyndham Lewis, vigliaccamente abbandonato alle legioni dell’oblio).
Nel 1963 le collane dirette da Bassani, troppo belle per essere vere, vengono chiuse. Resiste la collana ‘Le Comete’, però, diretta da Valerio Riva dal 1959 al 1967, con titoli mirabili come Il sole si spegne di Osamu Dazai, La promessa di Friedrich Dürrenmatt, I sotterranei di Jack Kerouac. D’altra parte, nella collana de ‘I Narratori’, al 1965, risultano libri assoluti come Sotto il vulcano di Malcolm Lowry, Il padiglione d’oro di Yukio Mishima, La morte di Viriglio di Hermann Broch, Il tamburo di latta di Günter Grass. Poi ci sono Isaak Babel’ e Max Frisch, Uwe Johnson e Pierre Klossowski, Henry Miller e Lawrence Durrell e ovviamente Il dottor Zivago di Boris Pasternak. Tutti i libri Feltrinelli ancora degni di essere letti erano già stati pubblicati quando Inge diventa la zarina dell’editoria.
Per questo, quando Inge prende il timone della Feltrinelli deve preoccuparsi di tutto tranne che dei libri. Può occuparsi, invece, delle relazioni. Ci riuscì bene.