L’astronauta dell’Apollo 8: «Andare sulla Luna? Non è così emozionante come sembra»

Odiava lo spazio e i viaggi spaziali. L’unico motivo per cui si era dedicato alla missione era battere i sovietici e dimostrare la superiorità americana

Andare nello spazio è bello? Non credete a quello che raccontano i vari Samantha Cristoforetti o Luca Parmitano: la risposta è no. Lo confessa in una lunga e sincera intervista a This American Life l’ex astronauta Frank Borman, arzillo 90enne che aveva preso parte alla prima missione sulla Luna con l’Apollo 8 nel dicembre del 1968.

Lui, racconta, non si era dedicato ai viaggi spaziali per realizzare una passione coltivata fin da bambino, come tanti amano raccontare. Lo ha fatto per patriottismo: “Volevo prendere parte a un’iniziativa che ci permettesse di battere i sovietici. Era l’unica cosa che mi motivava. Battere quei maledetti russi”.

Ma come: e l’emozione di trovarsi senza gravità? “Sì, interessante. Ma solo per i primi 30 secondi. Poi ci si abitua”. E quella di essere, per la prima volta della storia, fuori dalla gravità e osservare il lato nascosto della Luna? “Niente di eccezionale. La crosta lunare è devastata, tutta una serie di crateri di meteore. Non c’è nessun colore, solo diverse sfumature di grigio”. L’unica cosa che ha apprezzato davvero, ammette, è stato vedere “la Terra da quella distanza. Era più alta della Luna. E lì, su quel pianeta, avevo tutti i miei affetti: la mia famiglia, mia moglie, i genitori”.

Tutto qui? Sì, tutto qui. E aggiunge scherzando: “Con ogni probabilità, tra quelli che sono andati nello spazio, sono il peggiore”. Non era l’unico: al momento del ritorno nessuno dei familiari gli ha fatto domande sulla sua esperienza, nemmeno per curiosità. “Mia moglie era piuttosto indifferente a tutta la questione”. Un lavoro come un altro, insomma. Solo che l’ufficio, in quel caso, si trovava a 385mila chilometri di distanza.

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