L’indicatore Myers-Briggs è una bufala clamorosa

Non funziona, non ha attendibilità scientifica, non rispetta nessun parametro, non definisce la personalità degli individui. Eppure ci credono in tantissimi

Ha più o meno la stessa validità dei test dei settimanali che si trovano dal parrucchiere. L’indicatore Myers-Briggs, rinomato sistema per definire la personalità di un individuo, non vale nulla. Non lo dice LinkPop, ma lo sostiene Merve Emre, professoressa a McGill e autrice di The Personality Brokers. Nel volume in cui si ricostruisce la storia del test, si evidenziano i limiti originari, e si coglie l’opportunismo delle due invetnrici (madre e figlia) intenzionate a fare soldi vendendo il test alle società assicurative.

I limiti sono evidenti fin dall’inizio. Le due psicologhe, elaborando alcune tesi di matrice junghiana hanno previsto come assunto che le personalità non siano sottoposte a cambiamento. In altre parole, sono sempre le stesse. Di conseguenza, nemmeno i risultati del test dovrebbero cambiare. Eppure ci sono studi che dimostrano come le persone, facendo il test a distanza anche di poche settimane, abbiano ottenuto risultati diversi. Almeno il 50%. Una media che basterebbe a convincersi che si tratta del solito pacco, venduto un po’ meglio e con più impegno.

Il lato marketing è, forse l’aspetto più interessante del volume: il test, una volta creato (si parla degli anni ’40), è stato pubblicizzato con caparbietà dalle sue psicologhe, nel tentativo di farselo comprare al prezzo più alto possibile. Al momento negli Usa “aziende come Standard Oil e General Electric lo usano per selezionare, promuovere o licenziare le persone; college di élite come Swarthmore e Bryn Mawr per ammettere i candidati; burocrazie e uffici per scegliere i funzionari…” e così via. L’iniziativa ha avuto successo, ma tutto il mondo della classe dirigente americana (e non solo) è stato creato, selezionato e formato sulla base di una bufala. Forse si vede anche.

In ogni caso, i primi clienti si erano accorti dell’inconsistenza del test. Gli uffici dell’Oss (che poi diventerà la Cia) si erano dimostrati interessati: speravano di poter scegliere con più efficacia le spie e attribuire loro operazioni più consone. Non funzionò, anzi. Non solo, come scrive Emre, non diede i risultati sperati, ma anzi si accorsero che molte delle persone sottoposte al test “cercavano di trarre vantaggio dalle domande per passare come persone autorevoli e colpire altre persone, in modi che – guarda un po’ – i loro profili non permettevano di anticipare”.

Insomma, un bidone che è riuscito a fare milioni e che, come tante altre balle in tutto il mondo (vedasi, per dire un nome, l’omeopatia) continua a essere creduto, riverito e stimato.