Manifest: il nuovo Lost non piace agli snob, ma è più appassionante di cento Westworld

La nuova serie prodotta da Robert Zemeckis negli Stati Uniti ha conquistato il pubblico ma non i critici specializzati, che la accusano di essere noiosa, già vista e scontata. La verità, però, è che Manifest è comprensibile e complessa senza essere semplicistica e inutilmente complicata

«Ci sono crimini peggiori nel mondo delle serie televisive del non essere originali. E Manifest, il nuovo drama andato in onda per la prima volta lunedì su NBC, non è assolutamente originale. Ma, ed è ancor peggio, è semplicemente noioso». Margaret Lyons, critica televisiva ed esperta di serialità televisiva del New York Times, non la manda certo a dire dalle colonne della sua rubrica dedicata al mondo della serialità televisiva. E non è l’unica tra i critici americani, e non solo, ad aver massacrato la puntata pilota di questa nuova serie firmata NBC, prodotta da nientemeno che Robert Zemeckis e accusata da tutto l’olimpo della critica di essere banale, noiosa e già vista e stravista.

Qualcosa di vero c’è: Manifest, infatti, mette al centro della propria storia l’atterraggio a New York nel novembre del 2018 di un volo che era partito dalla Jamaica cinque anni e mezzo prima, nell’estate del 2013, e sviluppa il delirio che potete immaginare possa accadere alle vite delle persone coinvolte — sia i sopravvissuti che le loro famiglie — ammiccando a mitraglia a serie culto come Lost o Leftover. Ma, e per ora questa è una gran bella notizia, non cerca a tutti i costi di complicare la propria trama come la bizantina Westworld, che nella sua seconda stagione è talmente complicata da esasperare.

A guardare la reazione del pubblico americano, però, le cose paiono diverse. La puntata pilota di Manifesti, infatti, è stata proposta lunedì 24 settembre, e pare proprio che questo primo assaggio sia decisamente piaciuto visto che sono stati in più di 10 milioni a vederlo, tanto quanto, per intenderci, una puntata media di The Voice USA. Non saranno i 100 milioni e passa che si ciucciano il Super Bowl, ma resta un risultato che, seppur anni luce di distanza anche dal record assoluto per un pilot (per la cronaca la palma d’oro se lè portata a casa A Different World, lo spin off dei Robinson di Bill Crosby nel settembre del 1987, con 38 milioni di spettatori) le è valso il primo posto della serata. E buttalo via.

Manifest infatti ha tutti gli elementi adatti per prendere per il collo lo spettatore medio e portarselo al guinzaglio fino in fondo: e se detta così vi sembra facile, state buoni: non lo è affatto

Ma torniamo al pubblico, i cui motivi dell’apprezzamento per questa serie sono, in effetti, ampiamente comprensibili. Il plot di Manifest infatti ha tutti gli elementi adatti per prendere per il collo lo spettatore medio e portarselo al guinzaglio fino in fondo: da un momento all’altro un anello della realtà non tiene e un gruppo di persone — per quel fatto inquietante e inspiegabile che è atterrare cinque anni e mezzo dopo essere decollati e senza essere invecchiati di un giorno — diventano ontologicamente diversi dal resto dell’Umanità, e a chi guarda rimane quel senso di chiusura alla bocca dello stomaco che si chiama curiosità di vedere come va a finire. E se detta così vi sembra facile, state buoni: non lo è affatto

Chi ha ragione quindi ? La tranciante Margaret Lyons e i suoi colleghi, che in alcuni casi sembrano addirittura irridere il nuovo show per la sua semplicità, o il pubblico, che ormai è impaziente di vedere come continua e, soprattutto, come va a finire. Al di là che, essendo una serie un prodotto commerciale, la ragione ce l’ha alla fine sempre e solo il pubblico, la verità è che questo Manifest riesce ad essere una boccata d’aria fresca nel mondo delle serie televisive. Perché con buona pace delle Margaret Lyons, fresca, per fortuna, non è sinonimo perfetto di nuova. Esattamente come nuovo non è sinonimo di bello e godibile.

È che forse alle Margaret Lyons dà fastidio che Manifest abbia il coraggio di non elemosinare attenzione a colpi di roboanti novità e di labirintiche scelte autoriali. Le basta la semplicità di un plot che comunque evita il semplicismo. Le basta non voler per forza farla fuori dal vaso e non nascondersi dietro architetture bizantine incomprensibili, osando essere complessa senza mai essere complicata. E di questi tempi è già un bel tesoretto.

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