Abolire la povertà? La verità è che non sopportiamo di vederla

La povertà viene combattuta come un problema di ordine pubblico e di decoro, come negli Stati Uniti dove chi dorme in strada compie un "reato contro la qualità della vita". La verità è che domani i poveri potremmo essere noi, per questo oggi ci dà fastidio la loro presenza

ARIS MESSINIS / AFP

La povertà esiste, lo sappiamo tutti, ma vorremmo non vederla. Non perché ci faccia male vedere la sofferenza altrui. L’empatia non c’entra nulla, o almeno la maggior parte di noi non riesce, o meglio, non vuole provarla. Ciò che ci infastidisce quando vediamo una persona dormire per la strada o rovistare tra i rifiuti è la consapevolezza che quelle persone, potenzialmente, non sono diverse da noi.
Ci rassicura pensare che a chiedere l’elemosina per la strada o a dormire sotto un ponte ci siano solo i tossici coi cani o persone senza famiglia e affette da disturbi psichiatrici. Persone meno fortunate di noi (ma poi, noi chi?) o che hanno scelto volontariamente di vivere ai margini della società. Non neghiamolo, almeno una volta tutti abbiamo pensato “mi dispiace per lui, ma evidentemente se la sarà cercata”, o addirittura “se lo merita”.

È più facile pensare che siano degli sconfitti dalla vita perché la realtà è troppo pesante da considerare. Pensare che chi ha lavorato per una vita possa finire senza un tetto o che ci sia qualcuno che lavora gratis o per pochi spicci all’ora ci inquieta e ci spaventa troppo

Pensieri cinici e rassicuranti che non potremmo fare se ammettessimo che probabilmente chi è costretto a dormire su un vagone di un treno o va a mangiare in una mensa popolare potrebbe essere una persona che a cinquant’anni ha perso il lavoro da un giorno all’altro, o un giovane che non riesce a entrare nel mondo del lavoro e non ha alle spalle una famiglia che lo mantenga.
È più facile pensare che siano degli sconfitti dalla vita perché la realtà è troppo pesante da considerare. Pensare che chi ha lavorato per una vita possa finire senza un tetto, o peggio, per evitarlo arrivi a togliersi la vita come molti imprenditori schiacciati dai debiti, o che ci sia qualcuno che lavora gratis o per pochi spicci all’ora ci inquieta e ci spaventa troppo.

La miseria va nascosta quindi, i poveracci non si devono mischiare a noi, non devono stendersi sulle panchine dove ci sediamo o permettersi di cercare il cibo nei nostri cestini e per evitarlo c’è chi ha preso provvedimenti. Che efficienza!
In Italia il primo fu Giancarlo Gentilini, sindaco di Treviso per un decennio fino al 2003. Nel 1997 fece rimuovere alcune panchine del centro perché non ci dormissero i clochard. In molti, tra i primi cittadini italiani, ne seguirono l’esempio. A Trieste addirittura vennero tagliate con la sega elettrica le panchine di una piazza. Nel 2007 a Belluno sono state introdotte, nell’arredo urbano, panchine con il bracciolo divisorio. In Piazza Ghiaia a Parma le panchine sono state “ingabbiate” con delle strutture in ferro per impedire il bivacco.

Nessuno sconto a chi non ha un tetto che anzi, compie un “reato contro la qualità della vità”, fattispecie dal nome offensivo e disumano, ma i colpevoli dei “quality of life crimes” sono anche quelli che dormono per la strada o nella propria macchina dopo aver perso il lavoro, la famiglia, la casa e la propria vita

Ma la c.d. “architettura ostile” non è l’unica trovata messa in pratica in questa crociata contro i miserabili. Come dimenticare ad esempio le multe ai senzatetto disposte a Roma e a Pogliese contro chi osa giacere per terra tra cani e cartoni, o a Genova a chi rovista dentro i cestini della spazzatura in cerca di cibo, fino a Como, dove nel 2017 il sindaco Mario Landriscina con un’ordinanza vietava di distribuire pasti caldi ai senza tetto durante le vacanze di Natale.
Al di là della manifesta e palese inutilità di sanzionare con multe da centinaia di euro persone che non hanno nemmeno i soldi per comprare il pane, ciò che più perplime è che il grave disagio sociale che vive una parte di cittadini venga affrontato dalle autorità esclusivamente come problema di ordine pubblico o di decoro urbano, al pari dell’emergenza rifiuti per la strada.

Un atteggiamento che ricorda la mentalità degli Stati Uniti, dove il diritto, dagli anni Settanta fino a oggi, ha sistematicamente ostacolato e cercato di nascondere i suoi poveri. Nessuno sconto a chi non ha un tetto che anzi, compie un “reato contro la qualità della vità”, fattispecie dal nome offensivo e disumano, ma i colpevoli dei “quality of life crimes” sono anche quelli che dormono per la strada o nella propria macchina dopo aver perso il lavoro, la famiglia, la casa e la propria vita. Nei quali spesso nasce la convinzione di meritare l’ostracismo da parte di quella società a cui danno tanto fastidio in quanto scarti umani, non ricchi, non felici e non produttivi come la logica capitalista, consumista e materialista imporrebbe.

Anzichè provare compassione per chi non ha più nulla, proviamo ammirazione e invidia verso chi i soldi li ha fatti anche truffando, rapinando, rubando, raggirando il sistema e il prossimo, identificandolo come un vincente

Per quanto rigurda l’Italia, l’ultimo rapporto Istat riferito al 2017 parla di quasi un terzo della popolazione a rischio povertà o esclusione sociale. Ovviamente non sono tutti senza fissa dimora, ma alla fine del mese arrivano magari a stento. Anche per questo rifiutiamo i poveri, perchè i prossimi potremo essere noi. Vederli turba la nostra quotidianità, impedisce di non pensare a quante cose dobbiamo rinunciare per pagare un affitto, magari smisuratamente caro, quale libro abbiamo lasciato in libreria perchè dovevamo pagare l’abbonamento alla metro, quale paio di scarpe non abbiamo comprato perchè o quelle o il mese di palestra, quanti inviti abbiamo declinato perchè o si faceva la spesa per la settimana o l’aperitivo. E anzichè provare compassione per chi non ha più nulla, proviamo ammirazione e invidia verso chi i soldi li ha fatti anche truffando, rapinando, rubando, raggirando il sistema e il prossimo, identificandolo come un vincente.

Allora pensateci, abbiamo un tetto sopra le nostre teste e un letto dove dormire, ma forse, a nostro modo, siamo tutti dei miserabili.