Pizza ConnectionCavalli al cadmio, ecco i rischi della carne equina che proviene dall’Est Europa

Le autorità italiane stanno facendo luce sulle carni importate da Polonia e Romania, dove gli animali sono esposti alla contaminazione del metallo pesante. L‘inchiesta di Irpi per Linkiesta

Photo by Ibrahim Rifath on Unsplash

Il 22 giugno scorso è partita dall’Italia una segnalazione al Sistema rapido di allerta alimenti e mangimi per eccesso di cadmio all’interno di una partita di carne di cavallo congelata importata dal Belgio. In Europa non si tratta più di un caso isolato: lo si può affermare dopo una inchiesta in cui l’Investigative Reporting Project Italy (Irpi) ha lavorato per alcuni mesi con i giornalisti del settimanale belga Knack e del centro di giornalismo romeno RISE Project. Sfruttando la normativa sul Foia, abbiamo chiesto e ottenuto dalla Commissione europea, dalle agenzie per la sicurezza alimentare di Romania e Italia e dall’agenzia per la protezione dell’ambiente romena, centinaia di documenti sui casi in cui è stata riscontrata la presenza di cadmio oltre i limiti nella carne equina. L’asse Romania-Belgio-Italia è sotto la lente di ingrandimento delle autorità europee e nazionali.

L’ultima segnalazione, partita dalle autorità veterinarie della regione Sardegna, conferma che il tema è ormai europeo e l’Italia deve preoccuparci. Cinque anni fa a fare scandalo furono le etichette che garantivano carne al «100% manzo» nei supermercati Francia e Regno Unito, salvo poi scoprire che nelle lasagne surgelate Findus ci finiva in realtà carne di cavallo. La Food Standard Agency inglese allora sottolineò come su 18 prodotti testati 11 contenevano tra il 60 e il 100% di carne di cavallo, decisamente più conveniente, soprattutto se in arrivo dalla Romania dove si esporta a 2 o 3 euro al chilo.

L’Italia, i cui controlli in materia di alimenti sono tra i più attenti in Europa, ne uscì quasi indenne se non per una dozzina di casi, ma le cinque segnalazioni di eccesso di cadmio registrati negli ultimi cinque anni non passano inosservate al primo importatore di carne equina al mondo. Secondo i dati più recenti, la carne arriva perlopiù da Polonia (34%), Spagna (21%), Belgio (13%) e Romania (6,8%). E le autorità veterinarie italiane stanno monitorando con particolare attenzione proprio le carni derivate da cavalli provenienti dall’Est Europa, «in particolare da Polonia e Romania», scrive in un documento ottenuto da Irpi la responsabile del Sistema rapido di allerta alimenti e mangimi dell’Ats della città metropolitana di Milano.

Le segnalazioni, partite dalle autorità veterinarie di Piemonte e Lombardia hanno coinvolto l’asse Romania-Belgio-Italia. Secondo i documenti ottenuti da IRPI, Knack e RISE Project, nessuno dei lotti su cui è stato riscontrato un eccesso di cadmio è finito nei piatti degli italiani. Tutte le partite sono state rimandate al mittente oppure distrutte prima di essere messe sul mercato. Segno che il sistema ha reagito, ma i carichi in arrivo dalla Romania non si sono fermati. Lì le autorità stanno seguendo le tracce lasciate dai controlli che in alcuni casi hanno rilevato la presenza di documenti contraffatti e alterati per l’identificazione dei cavalli.

Gli esemplari sono arrivati da due società, un macello e un fornitore, che si trovano nel nord della Romania nelle province di Baia Mare e Satu Mare: Cetina e Agromexim. La destinazione successiva è la belga Chevideco che, tramite due società sorelle, importa in Belgio. Tre invece le società italiane importatrici da cui sono partiti gli allarmi poi diramati in Europa nelle province di Novara, Brescia e Torino: Fratelli Sibilia, Boventi e Rosso.

Il problema è indubbiamente legato ai livelli di contaminazione ambientale e al tempo di permanenza dell’animale: maggiore è la presenza di cadmio nell’ambiente (aria, acqua, suolo, foraggio, polveri, ecc… ) e maggiore è l’accumulo nell’organismo quindi di questo metallo pesante

L’attenzione delle autorità italiane è particolare riguardo le carni provenienti da Polonia e Romania. «Il problema», spiegano, «è indubbiamente legato ai livelli di contaminazione ambientale e al tempo di permanenza dell’animale: maggiore è la presenza di cadmio nell’ambiente (aria, acqua, suolo, foraggio, polveri, ecc… ) e maggiore è l’accumulo nell’organismo quindi di questo metallo pesante».

Parole confermate anche da una ricerca accademica della prima università della Romania e dalla storia industriale di aree come Satu Mare e Baia Mare, nella regione di Maramures o di Roşia Montană. Qui le attività estrattive hanno determinato alti livelli di inquinamento mettendo a rischio la falda acquifera. L’agenzia per la protezione ambientale di Maramures rileva che dal 2005 nell’area i livelli di cadmio superano i limiti e una ricerca della Babeş-Bolyai University mette nero su bianco che «i suoli nell’area di Baia Mare dove insistevano attività estrattive sono contaminate da materiali come cadmio, zinco, rame e piombo come conseguenza di emissioni inquinanti e dispersioni durante le stesse attività oppure nei processi di stoccaggio fuori norma». Al momento però, per la totalità dei casi menzionati le autorità romene ritengono di non aver individuato le fonti dell’inquinamento.

Le società coinvolte hanno dimostrato di essere a conoscenza del problema, ma l’est Europa rimane comunque uno dei principali serbatoi di carne equina del continente. Paolo Sibilia, della Fratelli Sibilia, raggiunto telefonicamente spiega: «Sono eventi che possono succedere in Romania anche perché l’età media degli equini macellati lì è più alta». Dopo gli allarmi attivati, «molte altre analisi sono state fatte dalle autorità veterinarie, anche in autocontrollo come stiamo facendo noi. In Italia la questione è ampiamente monitorata». Tuttavia le due società romene coinvolte rimangono «partner affidabili» per gli importatori europei. «Abbiamo lavorato in passato con loro», conclude Sibilia, «e continueremo a farlo. Non sappiamo se loro abbiano dei contenziosi aperti con le autorità romene, ma sappiamo che la loro merce continua ad arrivare regolarmente ed etichettata. Non abbiamo ragione di sospendere la collaborazione. L’ultimo controllo sul cadmio è arrivato settimane fa e non ci sono stati problemi». Anche Chevideco sottolinea come «Agromexim sia un fornitore affidabile», e lo stesso proprietario di Agromexim dice: «Siamo commercianti. La conformità delle carni è riscontrata dal veterinario del macello. Ho pagato per questo servizio e per i controlli». Nessuna delle altre società coinvolte ha commentato i fatti nonostante le richieste inviate per email e via telefono.

*Investigative Reporting Project Italy (IRPI)

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