Non è solo una questione di spread, debito, conti pubblici e tensioni con l’Ue. Le ripercussioni dei contenuti della manovra, con il differenziale tra Btp e Bund che sale, ha ripercussioni sulle famiglie e i loro mutui. «È vero che lo spread può salire di parecchie decine di punti nel giro di poco, ma per capire l’impatto reale delle scelte di governo bisognerà vedere come si vorranno recuperare questi soldi», spiega a Linkiesta Roberto Anedda, direttore marketing di MutuiOnline.
Perché le risorse del Paese, per dirla in parole povere, sono come una coperta troppo corta: se si tira da una parte, si rimane scoperti dall’altra. E se il programma del governo è quello di spendere di più di quanto sarebbe stato auspicabile, un debito pubblico in aumento potrebbe pesare notevolmente sulla capacità di spesa di tutti, cittadini compresi. Al momento non è possibile prevedere l’entità di eventuali cambiamenti: solo il mercato potrà dirlo, quando varieranno i livelli richiesti per sottoscrivere i nostri titoli pubblici. Quel che è certo, però, è che se la prospettiva di debito dovesse prolungarsi per un tempo eccessivo, gli interessi che il Paese si troverà a pagare potrebbero essere molto più pesanti rispetto a ora.
In primo luogo, il costo delle operazioni finanziarie targate Italia potrebbe salire: alle banche o le imprese che si dovessero indebitare sui mercati internazionali potrebbero essere imposte condizioni più punitive rispetto anche solo a qualche mese fa. Le banche, in particolare, potrebbero vedersi imporre costi operativi maggiori, dovendo abbandonare prima del previsto le politiche di favore offerte finora, a partire dal settore dei mutui. Il costo del denaro dovrebbe comunque continuare a mantenersi basso, poiché le dinamiche italiane non intaccano indicatori come l’Euribor o l’Irs, ma comunque l’incertezza potrebbe scoraggiare le persone ad avvicinarsi a prodotti come i mutui, contribuendo così ad un’ulteriore instabilità generale.
Le banche potrebbero vedersi imporre costi operativi maggiori, dovendo abbandonare prima del previsto le politiche di favore offerte finora, a partire dal settore dei mutui
Un’altra complicazione potrebbe essere che per recuperare liquidità le risorse vengano prese da un’altra parte. «O c’è il riequilibrio di bilancio, facendo uscire più soldi da una parte e recuperandoli dall’altra, oppure c’è la tassazione», spiega ancora Anedda. In altre parole, o si aumentano le tasse, oppure si riducono le detrazioni possibili, nei mutui ma non solo. Sia in un caso che nell’altro, però, questo significa che le famiglie avrebbero comunque meno soldi a disposizione. E se è vero che le manovre per il momento sono indirizzate solo a certi settori, quello che si riuscirà a recuperare comunque non sarà destinato a tutti, ma solo ad alcuni. Se qualcuno starà meglio, insomma, quasi sicuramente ci sarà qualcuno che starà peggio. «Se già si dovessero iniziare ad avere minori detrazioni sugli interessi del mutuo, considerando che già l’80% degli interessi ce lo si deve pagare da soli, l’idea di non poter riuscire nemmeno a scaricare quel 19% che c’è stato finora potrebbe costituire un ulteriore deterrente per i mutuatari», puntualizza l’esperto. E nemmeno le persone che avevano acceso il mutuo qualche anno fa sarebbero esenti dalla cosa. (Peraltro, specifica Anedda, l’ultima riduzione dell’aliquota di detrazione fiscale Irpef risale al 1997 e all’allora ministro delle Finanze Ignazio Visco, quando dal 22 per cento si passò al 19: «Era da quel momento che non avevamo bisogno di ridurre le aliquote fiscali; l’ironia è che il tempo passa e la gente non se lo ricorda nemmeno»).
Posto che l’intero sviluppo economico è sempre un’incognita ed è difficile valutare fino a che punto potrebbero crescere le complicazioni, almeno sul fronte dei mutui il consiglio è di tenere d’occhio spesso e volentieri l’andamento dei tassi, per tenere monitorata la situazione. «È ancora un buon momento per acquistare a casa o sottoscrivere un mutuo rimanendo su costi bassi, pur tenendo conto che il futuro è un po’ incerto», dice Anedda. In generale, il tasso fisso è da preferire, proprio per stare tranquilli almeno sull’importo della rata, pur in mezzo alle altre variabili. E per il resto? «Ci vorranno tempi non immediati per fare sì che si comincino a vedere gli effetti reali, sia in termini di reperimento di risorse sia per un effettivo benessere», conclude Anedda. «Il Paese può anche decidere di non sottostare a chi gli dice cosa deve fare. Ma al mercato non interessano i poteri forti, va come deve andare. E se si agisce in maniera distruttiva, il rischio è di finire per pagarne le conseguenze».