Marco Bentivogli: «I giovani devono mobilitarsi, contro chi li candida all’eterna panchina»

Il segretario della Fim rilancia la questione generazionale: «Il governo vuole ridurre l’alternanza scuola-lavoro? Spero sia uno scherzo. Destra e sinistra? Coi giovani hanno sbagliato tutti»

L’Italia non è un paese per giovani, come recita il titolo del film di Giovanni Veronesi? Così sembra per Marco Bentivogli segretario generale della Federazione Italiana Metalmeccanici della Cisl che ribadisce come tutto nel nostro paese sembra remare contro i giovani: formazione, lavoro, previdenza, politiche per la casa e per i figli, sistema bancario. Certo, aggiunge, non fa di meglio per gli anziani a meno che non siano in buon salute e benestanti: «La discussione pubblica si accalora intono alla retorica dei diritti – spiega Bentivogli a Linkiesta -, ma se i diritti non sono per tutti diventano privilegi. Siamo il fanalino di coda in Europa negli investimenti in formazione, appena il 4% del Pil, più di mezzo punto sotto la media europea al 4.9%. Investiamo poco e male in formazione e pochissimo in ricerca, appena 8.6 miliardi e ciò nonostante abbiamo oltre 151 mila giovani “precari di successo”, ricercatori, studiosi intrappolati in un sistema universitario imbolsito e baronale. Ogni anno oltre 13 mila tra loro mollano per andare in paesi dove si riconoscono meritocrazia e stipendi migliori. Vanno incoraggiate le esperienze all’estero, ma dal nostro paese è vera e propria fuga. Significa perdere le menti migliori e con esse opportunità. Altrettanto critico il rapporto tra la scuola e il mondo del lavoro. Il provvedimento che ha introdotto l’alternanza scuola-lavoro è senz’altro uno dei più illuminati degli ultimi anni, ma al solito il polverone di polemiche stucchevoli ne ha oscurato il reale obiettivo: introdurre gradualmente i giovani nelle imprese creando un’osmosi tra mondi, almeno finora, incomunicabili tra loro. Abbiamo varato le riforme che hanno reso flessibile il mercato del lavoro, dimenticandoci però di creare ammortizzatori universali che coprissero le nuove forme contrattuali col risultato che la crisi ha colpito con maggiore durezza proprio i giovani. Il nuovo Governo dice di voler ridurre le ore in alternanza scuola-lavoro, mi auguro sia uno scherzo. In Germania ci si laurea lavorando, in Italia ogni anno diminuiscono gli studenti-lavoratori».

Se pur con meno giovani del resto dell’Europa, l’Italia risulta il primo paese europeo per numero di Neet, con una percentuale quasi doppia rispetto agli altri paesi (24% contro 13%). Come spiega questa peculiarità? E’ colpa del Paese o delle attese dei giovani “in panchina”?
Abbiamo una disoccupazione giovanile (15-24 anni) tra le più alte d’Europa, almeno 30 punti superiore a quella della Germania. Si concentra soprattutto in quella terra di nessuno tra scuola e lavoro, con una disparità ancora più evidente tra Nord e Sud Italia. Il fenomeno dei NEET si registra anche in molte economie avanzate: in Giappone li chiamano “hikikomori”, ma i numeri sono molto più bassi. Da noi pesano anche problemi di ordine sociale e strutturale, non ultimo una crisi profonda della genitorialità che induce a una quota minoritaria di “neet volontari”. Si aggiungono le elevate percentuali di lavoro nero che sballano i dati italiani su occupazione e redditi. La recente indagine di Federmeccanica dice che il 42% delle imprese non trova lavoratori con i nuovi skills digitali, il 65% dei bambini che oggi sono alle elementari faranno un lavoro di cui oggi non conosciamo neanche il nome, vi sembra che il nostro sistema educativo sia pronto? Il sindacato può svolgere un ruolo importante perché ha un bagaglio di “miti” fondativi – così li chiama un amico della Fim, Johnny Dotti – cui attingere per svolgere un ruolo di educatore informale e gettare così i semi dell’impegno e della voglia di partecipare. Questa è la scintilla che deve scattare nelle nuove generazioni, sentire che il loro mondo è adesso. Come diceva il grande Ezio Tarantelli, la disoccupazione giovanile non è un problema di statistica, è tappare la bocca a un’intera generazione.

Qual è la ricetta per intercettare e recuperare la fiducia di questi giovani ?
Come Fim, insieme al professor Alessandro Rosina dell’Università Cattolica e l’Istituto Toniolo, abbiamo presentato i dati del “Rapporto Giovani 2017”, in cui prevale tra gli under35, l’idea che i partiti non offrano adeguato spazio alle nuove generazioni. Oltre 2 giovani su 3 considerano però la politica utile per migliorare la vita dei cittadini, ma chiedono che sia orientata effettivamente al bene comune. Gran parte degli intervistati pensa che una forma di rappresentanza collettiva a favore dei giovani sia necessaria, ma è diviso sulla sua forma: una metà punta sul rinnovamento di quelle esistenti, l’altra metà auspica qualcosa di nuovo che nasca dal basso. Per 3 su 4 tale rinnovo richiede la capacità di rimettersi in discussione con le nuove generazioni. Proprio dove corre la differenza tra un sindacato strumentale e uno come la Fim che punta a rappresentare una realtà viva e aperta a costo di fare scelte radicali, rifondative e rigenerative.

Abbiamo varato le riforme che hanno reso flessibile il mercato del lavoro, dimenticandoci però di creare ammortizzatori universali che coprissero le nuove forme contrattuali col risultato che la crisi ha colpito con maggiore durezza proprio i giovani. Il nuovo Governo dice di voler ridurre le ore in alternanza scuola-lavoro, mi auguro sia uno scherzo. In Germania ci si laurea lavorando, in Italia ogni anno diminuiscono gli studenti-lavoratori


Marco Bentivogli

Uno Stato che non riesce a garantire il lavoro (che non c’è) ma si preoccupa di assicurare il reddito (di cittadinanza) è un Paese che progetta il futuro?
Destra e di sinistra, non fanno differenza nelle analisi fallate, pensano ai giovani come un derivato delle loro condizioni sociali, delle disgrazie attraversate. Ma i giovani non sono una conseguenza del loro passato. Bisogna far sognare le persone, spingerle ad andare verso qualcosa di nuovo. L’invecchiamento demografico del nostro paese sta diventando un ulteriore alibi per la politica per non occuparsi della questione giovani. Bisogna invece fare in modo che le nuove generazioni si riapproprino della loro dimensione di futuro, attraverso un protagonismo immediato, nel presente. Candidarli alla panchina civile e alle liste d’attesa è sintomo di un paese ripiegato su se stesso. È ora di girare pagina con coraggio.

Appuntamento con Marco Bentivogli, il 18 ottobre, per l’ideazione di una piattaforma dedicata ai giovani “in panchina” che tracci un percorso tra softskills, formazione e lavoro. Se hai dai 18 ai 29 anni partecipa al concorso di idee TIPOHack, giovedì 18 ottobre al Tempio di Adriano, Roma, dalle 8.30 alle 20.30 assieme a Associazione InnovaFiducia, FondazioneTIM, InfoCamere e Camera di Commercio di Roma. Marco Bentivogli sarà componente e presidente della Giuria tecnica.

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