«Se capirò che la mia candidatura può essere divisiva per il Pd, non accetterò di correre alle primarie». È questo il ragionamento che arrovella la mente di Marco Minniti, in queste frenetiche ore in cui è chiamato a sciogliere la riserva sulla sua partecipazione, da protagonista, al congresso del Partito Democratico. Dopo l’appello firmato dai tredici sindaci renziani che hanno proposto la sua “candidatura unitaria”, per l’ex ministro dell’Interno è un susseguirsi di telefonate con i suoi consiglieri principali, per capire cosa fare. Ieri, per esempio, ha avuto un lungo confronto con Graziano Delrio, che, insieme a lui, ha sempre rappresentato il profilo ideale, nella testa di Matteo Renzi, da proporre in chiave anti-Zingaretti.
Il tema principale è proprio questo. Minniti è disponibile a fare il candidato di Renzi? Certo, l’autorevolezza e l’autonomia dell’uomo non sono in discussione, ma è chiaro che l’indirizzo, anche mediatico, che prenderà il congresso sarà quello della sfida tra renziani ed anti-renziani, con tutto ciò che ne consegue. Neppure lo stesso Zingaretti, che secondo molti osservatori interni, resta comunque il favorito anche in caso di discesa in campo di Minniti, non ha alcun interesse all’inasprimento e alla polarizzazione della sfida interna. Anche perché, al momento, rimangono comunque in corsa almeno altri tre candidati: Matteo Richetti (che non sembra voglia ritirarsi, nonostante il messaggio, neppure tanto velato, da parte dei renziani), Francesco Boccia (in nome di Michele Emiliano) e il giovane – senza particolari velleità – Dario Corallo.
L’obiettivo di Renzi, secondo la nostra fonte, sarebbe quello di utilizzare Minniti per sparigliare le carte, per limitare il consenso crescente di Zingaretti e per imbrigliare il Pd
«Quello che si rischia – ci dice un parlamentare che ha circolato per anni nei piani alti del renzismo – è il caos. Siete davvero sicuri che non sia una cosa cercata?». Ma da chi? «Beh, mi sembra evidente, da Renzi». Il ragionamento è questo: «Senza un candidato forte dell’area di Matteo, Zingaretti stravincerebbe il congresso. Lo sanno tutti, in questo momento non ci sarebbe partita. E allora perché i sindaci renziani, che dicono di muoversi in nome dell’unità, non appoggiano Zingaretti? Se davvero stessero cercando un candidato unitario, perché non scegliere quello che è in campo da sei mesi, che ha un’importante ruolo istituzionale e di governo, che è una delle poche facce vincenti del Pd dopo il 4 marzo? Perché, evidentemente, l’obiettivo è un altro».
L’obiettivo di Renzi, secondo la nostra fonte, sarebbe quello di utilizzare Minniti per sparigliare le carte, per limitare il consenso crescente di Zingaretti e per imbrigliare il Pd. Non tutti sanno, infatti, che il regolamento congressuale del Pd prevede vari passaggi. Il primo sono le cosiddette convenzioni, il voto degli iscritti, che circoscriveranno la corsa ai primi tre candidati usciti dalla partita che si giocherà nei circoli. Poi sarà la volta delle primarie, aperte agli elettori, tra i primi tre. La scommessa di Renzi è che Zingaretti si fermi sotto il 50%. In questo caso a decidere chi sarà il segretario sarebbe l’Assemblea nazionale, dove scatterebbe la corsa per accaparrarsi il voto di ogni singolo delegato. Tutto questo si tradurrebbe in una sorta di maxi-rissa tra correnti, capi bastone, liste e listarelle che potrebbe portare al collasso.
L’esito di questa operazione, però, rischia invece di acuire ancora di più le divisioni nel Pd. Anche perché è la stessa figura di Minniti a crearne
Questo è ciò che sta cercando di capire Minniti in queste ore. Se davvero questo fosse il quadro, il suo timore di essere un candidato divisivo sarebbe più che giustificato. D’altronde, sia la tempistica che la modalità della lettera dei sindaci per indurlo a prendere una decisione, è una cosa del tutto inusuale, oltre che ai limiti della correttezza politica. Ma in questa fase nulla viene lasciato al caso. Matteo Ricci, sindaco di Pesaro turborenziano e architetto dell’iniziativa, parlava da giorni della necessità di una candidatura unitaria. Il terreno era stato preparato dallo stesso Delrio, che, ancora prima di Ricci, aveva evocato la medesima soluzione per il congresso del Pd.
L’esito di questa operazione, però, rischia invece di acuire ancora di più le divisioni nel Pd. Anche perché è la stessa figura di Minniti a crearne. Orfini e i suoi – che non hanno mai appoggiato le sue politiche sui migranti – sono in fermento. Maurizio Martina – che ancora ieri non escludeva una sua candidatura – è stato colto di sorpresa dalla mossa dei renziani, che negli ultimi giorni avevano lasciato trasparire la possibilità di un appoggio nei suoi confronti, Nicola Zingaretti, che nel weekend raduna i suoi a Roma, non ha alcuna intenzione di fare passi indietro. Insomma, di unitario, questa candidatura avrebbe ben poco. Renzi lo sa benissimo, Minniti ci sta pensando.