Per adesso funziona sui topi. Ma – chissà – presto si potrebbe scoprire che annusare lavanda riduce lo stress anche con gli esseri umani. Per la precisione, come spiegano in questo articolo, “è il linalolo, un componente alcolico dell’odore della lavanda, che [per i topi] ha gli stessi effetti dell’assunzione del Valium”. Dona rilassatezza, quiete, tranquillità.
Niente di nuovo sotto il cielo, come si scrive qui. Lo si diceva già nel 1551 che “i fiori di lavanda, se imbottiti in un cappello, aiutano a dare conforto al cervello”. Lo diceva il naturalista William Turner. E nel 1640 rincarava John Parkinson, esperto di erbe, dicendo che “sono ottimi per tutti i dolori della testa e del cervello” e “contro il tremolare delle passioni del cuore”. Potevano essere bevuti, annusati, applicati alle tempie. L’uso continua nei secoli: nel 1931, per esempio, era raccomandato contro le fasi depressive e i mal di testa nervosi.
Insomma, la lavanda piace. Rilassa. Funziona. Un profumo così buono che, in epoca vittoriana, veniva utilizzato per coprire gli odori cattivi. L’utilizzo varrà una cattiva reputazione alla povera pianticella che – come si scrive nel 1825 – diventerà simbolo di “mancanza di fiducia”.