Sangue infetto: il libro che rompe il silenzio sulla catastrofe sanitaria degli anni Ottanta

L’opera di Michele De Lucia è dettagliata, attenta e rilegge la storia dei processi sul sangue con ampia documentazione ed equidistanza, senza giustizialismo e sensazionalismo

“Nella mia vita di scienziato e di medico ho sempre diffidato dei libri con titoli sensazionalistici, o degli articoli dei giornali che cercano solo uno scoop ma poco la verità scientifica; poi, leggendo questo libro, mi sono ricreduto”.
Con queste parole l’immunologo Fernando Aiuti, protagonista della lotta all’Aids negli anni Ottanta e Novanta, introduce il nuovo libro di Michele De Lucia Sangue infetto. Una catastrofe sanitaria, un incredibile caso giudiziario (Mimesis). E in effetti siamo di fronte a un libro-inchiesta come è sempre più raro vederne, capace di mantenere un taglio divulgativo e uno stile brillante senza mai rinunciare a complessità e completezza, doverose quando si tratta di temi che riguardano la ricerca scientifica e la salute delle persone. L’argomento infatti è tra i più spinosi: all’inizio degli anni Ottanta decine di migliaia di persone in tutto il mondo vennero infettate dai virus dell’Aids e dell’epatite C attraverso le trasfusioni negli ospedali o l’assunzione di farmaci emoderivati.

Ad essere colpiti furono in particolare i malati di emofilia, che di quei farmaci avevano bisogno per evitare emorragie invalidanti o addirittura mortali. La tragedia poteva essere evitata? È vero che quelle vite sono state sacrificate sull’altare del profitto delle multinazionali e di politici corrotti, o le cose sono andate diversamente?
Per rispondere a questa domanda, De Lucia ha adottato un metodo rigoroso: evitare ogni lettura retrospettiva, inevitabilmente viziata dal senno di poi – “quanti salirebbero su un aereo se sapessero che è destinato a precipitare?”, si chiede – e ricostruire i fatti minuto per minuto, sulla base di una imponente mole di documenti, testimonianze e riscontri sempre contestualizzati rispetto alle conoscenze scientifiche del momento.

L’Aids è il “cigno nero”, l’evento raro, imprevedibile e imprevisto che fa saltare il banco, mette in discussione il sapere e le abitudini consolidate e scatena il panico

Si scopre così che quando nella primavera del 1984 il virus HIV viene finalmente isolato è già troppo tardi, perché il picco dei contagi si è verificato nell’autunno del 1982, quando il virus era sconosciuto e non c’erano i test per individuarlo, né i trattamenti di inattivazione virale per eliminarlo. L’Aids è il “cigno nero”, l’evento raro, imprevedibile e imprevisto che fa saltare il banco, mette in discussione il sapere e le abitudini consolidate e scatena il panico. Ma in questa storia i “cigni neri” sono addirittura due: il secondo è l’epatite C, fino alla fine degli anni Ottanta chiamata epatite “non A non B” perché gli scienziati non riuscivano a individuarne la causa. Considerata un “rischio accettabile” alla pari delle altre epatiti, si rivela nel lungo periodo un killer silenzioso e terribile, capace di evolvere in cirrosi o in tumore epatico anche dopo più di vent’anni. Il libro di De Lucia consente di capire, senza fare sconti a nessuno, come mai la tragedia del sangue infetto abbia colpito ovunque in Occidente, a prescindere dalle caratteristiche di ogni singolo sistema (donazione gratuita o a pagamento), e come l’Italia dipendesse totalmente all’epoca della tragedia dal plasma proveniente dagli Stati Uniti, che ne monopolizzavano il mercato.

Sangue infetto è anche un duro atto d’accusa contro la giustizia spettacolo, le gogne mediatiche e la cattiva informazione che se ne fa megafono: come in un thriller, l’autore ricostruisce passo dopo passo gli errori dell’inchiesta giudiziaria, con tanto di mostro sbattuto in prima pagina, il Gruppo Marcucci, poi prosciolto da ogni accusa non perché fosse difficile dimostrare il nesso causale, ma perché in giudizio è stato dimostrato che il nesso causale non c’era. Molto dettagliato anche il capitolo dedicato alla battaglia che le vittime ancora conducono per vedersi riconoscere i loro diritti da uno Stato che ha fatto leva persino sulle prescrizioni per sottrarsi alle proprie responsabilità e sempre pronto allo scaricabarile.

Sangue infetto è un libro animato dall’inizio alla fine da una grande passione civile, dall’urgenza non solo di ricostruire i fatti, ma anche di spiegare perché quei fatti sono accaduti. In questo modo restituisce alle vittime il diritto a conoscere la verità, e a chi era stato accusato a torto l’onore e il diritto all’integrità della propria immagine.

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