«È una giornata storica, la gente ha fatto capire che ha voglia di cambiare tutto». Le elezioni in Baviera dovevano essere un terremoto politico e così è stato. Ma non è andata esattamente come tutti si aspettavano. Il virgolettato non appartiene infatti ai leader di Alternative für Deutschland, la formazione di estrema destra chiamata a migliorare i risultati delle elezioni federali dello scorso anno, ma della 33enne Katharina Schulze, leader regionale dei Verdi, nuovo volto della politica bavarese e nazionale.
Il vero boom, infatti, è stato quello dei Grünen, che ottengono il 17,5 per cento, aumentando di quasi dieci punti il risultato ottenuto sia alle scorse elezioni nel 2013, e di nove quello nel voto in Baviera alle politiche di un anno fa. Un dato che conferma i sondaggi degli ultimi giorni, che avevano registrato una crescita tanto impetuosa quanto sorprendente. Per i populisti amici di Salvini, invece, il 10,2 per cento è un risultato sotto le attese. Intendiamoci, stiamo parlando di una formazione politica nata cinque anni fa, che con il voto di ieri entra nel quindicesimo Landtag (i parlamenti regionali) su sedici. Va riconosciuto che i Freie Wähler (i Liberi Elettori, molto forti da queste parti) potrebbero aver drenato voti a destra. Ma sia a Monaco che a Berlino si aspettavano qualcosa in più. AfD peggiora il risultato dello scorso anno, perdendo più di due punti.
È anche questo il motivo per cui Horst Seehofer, potente ministro dell’Interno e già presidente della Baviera per dieci anni, è finito sotto il banco degli imputati per la storica battuta d’arresto della Csu, il partito “fratello” della Cdu di Angela Merkel, che ottiene il peggior risultato dal 1950 ad oggi (37,3 per cento) perdendo più di dieci punti rispetto al 2013 e arretrando anche rispetto alle federali del settembre 2017. Seehofer, dimessosi da presidente dopo essere diventato ministro dell’Interno, ha infatti imposto una decisa svolta a destra sia a livello nazionale che a livello regionale, terrorizzato dall’avanzata di AfD, tutta impostata sulla paura dell’invasione dei migranti. Una scelta rivelatasi inutile e sbagliata, di cui il ministro (anche lui amico di Salvini) probabilmente finirà per pagare in prima persona.
Il successo dei Verdi ha sparigliato le carte. Probabilmente non andranno al governo della Baviera, non si guadagneranno il ruolo di spauracchio prossimo venturo, ma queste elezioni hanno sancito il vincitore che nessuno, fino a pochi giorni prima del voto, aveva visto arrivare. Un exploit difficile da inquadrare, ma con degli aspetti che dovrebbero far riflettere, sia a destra che a sinistra. A fare da contraltare alla faccia felice di Katharina Schulze, infatti, c’è il crollo della Spd, che si ferma al 9,5 per cento, più di dieci punti in meno rispetto al 2013 e addirittura sei punti sotto il voto delle federali.
I Verdi hanno convito perché sono una forza politica moderna, perché hanno trovato in Baviera una leader pop e molto preparata, capace di comunicare in maniera semplice concetti semplici. Attenzione, i Grünen, nonostante gli immediati tentativi di Angelo Bonelli di intestarsi la “vittoria”, non hanno nulla a che fare con l’impianto ideologico degli ambientalisti nostrani. Si tratta di un partito molto concreto, fieramente progressista, promotore di una società aperta e multiculturale, difensore dei diritti civili, favorevole all’integrazione europea, e, ovviamente, attento in primo luogo alle istanze legate alla difesa dell’ambiente. Ma in economia hanno un approccio decisamente liberale e non temono di essere additati come partito “di destra” se si tratta di chiedere più sicurezza e più risorse per le forze dell’ordine.
Oggi, quindi, i Verdi si candidano a diventare, almeno da queste parti, la forza progressista di riferimento, con discrete possibilità di soppiantare la Spd. Motivo per il quale, molto difficilmente, accetteranno di scendere a patti con la Csu per la formazione del governo in Baviera
Un partito post-ideologico, che impone al dibattito pubblico il grande tema ambientale in maniera efficace e per niente stucchevole. Si inserisce perfettamente in un “movimento” che sta acquisendo sempre più credibilità nell’Europa continentale, dall’Austria del presidente Van der Bellen al successo di Jesse Klaver in Olanda. E, a proposito di “movimento”, non va dimenticato che i Cinque Stelle hanno costruito parte del loro successo sulle scelte politiche ambientaliste, per poi dimenticarle per strada. E lo stesso Pd, ai tempi di Veltroni, ha molto insistito – prima di abiurarla completamente, come fa notare oggi Ermete Realacci – sulla sfida dell’ambientalismo “del fare”, molto in linea con quanto si stava già muovendo da anni in Germania.
Oggi, quindi, i Verdi si candidano a diventare, almeno da queste parti, la forza progressista di riferimento, con discrete possibilità di soppiantare la Spd. Motivo per il quale, molto difficilmente, accetteranno di scendere a patti con la Csu per la formazione del governo in Baviera. Le distanze sono siderali su ambiente, immigrazione, Europa, diritti e tanto altro. E non hanno alcune intenzione di finire “arrostiti” come i socialdemocratici, falcidiati da anni di Grosse Koalition. Già un anno fa, d’altronde, è da intestare ai Verdi il fallimento dell’ipotesi di Jamaika Koalition con Cdu e Liberali per il governo federale. Più probabile ora che i cristiano-sociali (che hanno escluso qualsiasi interlocuzione con AfD) finiscano per trovare un accordo con i Freie Wähler, con cui condividono valori conservatori, religiosi e tradizionalisti.
In attesa di capire come verrà risolto il rebus a Monaco, il focus si sposta su Berlino. Nonostante il risultato, la posizione di Angela Merkel non sembra in discussione, a differenza di quella di Seehofer. E, a quanto dice la leader della Spd Andrea Nahles, anche la Grosse Koalition non è in bilico. Ma il “terremoto Verde”, che ha avuto il suo epicentro in Baviera, può cambiare molte cose. Specie se i socialdemocratici capiranno che l’intesa con forze che si spingono sempre più a destra può finire per distruggerli.