Che Paese vuoto quello che si innamora dei pistoleri, come in un brutto film western di periferia, di quelli che trasmettono a notte fonda per riempire i palinsesti e invece qui diventano un colossal che tiene banco sulle prime pagine dei giornali, apre le edizioni dei telegiornali della sera e ovviamente diventa subito preda dei politici che in mancanza di qualità politiche si sono costretti a diventare rabdomanti dello sterco nella cronaca nera.
«Aveva subito 38 furti, esasperato dormiva in ditta e si è trattato di legittima difesa dopo un tentativo di furto» ha detto oggi l’avvocato di Fredy Pacini, l’ultimo eroe del circo mediatico che chiamano sicurezza, colpevole (o meglio, meritevole) di avere ammazzato un ladro in fuga all’interno del proprio negozio e salito subito agli onori dei salvinisti (e dei meloniani di Fratelli d’Italia, loro sottomarca) per essersi fatto giustizia da solo, per avere protetto la roba come da tradizione verghiana, per avere sfruttato l’occasione di vendicarsi lì, sul posto, manu propria, dell’affronto subito senza dovere aspettare le lungaggini e le complicazioni di uno Stato di Diritto e soprattutto diventando l’ennesimo spot promozionale di una legge sulla legittima difesa che tornerà utilissima a questo governo per distrarre i cittadini dai disastri sociali e finanziari incombenti.
Sul luogo del delitto (perché almeno sul delitto viene da sperare che si possa essere tutti d’accordo) la folla festante applaude Barabba e si inebria con il sangue come in un moderno Colosseo. Gli applausi tributati a Fredy (che ha anche la fortuna di avere un nome che è già un nome d’arte senza bisogno di troppa fantasia) sono la catarsi del popolo affamato di soccombenti e di giustizieri e al galoppo anche il ministro dell’inferno Matteo Salvini corre a telefonare al novello eroe per sputarci sopra il proprio marchio di fabbrica e renderlo souvenir della propria propaganda.
I 38 furti che rimbombano dappertutto per dipingere l’esasperazione di Fredy Pacini ed elevarla a giusto movente in realtà sono molti meno: 2 denunce per furti consumati e 4 per tentati furti
Sotto l’adrenalina invece scorre il Paese reale, quello che a certa stampa ormai sembra passata la voglia di raccontare, quello che di solito se ne fotte del pistolero di turno da una parte e dell’allenatore blastatore dall’altra, quello che da tempo ha smesso di innamorarsi della superficialità come diritto e della banalizzazione come unica forma di narrazione. Nel Paese reale si scopre che i 38 furti che rimbombano dappertutto per dipingere l’esasperazione di Fredy Pacini ed elevarla a giusto movente in realtà sono molti meno: 2 denunce per furti consumati e 4 per tentati furti. Ohibò. «Non tutti i furti o i tentativi di furto sono stati denunciati da Fredy Pacini. Lui ha denunciato i casi più eclatanti fra i molti che lo hanno visto preso di mira dai ladri» dice l’avvocato di Pacini e gli amici lasciano intendere ai giornalisti che Fredy navrebbe smesso di denunciare perché “non si sentiva tutelato” e perché “le pene per i ladri sono troppo leggere”. Badate bene: è lo sdoganamento di una giustizia su misura in base all’esasperazione percepita.
“Qui non possiamo sentirci sicuri”, ripetono a Monte San Savino, dipingendo una situazione di furti a ripetizione e criminalità diffusa. I carabinieri, intanto, che hanno cominciato a indagare sull’accaduto ci tengono a dire invece che “si tratta di un episodio isolato” e che nella zona “non si era registrata una particolare attività criminale”.
Nessuno nemmeno si interroga sul fatto che lo stesso Pacini si dichiari “scosso” per l’accaduto. Lo spot è bell’e confezionato: “viva questa giustizia che se ne frega della giustizia!”
Parole che smentiscono il chiasso ma che suonano a vuoto. E mentre tutti gridano allo scandalo di Pacini che “si è difeso ed ora si ritrova addirittura indagato” nessuno si accorge della parole del procuratorie di Arezzo Roberto Rossi che ha detto: «Il fascicolo d’indagine serve anche per accertare se si versi in un caso di legittima difesa. Se si versa in un caso di legittima difesa lo potremo accertare solo dopo aver fatto le indagini».
Ciò che conta è lucrare tutto e subito, cogliere l’occasione. E nessuno nemmeno si interroga sul fatto che lo stesso Pacini si dichiari “scosso” per l’accaduto. Lo spot è bell’e confezionato: “viva questa giustizia che se ne frega della giustizia!”, è il grido degli entusiasti. In disparte senza parlare rimangono le due vittime (il ladro ammazzato e l’omicida) che sono gli unici a scontare il dolore. Ma il dolore, di questi tempi, è roba troppo buonista per trovare spazio. Tutti pronti a correre sul sangue.