Sulla catastrofe ambientale che ha colpito l’Italia, un disastro che uccide intere famiglie, adulti e bambini, stermina boschi centenari, annega aziende, c’è anche una versione complottista: nei giorni precedenti al 29 ottobre, ci informa una nota che sta girando molto sul web, nei cieli italiani «ci sono state fortissime operazioni di aviodispersioni a bassa quota». Seguono immagini satellitari attribuite alla Nasa che dimostrerebbero «l’irraggiamento di onde elettromagnetiche» le quali avrebbero prodotto una tempesta distruttiva, guarda caso dopo le durissime critiche UE alla nuova finanziaria». Farebbe ridere se non sapessimo che l’antiscientismo delle catastrofi non è solo cosa da estremisti matti ma ha anche un suo fronte moderato, una sua versione light con numerosissimi seguaci.
Se gli ultras favoleggiano di cannoneggiamenti chimici, un largo pezzo d’Italia segue convinto la superstizione che le regole urbanistiche, edilizie, di manutenzione, siano una sovrastruttura della modernità, un’inutile briglia alla pratica del «si è sempre fatto così». Questo pezzo d’Italia continua a costruire sugli argini, in riva a torrenti e canali idraulici senza protezione, sotto picchi franosi. Concede condoni a chi lo fa, taglia i fondi alla prevenzione e alle opere sul territorio, ignora con ostinazione ogni norma che impone demolizioni o messe in sicurezza, con il segreto retropensiero che la parola “ambiente” sia un’invenzione del politicamente corretto, un orpello, una bugia.
Quelli delle scie chimiche delirano, ma sono fuori dal tempo e dal mondo pure tutti i soggetti che, da un paio di decenni, mettono le opere ambientali in coda all’elenco delle priorità, giudicando gli eventi catastrofici legati alla natura – i crolli dopo i terremoti, le esondazioni assassine, le frane delle colline mai rimboschite – come qualcosa di inevitabile, un pedaggio che è normale pagare al capriccio degli dei o del meteo. Il resto d’Europa non ha questa idea. Paesi più giovani e meno superstiziosi da tempo mettono la cura del territorio (non la conservazione allo stato brado: le infrastrutture e l’urbanizzazione ordinata) in cima alla lista. Il successo continentale dei Verdi, non solo in Germania, ci dice che dove c’è sviluppo e senso del futuro la tutela ambientale è un tema politicamente importante perché è diffusa la consapevolezza di un cambiamento climatico in corso e della necessità di attrezzarsi affinché le sue conseguenze non siano devastanti.
Da noi, nel più recente sondaggio sulle richieste del Paese alla politica, la necessità di «combattere l’inquinamento e il dissesto del territorio» è rimasta fuori dai primi dieci posti, molto al di sotto di «proteggere l’Italia dalla minaccia terrorista
Da noi, nel più recente sondaggio sulle richieste del Paese alla politica (Cise, febbraio 2018, poco prima delle elezioni), la necessità di «combattere l’inquinamento e il dissesto del territorio» è rimasta fuori dai primi dieci posti, molto al di sotto di «proteggere l’Italia dalla minaccia terrorista» anche se in Italia il terrorismo non ha fatto, di recente, nemmeno un morto mentre le vittime di alluvione, strade crollate, scosse sismiche, si contano a centinaia. Nel settembre scorso un altra inchiesta demoscopica (Lorien Consulting) aveva domandato a un campione di italiani quale fosse il punto del Contratto di governo di maggior urgenza e interesse: le «opere infrastrutturali e il contrasto al rischio idrogeologico» avevano raccolto appena il 14 per cento dei consensi.
Perché siamo così indietro, perché la nostra sensibilità è così differente da quella dell’europeo medio che ha ben presenti i rischi dell’abuso ambientale e ne combatte anche la devastazione estetica? Fra l’altro siamo anche il solo Paese che ha messo in Costituzione la tutela del paesaggio, all’Articolo 9, dove in modo solo in apparenza bizzarro questo tipo di garanzia è associato alla promozione «dello sviluppo della ricerca scientifica e tecnica». Forse i nostri bisnonni sapevano meglio di noi che la cura dell’ambiente è sinonimo di modernità esattamente come il progresso in altri campi. Forse siamo diventati addirittura più vecchi e arretrati di loro, un Paese ottocentesco che guarda il cielo facendo gesti scaramantici, e quando si tratta di proteggere le case attacca un ferro di cavallo alla porta piuttosto che incalzare il sindaco a tener puliti gli scolmatori, o costruirne di nuovi.