CampaniliIl problema di Milano? Che si sente Parigi, mentre è ancora provinciale come Avellino

La questione della chiusura domenicale irrisa dal sindaco milanese Sala, è un particolare insignificante. Una città leader nel mondo non ha bisogno di paragonarsi ad Avellino. Il fatto è che Milano si sente ancora provinciale. E si vede

La proposta di tenere chiusi i negozi la domenica – come ha spiegato il vicepremier Salvini –serve a tutelare il “diritto al riposo” dei lavoratori. Francamente, che il Governo tenesse molto al riposo dei cittadini non avevamo dubbi: visti i contenuti della manovra e i dati sulla crescita, sembra anzi stia facendo di tutto per farci stare a casa non solo la domenica, ma pure durante i giorni feriali.
Bene ha fatto, quindi, il Sindaco di Milano Beppe Sala a rispedire al mittente la quotidiana proposta della maggioranza data in pasto all’opinione pubblica con il solo scopo di parlare d’altro, per evitare di parlare di una lista di promesse non mantenute ormai lunga e oscena come quella dei commenti sotto a una foto di Diletta Leotta su Instagram. Tuttavia, le parole scelte dal Sindaco tradiscono un problema ugualmente importante, soprattutto per chi pensa che il rilancio del Paese debba passare necessariamente dalle guglie del Duomo.

Quando Sala irride Di Maio, dicendogli che se proprio vuole la chiusura domenicale “se la faccia nella provincia di Avellino” dà voce alla sacrosanta frustrazione di una città alle prese con un problema politico enorme: quello di dover fare la gara con metropoli come Londra, Parigi, Amsterdam senza avere uno straccio di appoggio e di legge speciale dal Governo centrale che ne aiuti la crescita. Eppure, nello stesso tempo, dentro quello sciagurato paragone con Avellino c’è dentro anche un condensato di tutto quello che non funziona di Milano, ovvero di quella mentalità nociva e provinciale che ancora le impedisce di diventare adulta.

È immaginabile pensare al sindaco di Londra che per fare un esempio di un posto sfigato per antonomasia tiri in ballo Birmingham? E il sindaco di Parigi che per rivendicare la grandeur della città inviti a guardare il siderale divario con Ajaccio? E per allargare lo sguardo oltre l’Europa – e citare una città che non sia capitale – è possibile che il Sindaco di New York utilizzi come metro di giudizio della Grande Mela il gap tra i grattacieli di Manhattan e le rovine industriali di Detroit? Ovviamente no, giacché non esiste Londra senza Regno Unito, Parigi senza Francia o New York senza Sogno Americano sullo sfondo.
Il ventunesimo sarà pure “il Secolo delle città”, ma le grandi metropoli internazionali non esistono come città-stato autonome e mai esisteranno, essendo – al contrario – le locomotive dei loro Paesi di riferimento, capaci di caricarsi sulle spalle il resto per fare sistema.

Dentro quello sciagurato paragone di Beppe Sala con Avellino c’è dentro anche un condensato di tutto quello che non funziona di Milano, ovvero di quella mentalità nociva e provinciale che ancora le impedisce di diventare adulta

Milano, al contrario, si ostina a voler fare per conto suo, considerandosi come un corpo separato che con il resto del proprio Paese non vuole avere nulla a che fare. Non avamposto d’Italia in Europa insomma, ma avamposto d’Europa in Italia, con l’effetto di diventare una città figlia di nessuno, capace di crescere fino a un certo punto ma incapace di andare oltre.

È giusto chiedere leggi speciali e protestare quando esse non arrivano o quando – peggio ancora – le proposte che arrivano dal Governo dei dilettanti allo sbaraglio minacciano di essere addirittura punitive. Ma prima bisogna smetterla di perdersi in battaglie inutili contro altre città italiane solo per volere primeggiare a tutti i costi, collezionando etichette inutili e primati sterili. Un esempio su tutti quella Spoon River di “Tempo di Libri”, una fiera deserta come i villaggi abbandonati del vecchio west, inventata di sana pianta solo per rompere i maroni a Torino e scavallarle il primato nel settore fieristico dell’editoria. O la sconcertante rissa di vaiasse andata in scena per l’Olimpiade, una cosa impossibile da ipotizzare in qualunque altra nazione evoluta al mondo e che una città con la dichiarata ambizione di essere tra le prime al mondo non può assolutamente permettersi (a proposito di “neve”, forse sarebbe stato meglio occuparsi una volta per tutte del Parco Nazionale dello Spaccio di Rogoredo).

La priorità per Milano – a per il suo Sindaco – è esattamente questa: fuggire al più presto dal proprio fighettismo rampante rappresentato da slogan tipo “Yes Milano”

La vocazione di Milano, dal Risorgimento agli anni ’80, passando per quelli del miracolo economico, è sempre stata quella di mettersi alla guida del Paese, senza aspettarsi niente da nessuno, a prescindere da chi fosse al Governo. Pensare che possa esistere da sola e fare a meno del resto, vergognandosene un po’, è una risultanza del primo leghismo, un’idea destinata a restare minoritaria: non a caso, Salvini se ne è immediatamente liberato.
Sala avrebbe dovuto dire a Di Maio che la chiusura domenicale sarebbe sbagliata anche ad Avellino, perchè Avellino deve diventare più simile a Milano. Marcando la differenza, invece, ha dato ragione a Di Maio che lo ha definito “un fighetto”.

La priorità per Milano – a per il suo Sindaco – è esattamente questa: fuggire al più presto dal proprio fighettismo rampante rappresentato da slogan tipo “Yes Milano” – l’agghiacciante motto neo-paninaro con cui si è deciso di pubblicizzare la citta’ sui manifesti – e invece di rimirarsi nello specchio della Nuova Darsena chiedersi cosa le manchi per colmare il gap non solo con Londra o Parigi ma pure con Amsterdam e ormai perfino con Stoccolma e Dublino – stando ai dati Teleport, il sito web dei creatori di Skype che classifica le città del mondo attraverso parametri oggettivi, in primis gli stipendi medi.
Altrimenti resti pure in coda fuori da Starbucks, contenta perché ad Avellino non hanno mai visto niente di simile. Ognuno ha le soddisfazioni che si merita.

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