Quando si pensa al trasporto pubblico del futuro, forse affascinati da decenni di letteratura e cinema, ci immaginiamo navicelle volanti che sfrecciano da un punto all’altro della città. Forse per questo dovremo attendere ancora un po’, ma di sicuro chi sta plasmando con la sua mente il trasporto del futuro è Tommaso Gecchelin, fondatore di Next Future Transportation.
Accento veneto, capelli rossicci, una laurea in fisica in tasca e un lavoro nella Silicon Valley, dove qualche anno fa ha portato il suo progetto visionario. Si tratta di cabine poco più lunghe di una Smart, simili a vagoncini di autobus completamente elettrici e che si guidano da soli. Al loro interno sedie e posti in piedi, ma anche, all’occorrenza, angoli bar, bagni e tavoli. Chi pensa a una versione deluxe e compatta di un bus, è però fuori strada: i mezzi Next Future Transportation sono pienamente smart e interconnessi. Ci si trova a piedi in un qualsiasi punto della città? Con la app dedicata si può chiamare il veicolo che ci raggiunge e ci porta nel posto desiderato. Certo, non esiste una cabina per ciascuno, ma le persone condividono lo stesso spazio a seconda che abbiano richiesto una destinazione comune.
E se c’è particolare bisogno di posti o c’è l’esigenza di sfruttare un angolo bar, nessun problema, perché le cabine si possono agganciare in corsa. Senza l’ausilio di personale umano, si intende. Tutto automatizzato.
Per realizzare un progetto del genere servono competenze di robotica, informatica avanzata, ottica. È stato possibile solo creando un team, per altro nel nostro caso interamente padovano
Mica roba da poco. «Per realizzare un progetto del genere», ha spiegato Gecchelin, «servono competenze di robotica, informatica avanzata, ottica. È stato possibile solo creando un team, per altro nel nostro caso interamente padovano».
Dal Veneto alla Silicon Valley, dunque, passando per gli Emirati. Già, perché anche quando Next Future Transportation era ancora un embrione c’era qualcuno che scommetteva sull’idea di Gecchelin. Era il 2016 e Tommaso presentava prototipi in scala 1:10 della sua invenzione al Dubai Future Accelerator, davanti e a investitori pubblici e privati. Bingo! L’idea piacque da subito e nel giro di un anno Gecchelin e il suo team avrebbero portato a Dubai i primi veicoli funzionanti per il trasporto cittadino.
Quando li vedremo in Europa? Forse una decina d’anni, dice lui. Serviranno investitori, partnership e infrastrutture adatte a ricevere Next. Niente di impossibile, comunque, soprattutto perché di “impossibile”, nella storia di Tommaso, non ci può essere nulla. E allora, come scrive sul suo sito, un giorno magari Next potrà essere usato al posto dell’auto privata, o dalle aziende per fare affari in movimento, o magari al posto dei camper – con tanto di letto – per gli avventurieri vacanzieri, e infine, certo, come mezzo pubblico. Ma molto più pratico di quelli che ora girano in città: «Pensate a un autobus lungo 12 metri. Certo, nell’ora di punta mi può servire, ma alle 11 di sera mi può bastare un modulo di due metri». E così si ingombra meno per le strade, si risparmia e ci guadagna pure il pianeta.