Die Merkel-Dynastie. La dinastia di Angela non si ferma e proseguirà anche oltre la Cancelliera. Aprono con la celebrazione dell’ultimo trionfo i quotidiani e i siti tedeschi, dopo che il congresso della Cdu ha eletto nuovo presidente del partito “la delfina”, poco conosciuta al mondo ma molto nota in patria, anche grazie all’acronimo che la identifica in maniera molto inequivocabile: AKK. Segnatevi queste tre lettere, che stanno per Annagret Kramp-Karrenbauer, ne sentirete molto parlare.
L’ultima, grande, per qualcuno inaspettata, vittoria di quella che un tempo fu per tutti i tedeschi semplicemente Mutti, si consuma ad Amburgo, in una sala riempita dai 1001 delegati che hanno deciso quale sarà il futuro del partito più grande di Germania. Non era, non poteva essere un congresso come tutti gli altri. Dopo diciotto anni alla guida dei cristiano-democratici, Angela Merkel, lo scorso 29 ottobre aveva annunciato il suo passo indietro immediato nel partito e, in contemporanea, la rinuncia ufficiale a correre alle prossime elezioni federali, in programma nel 2021.
Decisive furono le debacle subite dalla Cdu e dal suo partito gemello, la Csu, prima in Baviera e poi in Assia, dove, ottenendo il 27 per cento dei voti, più di 11 in meno rispetto alle precedenti elezioni, la Volkspartei che governa la Germania dal 2005 ha registrato il minimo storico. Una botta che la Cancelliera non è più stata in grado di sopportare e che l’ha obbligata a fare i conti con la realtà. D’altronde il percorso era tracciato, già dal giorno dopo le elezioni federali del settembre 2017, quando Merkel fu messa sotto processo all’interno del suo partito per il pessimo risultato e per aver favorito, con la sua politica dell’accoglienza nei confronti dei migranti, l’avanzata dell’estrema destra di Alternative für Deutschland.
E si è arrivati così al congresso di Amburgo, con Angela, abituata ad essere eletta per acclamazione alla guida della Cdu, in una inedita posizione di debolezza. La destra interna al partito, guidata dai giovani rampanti, Jens Spahn su tutti, era pronta a ribaltare l’impostazione politica del partito, facendolo virare su posizione decisamente più intransigenti sul fronte immigrazione, sicurezza, Europa, spesa sociale. Ed aveva trovato in Friedrich Merz, ancora più che l’attuale ministro della Sanità, il cavallo su cui puntare per scrivere la parola fine all’era Merkel. Più esperto, più credibile, più più affidabile del suo giovane collega.
E invece le cose sono andate diversamente. Già dal suo discorso, l’ultimo da leader della Cdu, si è capito che la Cancelliera era tutt’altro che in ritirata. «La Cdu non esclude nessuno, la politica è guardare le cose con gli occhi delle persone», ha detto. Nessun pentimento, nessuna marcia indietro, nessun cedimento. Stilettate pesanti al suo ex ministro delle Finanza Wolfgang Schaeuble, colpevole di essere salito con opportunismo sul carro di Merz, che evidentemente considerava il vincitore designato. Ma soprattutto ha messo sul palco di Amburgo tutto l’orgoglio di aver guidato per tredici anni un Paese che, nel pieno della bufera economica mondiale, non ha mai conosciuto il significato della parola crisi. I quindici minuti di standing ovation riservati dalla platea l’hanno commossa e rinfrancata.
Poi si è passati alla conta. Il primo turno è finito, come previsto con un nulla di fatto: 450 preferenze per Kramp-Karrenbauer, 393 per Merz, 157 per Spahn. Numeri che hanno fatto pensare ad un lieve ma consistente vantaggio per gli anti-merkeliani. E invece, al secondo turno, è arrivata la sorpresa. AKK eletta presidente della Cdu con 517 voti, pari al 51,75%, Merz, il nemico giurato della Cancelliera, fermo al 48,25 %, con 482 voti.
La “mini-Merkel”, come l’hanno soprannominata i giornali tedeschi, ce l’ha fatta. Angela può esultare. Nessuna svolta a destra per la Cdu, che comunque ora dovrà fare i conti con un partito praticamente spaccato a metà.
Obiettivo della Kramp-Karrenbauer sarà quello di limitare i danni e mantenere la barra dritta, cercando di fermare l’emorragia di voti sia a destra, verso AfD, sia a sinistra, verso i Verdi, dato che la Spd è ormai in stato comatoso
Ora toccherà alla sua erede prendere il timone e affrontare le grandi sfide che si stagliano all’orizzonte dei cristiano-democratici. 57 anni, 35 dei quali passati al servizio della politica, AKK si presenta come l’ultimo volto veramente vincente del partito, forte della rielezione con percentuali bulgare ottenuta in Saarland, il più piccolo dei Länder tedeschi al confine con la Francia. Oltre il 40 per cento, in un momento storico in cui la Cdu fatica a raggiungere il 30. Tanto forte e tanto legata alla linea merkeliana, che Angela l’ha fatta diventare segretario del partito il 26 febbraio di quest’anno, dopo averla messa al centro della squadra che ha condotto le trattative per la formazione del governo con la Spd.
La sua storia personale è diversa da quella della Cancelliera. Viene da una famiglia cattolica, è conosciuta per essersi opposta al matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma anche per essere una forte sostenitrice dei diritti dei lavoratori e dei diritti degli immigrati, tema su cui si è scontrata molto spesso con la CSU, che negli ultimi anni, per una rincorsa su AfD rivelatasi fallimentare, si è spostato sempre più a destra.
Le sfide, in un 2019 che si annuncia rovente, non mancheranno. A livello di Land, si vota in tre Stati della ex Germania Est, Sassonia, Brandeburgo e Turingia, bacino di voti privilegiato dei populisti di destra, che puntano a raggiungere percentuali superiori al 20%. Per non parlare delle elezioni europee di maggio, da sempre aperte a risultati anche a sorpresa. Obiettivo della Kramp-Karrenbauer sarà quello di limitare i danni e mantenere la barra dritta, cercando di fermare l’emorragia di voti sia a destra, verso AfD, sia a sinistra, verso i Verdi, dato che la Spd è ormai in stato comatoso. Non sarà per niente facile, ma sicuramente potrà contare sull’appoggio di Angela. Forte della sua ultima, storica, vittoria.