Chi cammina nei palazzi più antichi del Giappone si accorgerà subito di una cosa: i pavimenti in legno scricchiolano. Tantissimo. Non è né colpa del tempo, che potrebbe aver danneggiato la qualità del materiale, né degli artigiani dell’epoca. Semmai è un loro merito. Più un pavimento faceva rumore durante il passaggio di una persona e più era considerato di qualità.
Era, di fatto, il loro rudimentale segnale di allarme: in assenza di laser e CCTV, il pavimento segnalava in modo inequivocabile l’avvicinarsi di una persona. Si chiamava “uguisubari” ed era costituito con un’architettura semplicissima e ingegnosa: tavole di legno puntellate da travi – vicine abbastanza da non essere staccate, ma lontane abbastanza per creare uno spazio di movimento.
E così, quando qualcuno camminava sulle tavole, queste si piegavano e i morsetti attaccati stridevano sfregando alcuni chiodi attaccati alle travi. Il tutto creava un rumore inevitabile e inconfondibile.
Questo permetteva al signore che viveva nella struttura (erano sempre persone molto ricche e potenti, visto che gli “uguisubari” richiedevano molti soldi e manodopera specializzata) di essere sempre pronto quando arrivava qualcuno. Già, ma come distingueva le visite “amiche” da quelle non autorizzate?
Molto semplice: coloro che facevano parte della sua cerchia di fedelissimi – cioè gli stessi che avevano accesso alla sua abitazione – avevano l’ordine, quando si avvicinavano al signore, di tenere un ritmo di passo ben preciso, concordato in precedenza e noto solo a loro. Se il suono non seguiva questi schemi, il signore dava l’allarme.
(Poi certo, i pericoli peggiori venivano dai tradimenti compiuti dagli stessi fedelissimi di cui sopra. Ma contro quelli non esistono protezioni efficaci nemmeno oggi).