Si sa fin troppo bene quanto possa essere difficile e gravoso il Natale con la famiglia riunita. Tolta l’arcinota e ormai stucchevole malinconia delle feste, rimangono una serie di ostacoli concreti che fanno sentire il peso preventivo della fatica anche ai più rassegnati e festaioli. Tra gli scogli più importanti da oltrepassare c’è il tradizionale pranzo di Natale – o cenone della vigilia, o entrambi – in particolare per quanto riguarda la conversazione. Diceva il bon ton: “A tavola vietato parlare di politica e di religione”, con l’aggiunta occasionale di un terzo argomento “libero”, dal calcio alla dieta vegana, a seconda dei valori fondanti del nucleo familiare.
Eppure, per qualche ragione, la politica e l’attualità non mancano mai dall’agenda delle riunioni di famiglia. Forse perché è dagli anni ’60 che sono diventate teatro prediletto dello scontro generazionale; o perché – e questo da sempre – sono l’occasione per dare sfogo a vecchie rivalità malcelate; oppure, probabilmente,perché toccare gli argomenti proibiti offre un brivido in grado di scongiurare la noia innescata dalla ricorrenza. Fatto sta che c’è sempre uno zio (ma potrebbe essere anche una zia o un nonno) che al terzo bicchiere di vino si accende di vis polemica e decide di provocarvi, tirando in ballo proprio uno di quegli argomenti spinosi su cui sa che avrete un’opinione opposta.
Una dinamica piuttosto banale, che di questi tempi si intreccia a doppio filo con una questione più complessa e più che mai all’ordine del giorno: come neutralizzare le fake news, come dibattere su questioni scientifiche con chi non crede agli studi scientifici e altre variazioni sul tema. Siamo tutti araldi di una o dell’altra corrente, tutti membri di quelle tribù che, per semplificare, Walter Quattrociocchi chiama“dei complottisti” e “degli scettici”. Inutile fingere il contrario: questo articolo è per la mia tribù e per quelli che hanno bisogno di armarsi di vino e di pazienza per arrivare a Santo Stefano.
Antipasti
Innanzitutto: cosa non fare per evitare di cadere in un esercizio polemico fine a se stesso. Vediamo lo zio di persona una volta l’anno: tanto vale approfittarne per provare a spezzare il cortocircuito comunicativo che caratterizza l’interazione sui social. È abbastanza noto come da solo il debunking (cioè smentire le bufale) serva a poco. Quattrociocchi se n’è occupato in modo ampio prima con Debunking in the World of Tribese ora con Liberi di crederci. La causa principale della diffusione di teorie infondate non è la mancanza di cultura o la scarsa informazione; le teorie del complotto e le pseudoscienze rispondono a esigenze psicologiche e sociali che non si possono liquidare con qualche dato o citando smentite illustri, anche perché quella che per noi può essere la più incontrovertibile delle fonti può non avere la stessa autorità agli occhi del nostro polemico zio. E questo già ci porterebbe a un vicolo cieco dal quale è ben difficile uscire.
Bisogna poi ricordare che i nostri bias cognitivi – perché la ragione umana non è solo condizionata dalle emozioni, come direbbe il signor Spock, ma anche da come funziona la ragione stessa – sono in parte amplificati dal nostro uso di internet, soprattutto il biasdi conferma. Le informazioni che ci raggiungono non sono le stesse per tutti, perché sociale motori di ricerca privilegiano i contenuti più in linea con i nostri gusti personali. In pratica, ci informiamo per rafforzare le nostre idee e circondarci di rassicuranti conferme. Almeno in prima istanza.
Primi piatti
Tenendo presente questi aspetti, e volendo intraprendere un dibattito che abbia la minima speranza di essere fruttuoso, bisogna quindi seguire due comandamenti. Primo: l’obiettivo dev’essere quello di instillare un dubbio, anche vago. Nulla di più (e sarà già un buon risultato).
Secondo: la strategia dev’essere quella di ascoltare molto e fare domande: niente affermazioni saccenti. Lo dice qualcuno di più informato – e molto paziente – di me: Ciccio Napolitano, Ricercatore in Bioinformatica e Biologia Computazionale che qualche mese fa, su Quora, ha risposto brillantemente a questa domanda: Come si può discutere di un risultato scientifico con qualcuno che sostiene che gli articoli scientifici siano finanziati dalle lobby e quindi di parte?
Senza entrare nel merito della questione – e non lo faremo nemmeno noi – la risposta di Napolitano si concentra sulla strategia argomentativa. I suoi suggerimenti sono in linea con la riflessione sollevata, per esempio, da Valigia Blu sui modi più efficaci di fare comunicazione scientifica. Da noi i dibattito è stato innescato soprattutto dalle polemiche legate al metodo Burioni – noto anche come “Metodo io so’ io e voi non siete un cazzo” – ma nell’ambiente scientifico internazionale se ne parla da tempo. Con tutte le attenuanti dell’esasperazione e il rispetto per il suo sapere specialistico, l’approccio “dall’alto verso il basso” di Roberto Burioni galvanizza la propria fazione ma sui detrattori finisce per produrre un backfire effectche non fa che arroccarli ulteriormente sulle proprie posizioni. Come spiega Antonio Scalari su Valigia Blu, gli studiosi di comunicazione della scienza stanno da tempo sperimentando un metodo che coinvolga di più il pubblico, visto non più come “recipiente passivo di nozioni ma come soggetto attivo nel processo di trasferimento della conoscenza”.
D’altra parte lo stesso motto “la scienza non è democratica”, per quanto polemico e accattivante, apre la diatriba a temi molto ampi e complessi – “scienza” e “democrazia”, appunto – che ci portano fuori strada rispetto all’argomento della nostra diatriba con lo zio, sia esso i vaccini o il piano Kalergi. Lo dice anche il dottor Brendan Nyhan su Vox: mai portare la conversazione sui massimi sistemi, se si vuole sortire qualche effetto.
Secondi
La prima cosa da evitare, secondo Ciccio Napolitano, è fare in modo che il tuo interlocutore ti categorizzi come avversario: “Se comincia a dire ‘voi’ quando parla con te”, spiega: “hai fallito: sei diventato un’astrazione ideologica da combattere a prescindere. Qualunque cosa dirai sarà ricondotta ad un copione prestabilito, per il quale è previsto un catalogo di risposte standard”. Ora, non so vostro zio, ma nel caso dei miei parenti il “voi” (spregiativo e non maiestatis) partirà prima ancora di iniziare la conversazione. Più che incalzarlo con un polemico “Voi chi?” rispondete ponendo l’accento sulla vostra individualità (“Io penso che…”), cercando di riportare il discorso a un cordiale a tu per tu.
Ma attenzione: non è il momento di sciorinare fatti, dati o di ergersi a campioni della logica consequenziale. La naturale reazione sarebbe – nel migliore dei casi – mettersi sulla difensiva. La chiave per vincere, dicevamo, è piuttosto fare domande. Interessarsi al suo punto di vista, chiedergli di approfondire (qualche informazione utile potrebbe pure averla), cercare di capire le sue ragioni e sottolineare gli spunti comuni e gli aspetti di convergenza (qualcuno deve pur esserci). Per esempio, se si parla di vaccini, dare per vero il presupposto che la “la scienza non è infallibile” (innegabile) e che l’industria farmacologica, come ogni altra, agisce per interesse economico.
Perché le domande e le richieste di approfondimenti sono efficaci? Perché, se i riscontri di una tesi sono deboli, porteranno inevitabilmente a incertezze e contraddizioni. Scrive Napolitano: “Chiedigli di queste lobby, chi sono, quali interessi hanno. Se ti dice cose tipo ‘big Pharma impone le vaccinazioni ai governi’, chiedigli quanto costano i vaccini e quanto costano le cure delle malattie che prevengono, ma non in tono provocatorio”. Fallo parlare: “non è abituato a qualcuno che lo ascolti oltre gli slogan che ha imparato a memoria. Si troverà di colpo scoperto su un terreno di battaglia sconosciuto”.
Panettone e/o Pandoro
Mantenere un atteggiamentopolite fino al dolce non è cosa semplice. Se fino ad ora avete sofferto, questo è il momento di un – parziale – riscatto. Il panettone è l’occasione perfetta per iniziare a fargli sospettare che potresti saperne più di lui. “Fallo ancora domandando”, suggerisce Napolitano, utilizzando sempre l’esempio dei vaccini: “Digli: ‘No, perchénel 2015 le cure dei pazienti non vaccinati sono costate 7.1 miliardi di dollari negli USA, che tu sappia i vaccini costano di più?’. Oppure digli ‘ah, quindi è stato dimostrato che i casi di Sudden Infant Death Syndrome erano dovuti ai vaccini? Quindi nei bambini vaccinati si verifica più spesso che in quelli non vaccinati?’”. E così via fino al caffè, ricordandosi sempre che l’obiettivo non dev’essere mai irritare l’interlocutore.
Caffè e ammazzacaffè
La tentazione di blastare potrebbe essere troppo forte. Per prendersi qualche soddisfazione senza fallire l’obiettivo ci sono alcuni spunti su cui fare leva, che non solo sono facilmente comprensibili, ma anzi, potrebbero essere nelle corde di un uomo dal sedicente temperamento pratico come lo zio. Uno su tutti: il cash. I siti di pseudo scienze e affini, per esempio, sono spesso molto ricchi di pubblicità, con tanti banner di prodotti e servizi di medicina alternativa: questo è sotto gli occhi di tutti. Farlo notare può iniziare a decostruire la visione manichea di un Golia guidato dall’avarizia più spietata contro dei Davide animati solo dalla ricerca della verità.
Inoltre, la scienza ben fatta costa. Stati e privati investono budget giganteschi su progetti attentamente selezionati. Lo fanno perché l’attuale livello di ricerca richiede macchinari complessi, costosi e gruppi di ricerca numerosi. E lo fanno perché si tratta di progetti ben studiati, con buone speranze di riuscita. Inventare storie accattivanti e verosimili è decisamente più economico. Soprattutto se lo si paragona a tenere sul proprio libro paga l’intera popolazione mondiale dei ricercatori. La conversazione sta iniziando a stancarti, la digestione è entrata in moto e inizia a provocare sonnolenza. Non preoccuparti se lo zio non è rimasto folgorato dalle tue tesi e non ti ha accolto come il messia venuto a illuminare il sonno della ragione. Non era il tuo obiettivo.
Tra un anno, il prossimo round. Lascia languire un po’ la conversazione e offriti di sparecchiare per troncarla del tutto. E concediti un altro giro di amaro: te lo sei meritato.