Grandi spese in previsione per imbandire la tavola a Natale? Macché, gli italiani, persino loro, quelli noti in tutto il mondo per il loro amore per il cibo, frenano pure su quello. A dieci anni dall’inizio della crisi e a sette mesi da quello del governo Lega-M5S, la fiducia nel Paese e nella sua economia è scarsa, i consumi si sono contratti, e la grande distribuzione è in difficoltà.
Secondo le stime riportate da Conad, colosso del settore con un fatturato da 13,4 miliardi nel 2018, malgrado le aspettative in leggero aumento, appena il 16% degli italiani crede nella ripresa del mercato del lavoro, a fronte di un 40% a livello europeo, e solo il 32% è ottimista riguardo alle proprie finanze. Non solo: appena il 25% ritiene che sia il momento giusto per fare acquisti.
Se non faremo un Natale a pane e acqua (siamo sempre in Italia, dopotutto!), comunque rimane un fatto: da un anno a questa parte, la crescita si è arrestata e l’alimentare non traina più. Anche se il settore resta pur sempre uno dei giganti della nostra economia, con un fatturato complessivo da 75 miliardi e 1,5 milioni di posti di lavoro.
Ma quali transizioni sta attraversando la grande distribuzione? Intanto, un primo fatto di cui bisogna prendere atto è che, nel panorama degli store alimentari, ci si sta muovendo (o meglio, si sta ritornando) verso una “prossimizzazione” degli acquisti. In altre parole, si compra di meno ma più frequentemente. Il che contribuisce a tenere sotto controllo il bilancio familiare.
Si compra di meno ma più frequentemente. Il che contribuisce a tenere sotto controllo il bilancio familiare
Al contempo, stanno cambiando le abitudini alimentari: in particolare, si guarda alla sostenibilità e si fa sempre più attenzione ad alimentarsi “bene” (cioè con pochi zuccheri e grande attenzione all’integrale, ai cibi ricchi di fibre, al 100% italiano). E il fenomeno del gluten-free, che per un periodo era stato così di moda, si sta via via sgonfiando.
E i prezzi? Polarizzati: a vincere sono i prodotti “premium” e quelli a prezzi molto bassi, mentre i prodotti mainstream finiscono in negativo, insieme ai marchi leader, che scadono rispetto ai piccoli brand.
Cavalcare questi cambiamenti non è facile. Tanto più se ci si mette la politica. Tra la polemica sulle aperture domenicali e la questione della sicurezza alimentare, «sembra che i danni al Paese li faccia tutti la grande distribuzione», dice senza troppi giri di parole Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, in occasione della presentazione del bilancio di fine anno. «Peccato che il 70% degli italiani dichiari di volere i negozi aperti la domenica», puntualizza.
Per rispondere più efficientemente ai bisogni dei clienti, Conad ha iniziato a puntare sull’attrattività e la prossimità, con nuove aperture e ristrutturazioni dei punti vendita. E la strategia si è dimostrata vincente: tra i concorrenti del mercato, Conad è l’unico ad aver registrato una crescita stabile nell’ultimo decennio, anche durante gli anni della crisi, arrivando ad aumentare il suo fatturato del 50% dal 2006 ad oggi. Questo grazie alla politica dei prezzi. Ad esempio, l’operazione “Prezzi bassi e fissi”, le promozioni di Conad sui prodotti di base della spesa come pane e latte (nel 2018 oltre 500 prodotti sono stati ribassati di una media del 30%), sono arrivate a generare nel 2018 un risparmio di 717 milioni di euro sul territorio italiano solo nel largo consumo confezionato, pari a 1.645 euro all’anno per famiglia.
Gli acquisti sono polarizzati: a vincere sono i prodotti “premium” e quelli a prezzi molto bassi
Vincente anche la diversificazione oltre i prodotti alimentari. Le parafarmacie Conad, la vendita di carburanti e le colonnine di ricarica per le auto elettriche, insieme alle nuove frontiere dei negozi di ottica e i pet store, fanno tutti parte di una strategia orientata alla crescita e alla prossimità verso il cliente, diventato sempre più esigente e puntuale.
«Noi crediamo che in Italia si possa fare impresa, malgrado un apparato burocratico che sembra fatto più per impedire il fare che non per favorirlo», dichiara l’ad. Un esempio? Ben 150 delle richieste di autorizzazione di Conad per l’installazione di collonine di ricarica per le auto elettriche sono ferme da otto mesi. Avendone ad oggi installate 54 e puntando ad averne 250, chissà quanto potrebbe volerci per uscire dal ginepraio burocratico del settore.
Oppure, nello stesso ambito alimentare, il tema della sicurezza del cibo: sapevate che sull’integrità e sanità dei prodotti intervengono ben cinque ministeri e 27 organismi di controllo? «Avremo pure la la migliore legislazione d’Europa in quanto a sicurezza del consumatore», ammette Pugliese, «ma sicuramente la necessità di semplificare c’è».
Sembra che i danni al Paese li faccia tutti la grande distribuzione. Peccato che il 70% degli italiani dichiari di volere i negozi aperti la domenica
E lì, però, non potrà essere la grande distribuzione a risolvere il problema. «Io auspico che il cambiamento di questo governo sia l’attivismo e non l’“attimismo”», conclude l’Ad, riferendosi alla battuta di un comico che in tv puntava il dito contro la tendenza del governo ad agire per slogan. «Noi cresciamo facendo investimenti per lo sviluppo e tutelando il potere d’acquisto degli italiani. L’occupazione è un tema rilevante per la ripresa del Paese e dovrebbe avere il sostegno del governo». Sulle chiusure nei festivi la partita è ancora aperta. Almeno a Natale, però, possiamo lasciare da parte le polemiche. O forse no?