Le elezioni regionali in Andalusia dello scorso 2 dicembre sono una svolta storica per la Comunità autonoma ma anche per la Spagna. È la prima volta infatti dalla fine della dittatura di Francisco Franco che l’estrema destra entra nelle istituzioni regionali in Spagna, e lo fa proprio nella Comunità governata per 36 anni dal Partito Socialista (Psoe). Il principale partito di sinistra spagnolo, pur confermandosi prima forza politica della regione ottenendo 33 deputati, è lontano dalla maggioranza assoluta di 55 seggi necessaria per governare senza dover scendere a compromessi con le altre forze politiche. Al secondo posto il Partito popolare, che ha eletto 26 deputati, seguito da Ciudadanos con 21 e il partito locale Adelante Andalucia (unione di Podemos e altre formazioni di sinistra) con 17.
Ma la grande protagonista è indubbiamente Vox (La voce del popolo) che conquistando ben 12 seggi entra nel panorama politico spagnolo sfondando la porta e cogliendo completamente impreparati gli avversari e soprattutto i sondaggisti. Vox ha infatti raccolto l’11% dei voti, a fronte dell’esiguo 4% a cui si pronosticava fosse destinata.
La soddisfazione da parte dei sostenitori di questo partito di estrema destra, fondato nel 2013 e passato negli ultimi mesi da tremila a undici mila iscritti, è ovvia, come quella del suo presidente, Santiago Abascal. Questo ex parlamentare del Partito Popolare nel Parlamento dei Paesi Baschi, prima delle elezioni era apparso in un video elettorale postato su Twitter, dove a cavallo in territorio andaluso avvertiva che “La Riconquista inizierà in Andalusia”. Non propriamente sobrio è stato anche il commento, sempre via Twitter, dei risultati elettorali: “Qualcuno rideva di noi, ma non abbiamo mai gettato la spugna. Vox conquista le chiavi dell’Andalusia per espellere il socialismo corrotto e spaventare il comunismo Chavista. La Riconquista inizia nelle terre andaluse e sarà estesa nel resto della Spagna”.
Come è stato possibile che un partito che nel suo programma ha inserito punti chiave comel’abrogazione delle leggi che riabilitano le vittime del franchismo, la sospensione dello spazio Schengen, la cancellazione della legge sulla violenza di genere, la “deportación” – testuale – degli immigrati clandestini nei Paesi d’origine, la riforma della legge sull’aborto (per renderlo illegale) sia riuscito a irrompere nel panorama politico?
Ma come è stato possibile che un partito che nel suo programma ha inserito punti chiave come, per esempio, l’abrogazione delle leggi sulla Memoria storica che riabilitano le vittime del franchismo, la sospensione dello spazio Schengen, la cancellazione della legge sulla violenza di genere, la “deportación” – testuale – degli immigrati clandestini nei Paesi d’origine, la riforma della legge sull’aborto (per renderlo illegale) e che si ispira al “gruppo di Visegrad” (a cui fanno gli occhi dolci Salvini e la Le Pen), sia riuscito a irrompere nel panorama politico? A guardare bene, non ci si dovrebbe sorprendere poi troppo.
L’Andalusia è la regione spagnola economicamente più debole, con un tasso record di disoccupazione del 34%, che supera il 60% tra i giovani. Gli scarsi investimenti sul territorio e i recenti scandali politici legati alla corruzione della classe dirigente hanno fatto perdere al Partito Socialista la fiducia degli andalusi di cui godeva dagli anni 80. A dimostrarlo anche la scarsa partecipazione al voto: 58,6%, quasi quattro punti in meno rispetto al 2015 e la peggiore dal 1990, accusata soprattutto in feudi socialisti come Siviglia e la sua provincia e la città di Jaén.
Non ha certo giovato al partito di Pedro Sanchez nemmeno la scarsa simpatia che intercorre tra quest’ultimo e la presidente uscente dell’Andalusia Susana Dìaz. L’avvocata quarantaquattrenne, sconfitta da Sanchez l’anno scorso alle primarie per la guida del partito, è la vera grande perdente di queste votazioni. È stata sua l’idea infatti di convocare con anticipo le elezioni, che avrebbero dovuto invece svolgersi il prossimo marzo. Convinta di una vittoria a mani basse, la sivigliana è stata accusata di aver intrapreso una campagna elettorale di bassa intensità. Per i suoi fedelissimi invece la colpa della deblacle sarebbe da trovare nella posizione di Sanchez, ritenuta troppo morbida, verso l’indipendentismo catalano.
Un altro punto cardine di Vox è difatti la difesa dell’unità nazionale e l’aspirazione di un governo più centralizzato che superi l’attuale sistema spagnolo tendente al federalismo che tutela le numerose autonomie linguistiche del Paese. Il terremoto secessionista con epicentro a Barcellona del 2017 non è un fattore da sottovalutare per spiegare l’appoggio a una forza vigorosamente conservatrice in una regione economicamente fragile che da un’ipotetica indipendenza catalana e/o basca avrebbe solo da perderci.
Il terremoto secessionista con epicentro a Barcellona del 2017 non è un fattore da sottovalutare per spiegare l’appoggio a una forza vigorosamente conservatrice in una regione economicamente fragile
Se a tutto ciò si aggiungono da un lato anche i problemi derivanti dalla imponente rotta migratoria nel Paese (cinque anni fa, alle elezioni europee,Vox ottenne il miglior risultato nell’enclave nordafricana di Melilla), e dall’altro le posizioni favorevoli all’accoglienza del governo Sanchez come dimostrato dalla vicenda Aquarius, ma anche le tirate di orecchie che anche la Spagna ha dovuto sopportare da Bruxelles a causa della sua situazione finanziaria poco virtuosa, ci si rende conto che i sintomi per diagnosticare la probabile ascesa di una forza sovranista, anti europea e xenofoba anche nel Paese iberico c’erano tutti.
All’indomani del voto sarebbe sicuramente prematuro fare previsioni su un ipotetico risultato a livello nazionale di Vox, tuttavia ciò che è certo e che dovrebbe probabilmente far dormire sogni meno tranquilli in quel di Madrid al Presidente del Governo spagnolo Sanchez è un dato di fatto: quei 12 seggi accaparrati dall’ultra destra nel Parlamento andaluso fanno gola a tutti, in primis al Partito Popolare, ma anche a Ciudadanos, che anzichè scendere a compromessi con i socialisti e creare un fronte per fermare l’ultra destra, si turerebbe senza tanti problemi il naso e formerebbe una maggioranza con quelli che sono a tutti gli effetti dei nostalgici della dittatura franchista.