C’è chi organizza la festa nel centro benessere con piscina libera e gruppo musicale. C’è chi affitta la discoteca con consumazioni libere, o il salone di gala di un hotel quattro stelle per un ballo in stile viennese. C’è chi regala la prima macchina, chi il viaggio esotico, chi la super postazione computer, chi un paio di tette nuove firmate da qualche Canova del lipofilling. Il diciottesimo compleanno in genere è l’occasione per offrire ai propri figli, se non l’impossibile, almeno un possibile molto costoso, tanto per celebrare il loro ingresso nell’età in cui possono guidare la macchina, possedere un’arma, comprare tabacchi e alcolici e andare alle urne – insomma, l’età in cui possono essere veramente, ma veramente dannosi per la società.
E se tua figlia quasi diciottenne non ti domanda qualche dispendiosa zavorra per inabissarsi meglio nel mare della maggiore età, non devi tirare un sospiro di sollievo. Probabilmente è una ragazza che vuole davvero l’impossibile. Come mia figlia. Una Duemila con la testa sulle spalle, venuta su in mezzo a tutte le crisi possibili e immaginabili – economica, climatica, dei valori, della famiglia (le crisi di governo non contano, almeno in Italia) -, senza troppi grilli per la testa, insetti che si stanno estinguendo molto più in fretta delle api e delle farfalle. (E anche questo è un bruttissimo segno per l’umanità, perché i grilli per la testa dei giovani a volte possono dare fastidio, ma impollinano il mondo di idee, e se spariscono sarà difficile che fiorisca qualcosa di nuovo.)
Però io so che, sotto quella scorza razionalista da maturanda di liceo scientifico, c’è una romantica vecchio stampo. Tanto per dire, uno dei motivi per cui non vede l’ora di compiere diciotto anni, lei che non fuma, non beve e intende continuare a muoversi a piedi e in bicicletta, è che il prossimo anno potrà votare. Per le Europee, occasione che per lei vale doppio, perché nella Ue ci è nata e cresciuta e in tutta la sua vita ha frequentato solo scuole su cui sventolavano insieme il tricolore e la bandiera stellata. Il suo euro-entusiasmo è cresciuto mano a mano che si è appassionata alla storia, scoprendo che per millenni, anzi, fino a pochi decenni fa, la Storia stata solo un lungo elenco di guerre sanguinose fra Paesi che per i ragazzi di oggi sono stanze di una stessa casa, dove nessuno chiude le porte a chiave. (E chi prova a chiuderle si rende conto ben presto di aver fatto una cazzata, vedi Brexit.)
In Italia un partito di sinistra non esiste. C’è solo un «boh» di non-destra chiamato Pd
È una romantica, mia figlia, ve l’ho detto. E non solo in fatto di Europa. È anche nemica di ogni tipo di sessismo e razzismo. Si indigna alle notizie di lavoratori schiavizzati, o di operai licenziati in blocco dopo anni di lavoro e di promesse mancate. Si preoccupa per i dati che dimostrano come il clima sta cambiando per colpa dell’inquinamento. Detesta i politici che urlano, offendono e parlano male, a qualunque schieramento appartengano, ama gli scrittori e i giornalisti che smascherano le ingiustizie. Ammira gli scienziati che illuminano la strada al mondo, gli unici veri ottimisti perché, se c’è qualcosa di sicuro, è che nella natura c’è tanto da scoprire e che prima o poi, provando e riprovando, verrà scoperto. E adora Caparezza, perché dalle sue canzoni si capisce che lui detesta, ama e ammira le stesse cose.
Ci sarebbe un solo regalo degno di una ragazza come lei, e di tutte le ragazze e ragazzi come lei – perché ce ne sono tanti, e voteranno per la prima volta l’anno prossimo. Un regalo utile, ma che, come tutti i regali veramente utili, sappia essere un pizzico dilettevole. Che duri e non si rompa dopo due giorni, e la cui manutenzione non costi un occhio. Un regalo che lei possa sentire suo, ma anche dividerlo con gli altri per fare qualcosa di bello. Un regalo che le faccia spalancare gli occhi dalla sorpresa e dire: «grazie! E’ proprio quello che volevo ma non ci speravo! Si può sapere come hai fatto?»
A mia figlia vorrei regalare un partito di sinistra.Un partito fatto di tizi che, nell’era della turbocomunicazione, non riescono nemmeno a mettersi d’accordo su una cena. Quando provano ad alzare la voce si impappinano e vengono spernacchiati dai loro stessi compagni prima che dagli avversari
È una delle poche cose che io avevo a 18 anni (e l’ho votato per la prima volta proprio alle Europee) e che non posso dare a mia figlia, alla quale per il resto non ho fatto mancare nulla. E ci sto male. Perché lei vede che i ragazzi degli altri Paesi ce l’hanno, un partito così, anzi, a volte ne hanno anche due o tre, in varie sfumature di rosso e di verde, che difendono i più deboli, sostengono i diritti civili, si battono per non ridurre il mondo a una pattumiera surriscaldata, e sanno postare video decenti sui social. E quei partiti una ragazza o un ragazzo non deve limitarsi a votarli: se vuole può entrarci proprio, e lavorarci, e magari candidarsi alle elezioni sotto la loro bandiera. In Italia un partito di sinistra così non esiste. Anzi, né così né in altro modo. C’è solo un «boh» di non-destra chiamato Pd. Rappresentato da una manciata di tizi, più o meno simpatici e, okay, in genere più alfabetizzati degli altri politici, che però si comportano da troppo tempo come bambini dell’asilo che devono organizzare da soli la recita di Natale. E che, nell’era della turbocomunicazione, non riescono nemmeno a mettersi d’accordo su una cena. Quando provano ad alzare la voce si impappinano e vengono spernacchiati dai loro stessi compagni prima che dagli avversari.
Per mia figlia ci vorrebbe un partito che stesse a «Propaganda Live» come le ore di lezione stanno all’intervallo. Non sa che farsene di catch in un fango fra quaranta-cinquantenni che ogni tanto emergono per farsi sgridare in tivù da Lucia Annunziata o trattare come patetici casi umani da Myrta Merlino.
Vedo la frustrazione negli occhi della mia piccola donna progressista, e mi sento stringere il cuore, mentre spero con tutto il cuore che uno di questi giorni mi annunci che per i suoi diciotto anni le piacerebbe tanto organizzare una festa con esibizione live di Caparezza. E’ più facile che il rapper di Molfetta esca in bikini dalla sua torta di compleanno, che in Italia appaia qualcosa di sinistra in tempo per le Europee. Qualcosa che ci dia, come canta Capa, «un motivo che ci tiri su il morale prima che la rabbia ci strozzi mentre premiamo sul collare». Mi sa tanto che, se mia figlia andrà a votare, scriverà questo sulla sua prima scheda.