Ala retorica di Salvini ci abbiamo fatto il callo, per quanto sia possibile abituarsi al cattivismo usato per propaganda, ma il misuratissimo Di Maio invece è riuscito bene o male a schivare il tema dei migranti (e dei poveracci lasciati in mezzo al mare) relegando il ruolo del mediatore al presidente Conte e limitandosi al suo pietoso “donne e bambine” tanto per smarcarsi (nemmeno troppo) dal ministro dell’interno. Ieri però Di Maio – spalleggiato da Di Battista che ha detto più o meno le stesse cose a Che Tempo Che Fa – è riuscito a dare il meglio di sé in una giornata in cui i morti nel Mediterraneo hanno monopolizzato il dibattito pubblico:
«Vedo molte lacrime di coccodrillo – ha detto così il vicepremier pentastellato impegnatissimo nella parte del poliziotto buono – Saremmo degli ipocriti se continuassimo soltanto a parlare degli effetti senza cercare anche le cause». Poi ha proseguito: «Io ho smesso di fare l’ipocrita e ho deciso di cominciare a parlare delle cause. Se oggi noi abbiamo della gente che parte dall’Africa è perché alcuni Paesi europei con in testa la Francia non hanno mai smesso di colonizzare l’Africa – ha detto il ministro de Lavoro – Ci sono decine di stati africani in cui la Francia stampa una propria moneta, il franco delle colonie, e con quella si finanzia il debito pubblico francese».
«Il posto degli africani è in Africa», dice Di Maio e non aggiunge nulla di nuovo all’ipocrisia di chi l’ha preceduto. Solo che Di Maio sa bene che imbellettare la ferocia, metterla in giacca e cravatta (a differenza del suo omologo che spande bile ogni volta che affronta l’argomento) significa indossare la faccia buona alla ferocia travestendola di colonialismo (degli altri) e scrollandosi comunque di dosso il dovere d’accoglienza.
Perché non si debbano piangere le vittime in mare a causa della Francia colonialista è un non-senso che funzionerà perché prende la pancia degli italiani, quelli che amano sentirsi indifferenti ma nel giusto. Il mondo che immagina Di Maio, in cui ognuno deve occupare il luogo e il ruolo a cui è condannato per la nascita è qualcosa di castale e assolutamente fuori dal tempo, ben lontano dalla meritocrazia di cui i 5 Stelle per anni si sono riempiti la bocca.
Il mondo che immagina Di Maio, in cui ognuno deve occupare il luogo e il ruolo a cui è condannato per la nascita è qualcosa di castale e assolutamente fuori dal tempo
Sfugge, allora, perché le migliaia di italiani che escono dall’Italia abbiano il diritto di cercare di migliorare la propria vita all’estero. Sfugge perché le più grandi aziende petrolifere italiane debbano militarizzare intere zone dell’Africa trattandole come cosa loro, sfugge anche perché qualcuno debba andare fuori regione, abbandonare il proprio paesello, per aspirare a qualcosa di meglio. Se il posto degli africani è in Africa allora Di Maio non è per niente diverso a Salvini che chiede agli insegnanti terroni di insegnare in terronia senza spingersi su al nord pure a quelli che inneggiano a una Padania che non ha nulla a che vedere con l’Italia. Dentro alle sue parole c’è la visione gretta e ristretta di un mondo che rimane immobile, spaventato e provinciale.
A dargli manforte, ieri sera, è intervenuto anche Di Battista. «Possiamo parlare di porti aperti e porti chiusi, senza risolvere il problema. Se non ci occupiamo delle cause, si è nemici dell’Africa», ha detto ospite dell’odiatissimo (ma sempre comodo) Fabio Fazio. Sempre colpa degli altri. Solo degli altri. Questa volta le odiate Ong prendono le fattezze di Macron e poi domani saranno l’Europa e poi così via per un capro espriatorio al giorno. Che invece siano proprio loro, che ora governano, a doverci darci le soluzioni oltre alle cause sembra che continui a sfuggire. Governano ma si oppongono. Non si capisce bene a chi. Di sicuro gli altri intanto continuano a morire.