È il cognome più diffuso della Grecia, ma pochi (fuori da quel Paese) sanno cosa significa: Papadopoulos (in greco moderno: Παππαδόπουλος) ha, un suono simpatico, con allitterazione di “p” e un richiamo bizzarro alla parola greca “poulos”, cioè il pollo. E invece, alla lettera, vuol dire “figlio di un prete”.
È una voce originaria del Peloponneso, ma ormai presente in tutte le regioni, scomponibile in due parti: παππάς (pappás) + -οπούλος (-opoúlos). La seconda parte, -opoulos, è un suffisso che deriva dal bizantino (-poûlos), un prestito dal latino pullus, cioè “giovane” ma anche “pollo”, in un periodo in cui la prole umana viene assimilata, per metafora e per metonimia, a quella dei pennuti. Dunque, il “pollo” diventa “figlio” e così rimane. Non è da stupirsi poi che sia servito per formare i cognomi, visto che è proprio quello che succede, in altre lingue (Johnson, per esempio, è “il figlio di John”).
Lo stesso discorso vale per Παυλόπουλος (Paulopoulos), cioè “figlio di Paolo” e Πετρόπουλος (Petropoulos) cioè “figlio di Pietro”. Insomma, è chiaro. Altri utenti di Quora, alla questione, si affrettano a specificare che esistono differenze regionali (che il viaggiatore, ua volta conosciutele, sarà lieto di notare).
A Cipro, per esempio, si è mantenuto il suffisso in – ides /iades (Michelides, per esempio, è “il figlio di Michele”). A Creta predomina -akis, per cui Michelakis (anche lui “figlio di Michele”) e sull’isola di Lesbo – ellis. Per cui, Michalellis. Se poi Michele è andato a figliare anche in Laconia, avrà Michalakos (qui si usa -akos).