L’anti Trump? si chiama Kamala Harris (ma non dice cose di sinistra)

L'ex Procuratore della California sembra la candidata alle primarie democratiche con più chance: donna di origini giamaicane e indiane, piace all'elettorato di origine asiatica e quello afroamericano. Ma l’unica categoria dove Harris sembra debole è proprio la sinistra

NOAH BERGER / AFP

“Sono in corsa per la presidenza. Facciamolo assieme. Unisciti a noi”, il 21 gennaio è arrivata l’ufficialità della candidatura di Kamala Harris alle primarie democratiche per la Casa Bianca. E in effetti, a sole ventiquattro ore dal suo annuncio, 38mila persone avevano già fatto una donazione per un totale di un milione e mezzo di dollari. “Affrontiamo la più grande crisi di leadership mai vista (…) Hanno ridotto le tasse per le multinazionali e per i più ricchi (…) Hanno lottato attivamente contro gli sforzi per combattere il cambiamento climatico (…) hanno sabotato l’assistenza sanitaria del nostro Paese. E hanno attaccato la nostra stampa libera e indipendente (…) Sappiamo che l’America è migliore di questo – ma tocca a noi costruirla. Dovremo lottare per questo (…) Voglio essere chiara: la nostra non sarà una campagna contro il nostro attuale presidente. Sarà una campagna per il futuro del nostro Paese. Per la gente”, ha scritto la senatrice californiana il giorno stesso su medium. Classe 1964, Harris è stata dal 2004 al 2017 prima Procuratore distrettuale di San Francisco e poi Procuratore generale della California. Il padre arrivò in Usa dalla Jamaica per studiare economia, la madre dall’India per diventare ricercatrice contro il cancro e proprio la madre una volta le disse: “Tu potresti essere la prima a fare molte cose, ma assicurati di non essere l’ultima.” Parole profetiche, dal momento che Harris è stata la prima donna, la prima persona di origini asiatiche e la prima persona di colore a diventare Procuratore distrettuale di San Francisco.

L’unica categoria dove Harris non sembra essere forte è la sinistra. Molto dipenderà dalle posizioni che assumerà la senatrice durante la campagna elettorale e dal calendario.

Come ha ricordato il New York Times, la data dell’annuncio della sua candidatura non è stata casuale, quest’anno infatti il 21 gennaio si è celebrato il Martin Luther King Day, che cade ogni terzo lunedì del primo mese dell’anno. Soprattutto, proprio a gennaio, per la precisione nel 1972, Shirley Chisholm fu la prima donna a candidarsi per le primarie presidenziali, dopo essere diventata nel 1968 la prima donna afroamericana ad essere eletta nel Congresso Usa. Quali sono le probabilità che la senatrice californiana diventi anche la prima donna alla Casa Bianca? Su FiveThirtyEight, Nate Silver ha introdotto un nuovo metodo per valutare la forza dei candidati democratici per la presidenza degli Stati Uniti. Il presupposto di base è che l’elettorato sia suddiviso in cinque gruppi: i lealisti di partito, di solito più avanti con l’età e che danno peso all’esperienza dei candidati, la sinistra, i millennial o, in generale, i giovani che viaggiano e sono esperti di social media, gli elettori di colore e infine, gli elettori di origine ispanica. L’ideale per un candidato sarebbe coprire almeno tre dei cinque gruppi. Ebbene, colei che che sembra essere meglio posizionata in base a questo modello è proprio Kamala Harris. Infatti elevato è il consenso presso l’elettorato di origine asiatica e presso gli afroamericani, che rappresentano circa un quinto della base elettorale delle primarie democratiche. È lecito prevedere una buona performance anche tra i cittadini di origine ispanica in California. La presenza sui social e il suo carattere multietnico inoltre, catturano l’attenzione dei giovanissimi e buoni risultati sembrano esserci anche tra gli elettori che si informano di politica, ovvero tra i cosiddetti lealisti di partito.

L’unica categoria dove Harris non sembra essere forte è la sinistra. Molto dipenderà dalle posizioni che assumerà la senatrice durante la campagna elettorale e dal calendario. Su FiveThirtyEight si aspettano risultati modesti in Iowa e New Hampshire e migliori nel Nevada confinante con la California, dove la sua fama potrebbe essere maggiore. Elevate sono le aspettative in Carolina del Sud, dove gli afroamericani rappresentano la maggioranza dell’elettorato. Le sue probabilità di affermazione saranno più chiare dopo il tre marzo, quando sarà il turno di nove Stati, inclusa la stessa California. Il curriculum di Harris può costituire un punto di forza ma anche di debolezza per la sua corsa verso la Casa Bianca. Secondo Politico si cercherà di evidenziare il suo ruolo a sostegno di chi ha subito violenza, di chi ha perso la casa a causa della crisi finanziaria oppure degli studenti che non riescono a sostenere le spese di istruzione, in breve, il suo ruolo a sostegno delle persone. E in effetti Harris, lo scorso 27 gennaio a Oakland, dove è partita ufficialmente la sua campagna elettorale, ha detto “Quasi trent’anni fa, come giovane procuratore distrettuale, sono entrata in aula per la prima volta e ho pronunciato le cinque parole che avrebbero guidato il lavoro per tutta la mia vita: Kamala Harris, per il popolo.” Tuttavia, alcune decisioni prese in casi giudiziari controversi e le riserve di molti nel partito verso il sistema giudiziario americano, potrebbero minare le sue velleità presidenziali. Molti sono gli interrogativi di opinione pubblica e addetti ai lavori sulla sua candidatura ma Kamala Harris ha già dato una risposta a quanti si chiedono cosa siano gli Americani in questa particolare fase storica. “Siamo molto meglio di questo”, ha detto ad Oakland, riferendosi all’attuale presidenza ed è decisa a dimostrarlo.

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