L’opposizione è femminaViva le donne, la vera alternativa a Salvini, Macron e agli uomini forti della politica

Da Stefania Prestigiacomo, salita a bordo della Sea Watch per verificare le condizioni dei migranti, a Rossella Muroni, che ha bloccato il pullman coi migranti al Cara di Castelnuovo, le donne si stanno ribellando alla crudele ragion di Stato. Una Pietas dimenticata che tutti dovrebbero ritrovare

FEDERICO SCOPPA / AFP

«È l’iniziativa di una madre, colpita più dal fattore umano che politico» ha detto Antonio Tajani per depotenziare il gesto di Stefania Prestigiacomo, che con altri parlamentari ha forzato il blocco della Sea Watch per salire a bordo e verificare le condizioni dei 47 stranieri salvati al largo della Libia, tra i quali otto minori non accompagnati. Il vicepresidente di Forza Italia, forse senza rendersene conto, intercetta un dato che sta emergendo in modo potente nella critica ai governi “forti”, come senz’altro è – o ci tiene ad apparire – il governo italiano. È l’atto di ribellione delle donne contro la ragion di Stato, una categoria che attraversa da millenni – almeno dai tempi di Antigone – la nostra cultura e che da qualche tempo ha ricominciato ad affacciarsi.

I sentimenti delle donne contrapposti agli interessi del potere: l’abbiamo visto succedere più volte, in questi ultimi tempi, sulla scena politica. Sono state le donne, non solo la Prestigiacomo ma prima di lei Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini, a rompere il fronte di silenziosa sottomissione di Forza Italia all’alleato leghista sul tema dell’immigrazione, tantochè Matteo Salvini – in una recente intervista a Panorama – le ha additate come quelle che lo attaccano «un giorno sì e l’altro pure». Ed è stata una donna, Rossella Muroni di Leu, a inscenare il solitario blocco stradale a Castelnuovo di Porto perché i migranti trasferiti dal Cara ottenessero almeno informazioni sulla loro nuova destinazione. «Si poteva gestire tutto con più umanità e attenzione», ha detto, spiegando che non intendeva interrompere le operazioni ma solo far sì che ci fosse un po’ di rispetto per le persone.

Le società arcaiche hanno escluso il femminile dallo spazio pubblico, relegando la sua scala di valori alla dimensione del privato, ma oggi le donne hanno diritto di voto e di parola, e il “fattore umano” legato alla loro sensibilità non dovrebbe essere contrapposto al dato politico, come ai tempi di Creonte. Se succede, significa che qualcosa non funziona. Se i sentimenti delle madri cozzano contro le decisioni della legge dovremmo tutti preoccuparci perché sono quei sentimenti, quell’attitudine a distinguere la norma dalla sua più crudele applicazione, a separarci dai mondi tribali del nostro lontano passato.

Le società arcaiche hanno escluso il femminile dallo spazio pubblico, relegando la sua scala di valori alla dimensione del privato, ma oggi le donne hanno diritto di voto e di parola, e il “fattore umano” legato alla loro sensibilità non dovrebbe essere contrapposto al dato politico, come ai tempi di Creonte. Se succede, significa che qualcosa non funziona

Persino l’antica Roma, che certo non può essere accusata di buonismo, aveva eletto la Pietas a divinità, dedicandogli monete e templi nonché facendone – attraverso la figura di Enea – un mito fondativo. Anche all’epoca era raffigurata come una donna, spesso accompagnata da una cicogna, simbolo di maternità e di tenerezza verso i bambini: insomma, questo tipo di attitudine fa parte della nostra identità profonda e bisognerebbe avere la capacità di riconoscerlo, anziché negarlo, ogni volta che la ragion di Stato incrocia i diritti elementari delle persone.

Non è solo una questione italiana. Lo scontro tra la legge degli uomini – intesi in senso proprio, maschi che detengono il potere e lo gestiscono secondo le loro regole – e il rispetto dovuto alle persone e alle comunità, è incarnata dalle donne anche in Francia, dove la rivolta dei Gilet Gialli è scaturita in gran parte dall’attivismo di signore e ragazze. Lì la Pietas indica allo Stato le famiglie in difficoltà, gli anziani impoveriti, e chiede che lo Stato se ne faccia carico. E anche lì lo Stato è incarnato da un giovane uomo con l’allure del sovrano assoluto, perentorio, indiscutibile, al quale la piazza contrappone un “fattore umano” finora ritenuto marginale.

Tutto questo per dire che relegare i sentimenti delle donne a elemento trascurabile del dibattito non va bene. È vero, siamo sorelle, madri, mogli, e le vicende tragiche che emergono dal ponte della Sea Watch, come prima da altri naufragi – torture, stupri, ricatti mortali – ci colpiscono in modo speciale, e quando riguardano bambini e adolescenti ci indignano e ci atterriscono. È vero, siamo donne e siamo più pratiche: pensiamo che si possa tenere insieme rigore e umanità, è il nostro esercizio di ogni giorno. E tuttavia questo atteggiamento dovrebbe avere cittadinanza e rispetto, anche da parte del più severo dei governi: senza lo sguardo delle madri, non c’è società che può salvarsi da derive crudeli.

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