Il governo del cambiamento non vale per i migranti, quelli sono tutta roba del Capitano che ieri senza troppi giri di parole ha dichiarato “va benissimo che parlino pure Fico e Di Battista e che si discuta tra di noi e con il premier Conte, ma in materia di migranti quello che decide sono io”. È troppo furbo, Salvini, per non sapere che l’immigrazione è l’unico capitale politico sicuro che lo lancerà alle prossime elezioni europee e non permetterà certo ai suoi alleati di annacquare la sua immagine da uomo forte costruita sulla pelle dei disperati. Ci si potrebbe aspettare, questo sì, che Di Maio, Di Battista, Fico e compagnia cantante abbiano un sussulto d’amore proprio e si liberino dal proprio ruolo di scendiletto ma non accadrà, no: il limite potabile della dignità ormai è stato superato da un bel pezzo e c’è da scommetterci che anche sulla riforma della difesa personale alla fine si ricompatteranno in nome del contratto di governo (leggi: autopreservazione) solo con qualche sussulto.
Ma Salvini che dice al Movimento 5 Stelle e alla Chiesa “parlate pure tanto sui migranti decido io” pone anche una questione sostanziale: cosa sta facendo il ministro dell’interno sul tema dell’immigrazione al di là dei tweet, delle uscite fumantine o della becera propaganda dei suoi sottoposti? I porti non sono chiusi: non esistono atti amministrativi su questo punto (e i social non sono la terza camera dello Stato, spiace, no) e anche dell’ordinanza che spetterebbe al ministro dei trasporti non c’è nessuna traccia. Gli sbarchi non si sono fermati: solo a dicembre sono sbarcati in Italia 359 persone e stiamo parlando dei dati ufficiali che non tengono conto degli sbarchi fantasma (in aumento) di cui non rimane nessun’altra traccia oltre alla barca vuota e desolata che viene ritrovata solo successivamente.
Il Decreto Sicurezza non ci renderà più sicuri: come da settimane ripetono un po’ tutti (a mezza bocca perfino qualche sindaco leghista) rendere illegali le persone è il modo migliore per regalarle all’illegalità e non le fa certo sparire
I rimpatri sono costosi e difficili: nonostante la falsa propaganda durante la campagna elettorale Salvini non riuscirà mai a mantenere la promessa dei 500.000 rimpatri semplicemente perché mancano i soldi e i mezzi, esattamente come accadeva prima di lui. Il Decreto Sicurezza non ci renderà più sicuri: come da settimane ripetono un po’ tutti (a mezza bocca perfino qualche sindaco leghista) rendere illegali le persone è il modo migliore per regalarle all’illegalità e non le fa certo sparire (la legge Bossi-Fini vi dice qualcosa?). Insomma, sarebbe curioso sapere davvero cosa ha intenzione di fare, il ministro, di migranti oltre a sventolarli per racimolare voti in previsione delle prossime elezioni europee.
Ma c’è un’altra domanda a cui il ministro potrebbe rispondere schiettamente: che tipo di Italia ha in mente? Al di là del fumo come immagina il Paese che vorrebbe costruire? Un’isola felice, pulita e sicura come la vicina Svizzera? Probabilmente Salvini saprà che la sicurezza non è un problema di senzatetto, ma di evasione fiscale, di morti sul lavoro, di lavoro in nero, di abusivismo, di corruzione, di mafie, di sanità che funziona, di scuole che non crollano, di un vero (e accessibile) servizio pubblico integrato, di un welfare organizzato e di un reale aiuto all’imprenditoria: niente a che vedere con l’odio razziale, con lo spauracchio di una criminalità che tutti gli indicatori certificano in calo e tantomeno con una schiera di assessori, vicesindaci e elettori che hanno scambiato l’essere piccoli e goffi nazisti con l’ordine che vorrebbero garantire. Sempre a proposito del paradiso che Salvini ci promette: come si può giustificare un Paese che con il piattino in mano si ritrova a elemosinare investimenti con un curriculum del 136% di PIL come debito pubblico? Quali sono le riforme del Capitano su questo versante al di là dell’indicare come brutti e cattivi quelli che trattano la mendicante Italia esattamente come i vicesindaci leghisti trattano gli accattoni? E poi, ancora: se il rispetto della legge è un mantra che il ministro dell’interno ripete in ogni occasione come mai i furbi italici si sentono sempre al sicuro?
Il punto vero è proprio questo: al di là del buonsenso come metodo di governo (un po’ infantile trasformare un artificio retorico come linea politica, eh) e dell’odio come collante del proprio elettorale il Paese che paventa Salvini è un minuscolo paese (minuscolo) arroccato sul culto della personalità di un abile bugiardo che non ha ottenuto nulla che sia più consistente di un tweet. Altro che “decido io”.