Costa tantissimo produrla, ma tutti la vogliono lo stesso. La fragranza estratta dalla radice di giaggiolo, in certi casi, vale più dell’oro. Di sicuro nell’ambito della creazione di profumi: utilizzata come “fissativo”, serve a ridurre il grado di volatilità di un’essenza e (tradotto in parole semplici) permette di farla durare più a lungo. In più, ha una nota particolare: dopo la preparazione, il profumo della radice di giaggiolo è diverso da quello del fiore, diventando più simile a quello della viola.
Come spiega questo bel filmato della Bbc (i sottotitoli non servono: l’intervistato è italiano e parla in italiano), l’utilizzo di questa sostanza nei profumi è stato, almeno fino agli anni ’80 del XX secolo, una prerogativa francese. Ma, attenzione, come continuazione di una tradizione italiana (o meglio, fiorentina). A esportarla sarebbe stata, nel XVI secolo, nientemeno che Caterina de’ Medici, che utilizzava l’iris (o giaggiolo) nel “talco fiorentino” che era una forma di belletto con cui si sbiancava il volto – e divenne di moda nelle corti europee.
Per la sua coltivazione bisogna avere pazienza: “L’Iris rimane sottoterra per quattro anni”, spiegano. “Al termine dei quali si può procedere alla sua estirpazione”. Ma tutto il processo, spiegano, richiede almeno sette anni. Per questo sono sempre di meno le aziende che se ne occupano, rendendo il giaggiolo un bene prezioso molto costoso.
Dopo il raccolto, poi, si procede alla lavorazione del bulbo, a seconda degli impieghi che se ne vogliono fare. Una parte viene esclusa subito e ripiantata (serve appunto a perpetuare la coltivazione), una parte può essere tagliata e messa a essiccare al sole. Oppure vengono spelate. A seconda del processo, diventeranno componenti di polveri facciali, di prodotti a base di talco, di sali da bagno e di potpourri. Oppure finiranno nell’industria farmaceutica.