Negli Stati Uniti il mese di febbraio, almeno nella sua pronuncia, è molto diverso rispetto al Regno Unito. Se uno ci fa attenzione, lo capiscee subito: manca una “erre”. Proprio così: nelle terre del Nuovo Mondo il secondo mese dell’anno viene pronunciato come“febjuary” (‘fɛbjʊəri), con una “i” che si infila al posto della erre, a differenza di quanto avviene nel Regno Unito, dove i british mantengono, oltre al contegno e al sarcasmo, anche la “r” di febbraio. “February” (‘fɛbrʊəri), insomma.
Come si fa notare qui, non si tratta di un uso in voga tra adolescenti pigri. Bensì, un’abitudine radicata, se si pensa che a febbraio si salta la “r” almeno da 150 anni, e forse anche di più. Qualcosa che è andato perduto, a un certo punto della storia, con ogni probabilità a causa di un fenomeno abbastanza diffuso, cioè la dissimilazione. Quando alcune consonanti si trovano troppo vicine, sia nella stessa parola che in formazione con altre parole, una di queste viene eliminata.
Succede anche con altri vocaboli (e anche questo merita una certa attenzione): ad esempio “surprise”, dove la “r” compare e scompare, senza che nessuno ci faccia caso. O con “gove(r)nor”, “pa(r)ticular”, “cate(r)pillar”, “entrep(r)eneur” o “interp(r)etation”. Spesso anche con “library”, dove cade la prima “r”, ma solo in alcuni dialetti su cui gli americani amano ironizzare. E poi, appunto, con “Feb(r)uary”, cui tutti fanno caso perché capita sempre qualcuno, prima o poi, che chiede quale sia la pronuncia giusto. E tutti alzano le ciglia, senza sapere cosa dire.