La questione è molto semplice: Di Maio vuole farsi l’ultimo giro di giostra e passare come quello che ha tentato di rendere credibile il Movimento 5 Stelle o vuole davvero diventare il leader di una formazione che rischia di vedere svanire tutti i risultati accumulati in questi anni? La questione non è sa poco pecche dalla decisione di Di Maio dipendono le sorti di tutto il movimento politico (indirettamente anche dello scenario nazionale) ma perché soprattutto non è certo Alessandro Di Batttista l’uomo che può sostituire Di Maio per rassicurare gli animi (e i voti) dei Cinquestelle. Di Battista è il barricadiero che può tornare utile come arma d’attacco nel momento in cui il Movimento 5 Stelle si ritroverà all’opposizione e allora si riaprirà la gara all’insulto più sdegnato, grosso, colorito, infangante, indignante, indignato e tutto il resto. Niente a che vedere con un partito che deve tenere in equilibrio elementi interni, equilibri tra alleati e soprattutto la misura di governo di un Paese. Perché il Movimento 5 Stelle, innanzitutto, s’è fatto partito. La maschera movimentista che funziona benissimo nei momenti di bassa responsabilità non ha niente a che vedere con la scelta di muovere in pochi secondi, con poche decisioni, miliardi di euro e rapporti internazionali. Dirò di più: se Di Maio volesse diventare un leader dovrebbe essere lui stesso a convocare tanto di conferenza stampa e spiegarci che quel modello liquido di movimento sparso sul territorio oggi non funziona per governare il Paese e soprattutto per prendere i voti necessari a governare (perché vogliono governare, vero, i 5 Stelle?).
In realtà è quello che da giorni Di Maio e il suo staff stanno dicendo a mezza bocca, facendo finta di niente, come se fosse tutto solo un gigantesco accidente, parlano di elementi esterni, parlano di consiglieri e di collaborazioni, aprono alle liste civiche, smentiscono i due mandati (si sapeva da mesi nel stanze già alte dei 5 Stelle) e anche sui soldi dati ai gruppi si sono accorti che fare politica costa e quando finisce l’onda di entusiasmo (e quindi di donazioni) è democratico e giusto che una forza come la loro, con le loro percentuali abbia gli strumenti economici per operare sul territorio. Diventa difficile riuscire a fare la voce grossa contro un Salvini sempre più immerso nella sua versione di bimbetto capriccioso se all’interno dell’entourage di Di Maio non esistono stadi intermedi che lo tengano in collegamento con la base esattamente come accadeva quando erano un movimento di piazza e d’opposizione.
Sarebbe rivoluzionario vedere Di Maio spiegare che forse si erano sbagliati, che in realtà nella Costituzione (quella che per loro era la più bella del mondo, ricordate?) c’è già il foglietto di istruzioni per mettere in piedi un buon partito
Di Maio vuole diventare leader? Vuole veramente fare il capo politico del movimento così come dovrebbe essere secondo le definizioni ufficiali? Allora si liberi di Casaleggio, innanzitutto. Che sia vera o no, quanto sia vera o no, questa storia della regia occulta è un fardello che sta diventando insopportabile. Non si capisce perché dovrebbe fare schifo il gruppo Gedi (Repubblica e Espresso) sul Pd (che tra l’altro non ha un vero e proprio ruolo operativo) e non dovrebbe il giovane erede di casa Casaleggio. Di Maio pensa di valere più di lui o di trovare ossigeno solo faceqndo il suo cameriere? Questa è la domanda a cui dovrebbe rispondersi, innanzitutto.
E invece sarebbe rivoluzionario vedere Di Maio spiegare che forse si erano sbagliati, che in realtà nella Costituzione (quella che per loro era la più bella del mondo, ricordate?) c’è già il foglietto di istruzioni per mettere in piedi un buon partito. E le mediazioni non sono sempre prostituzione e magari se avesse il coraggio, piuttosto che negare, che gli scambi sulla TAP sono valsi comunque il raggiungimento di altri obiettivi sarebbe tutto più facile. E tanto che c’è potrebbe ance confessare che nel Movimento 5 Stelle, così come in tutti i partiti, ci sono anche imbecilli, ignoranti, impreparati e maleducati. E la diversità può essere solo nella fermezza con cui vengono arginati piuttosto che diventare classe dirigente. Potrebbe anche spiegare ai suoi che gli indagati sono coloro che governano quindi fa piuttosto ridere mettersi a fare a gara sul numero di indagati con partiti che da decenni tengono le redini del Paese. Potrebbe anche dire che nonostante gli tocchi stare con Salvini (ma gli tocca) certe salvinate gli fanno schifo. Dovrebbe dirlo così. Esattamente così.
E allora sarebbe già difficile anche per gli alleati leghisti continuare a trattarlo come un bambino. Sarebbe meglio. Per tutti.