Ecco i cinque formaggi italiani più amati al mondo

Ogni anno i francesi mangiano 1,2 kg di formaggio italiano a testa, in particolare la mozzarella. In Germania piacciono i nostri formaggi duri: Grana Padano e Parmigiano Reggiano, Il Pecorino romano spopola negli Usa

L’Italia del formaggio riscuote grande successo in tutto il mondo. I nostri caseifici vendono, tanto e bene, anche nelle roccaforti della produzione casearia come Francia e Svizzera. Quest’ultima, in proporzione alla superficie e al numero di abitanti, è il Paese al mondo che acquista più formaggio italiano. Mozzarella, Grana Padano e Parmigiano Reggiano sono al top dei consumi, ma la Svizzera è anche il secondo mercato estero per l’Asiago. La Francia è da sempre orgogliosa per la sua produzione casearia. Tanto che il generale De Gaulle ebbe a dire: « Come si può governare un paese che conta duecentoquarantasei varietà differenti di formaggio?». Ebbene, proprio la Francia è diventata di recente il primo mercato di destinazione per i prodotti caseari italiani. Ogni anno i cugini d’oltralpe mangiano 1,2 kg di formaggio italiano a testa, sono avidi consumatori di mozzarella italiana e tradiscono sovente il Roquefort con il lombardo Gorgonzola. In Germania riscuotono successo i nostri formaggi duri: Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Il formaggio italiano più acquistato in Gran Bretagna è la mozzarella, seguita dal Parmigiano Reggiano. E che dire degli Stati Uniti? Oltreoceano il vero re è il Pecorino Romano, che da solo rappresenta circa 1/3 di tutti i formaggi importati dagli Usa. Gli Stati Uniti sono il cliente numero uno: assorbono circa 1/3 della produzione annuale di Pecorino romano e poco meno dei 2/3 delle sue esportazioni complessive. Sulle tavole americane sono molto diffusi anche il provolone, il mascarpone e il Taleggio.

Quali sono pertanto i 5 formaggi italiani più apprezzati – e, purtroppo, copiati – nel mondo? Ecco qui la lista definitiva.

Grana Padano
Il Grana Padano, formaggio a pasta semi dura, viene prodotto con latte vaccino italiano proveniente dalla valle del Po. Il nome Grana deriva dalla sua consistenza particolarmente granulosa, mentre l’aggettivo Padano deriva dal territorio in cui è prodotto. Nel 1135 i monaci cistercensi dell’abbazia di Chiaravalle trovano nella bonifica delle terre della pianura del Po una grande opportunità per favorire l’espandersi dell’agricoltura e degli allevamenti e aumentare così la produzione di buon cibo. La conseguenza di questa enorme opera porta a una grande disponibilità di latte, di molto superiore al fabbisogno della comunità religiosa e della popolazione dei dintorni. Emerge così l’esigenza di trovare un modo per riuscire a conservarlo a lungo. matura l’idea di cuocere a lungo il latte, aggiungervi il caglio e in seguito sottoporlo a salatura. Nasce così un formaggio a pasta dura, che sembra acquistare sempre più sapore via via che passa il tempo e la cui stagionatura permette di conservare inalterati i principi nutritivi della sua preziosa materia prima. Sano, digeribile e nutriente, il Grana è privo di carboidrati e di lattosio, apporta una quantità significativa di sali minerali essenziali per la salute, come lo iodio, il selenio, il magnesio e il fosforo, ed è anche una significativa fonte di calcio. Di recente, il Grana Padano ha raggiunto un fantastico record: 5 milioni di forme prodotte di cui 1.800.000 sono destinate all’estero.

Parmigiano Reggiano
Eccolo, il re dei caci italiani. Il Parmigiano Reggiano è un formaggio a pasta granulosa semi dura. Prende il nome dalla zona di produzione, un’area che comprende le province di Parma, Reggio Emilia, Bologna, Modena (tutte in Emilia-Romagna) e Mantova (in Lombardia, ma solo il zona a sud del fiume Po). Secondo la legge italiana, solo il formaggio prodotto in queste province può essere etichettato come Parmigiano Reggiano e la legislazione europea classifica il nome come denominazione di origine protetta. Il Parmigiano Reggiano contiene solo il 30% di acqua e ben il 70% di sostanze nutritive: per questo motivo è un formaggio ricchissimo di proteine, vitamine e minerali. Formaggio semi-grasso, ottenuto dalla parziale scrematura del latte, questa componente lipidica del Parmigiano Reggiano è nutrizionalmente preziosa per l’energia prontamente utilizzabile fornita dalla sua parte libera. Il Parmigiano Reggiano è ricchissimo in calcio, particolarmente biodisponibile, ed è anche una fonte importante di fosforo: 50 g sono in grado di coprire il 50% del fabbisogno giornaliero dell’adulto. Il Parmigiano Reggiano, inoltre, è naturalmente privo di lattosio. L’assenza di lattosio è conseguenza naturale del tipico processo di ottenimento del Parmigiano Reggiano. Circa 3 milioni 700 mila le forme prodotte all’anno per 2 milioni circa di tonnellate.

Mozzarella
È la regina dei latticini. Il suo nome deriva dal dialetto napoletano e si riferisce alla stessa forma del prodotto, diminutivo di mozza (“taglio”) o mozzare (“tagliare”) derivata dal metodo di lavorazione. La mozzarella vaccina – detta fior di latte – tipica della Campania, Puglia, Calabria, Basilicata, Marche, Abruzzo e Molise è riconosciuta come “specialità tradizionale garantita”. Èfonte di proteine (18,7 g) e grassi saturi (19,5 g) e conta 253 kcal per 100 grammi. Il colesterolo, invece, è contenuto in minime quantità. Contiene micronutrienti interessanti come il calcio e, soprattutto, il fosforo: ben il 43% della dose giornaliera consigliata. La mozzarella di Bufala campana è una DOP tipica delle province di Caserta, Salerno, Napoli, Latina, Benevento e Foggia. Un quantitativo di 100 g di prodotto apporta 288 kcal, il 16,7% di proteine e il 24,4% di grassi saturi. Anche in questo caso, come per quella vaccina, è contenuto, invece la percentuale di colesterolo presente. Calcio e fosforo sono il 35% e il 45% della dose giornaliera raccomandata. Sono circa 100.000 le tonnellate di mozzarella esportate solo nel 2017. I principali mercati sono Gran Bretagna, Francia, Svizzera, Belgio, Germania.

Pecorino Romano
Il Pecorino Romano è un formaggio italiano duro, salato, spesso usato per essere grattugiato, realizzato con latte di pecora. Nell’antichità, era un alimento base per i legionari dell’antica Roma: la loro razione giornaliera, come integrazione al pane e alla zuppa di farro, era di 27 grammi. La lavorazione del latte di pecora viene descritta da Columella nel suo “De re rustica”: “[…] il latte viene generalmente fatto rapprendere con caglio di agnello o di capretto (…) Il secchio della mungitura, quando sia stato riempito di latte, si deve mantenere a medio calore […]e appena il liquido si sarà rappreso dovrà essere trasferito in cesti, panieri o forme. Infatti è essenziale che il siero possa scolare immediatamente ed essere separato dalla materia solida […]. Poi quando la parte solida è tolta dalle forme o dai panieri dovrà essere collocata in ambiente fresco e oscuro, perché non possa guastarsi, su tavole più pulite possibile, e cosparse di sale tritato affinché trasudi il proprio umore”. Secondo il disciplinare, tutti i processi di lavorazione, dall’allevamento del bestiame alla stagionatura del formaggio, devono avvenire nella zona compresa tra Lazio, Sardegna e provincia di Grosseto. Ma, a dispetto del nome, la maggior parte della sua produzione avviene in Sardegna. Sono circa 22.000 le tonnellate esportate nell’anno 2017, quasi il 23% in più rispetto all’anno precedente. I principali mercati esteri in cui viene esportato il Pecorino Romano sono: USA, Francia, Germania, Gran Bretagna, Paesi Bassi.

Gorgonzola
Il gorgonzola è un formaggio erborinato e prende il nome dalla omonima cittadina lombarda. Le sue zone di produzioni storiche sono le province di Milano, Como, Pavia e Novara. L’asse della produzione degli ultimi anni si è spostato: tra le tre maggiori provincie produttrici, infatti, Novara raccoglie oltre il 65%, Pavia il 15% e Milano l’8%. Caratterizzato dalle tipiche venature di colore bluastro, può essere burroso o sodo, friabile e abbastanza salato e alcune versioni prevedono l’aggiunta di panna o mascarpone. Viene utilizzato latte intero di vacca, a cui vengono aggiunti dei batteri di avviamento, insieme alle spore della muffa Penicillium glaucum. La stagionatura del Gorgonzola dolce ha durata minima di stagionatura di 50 giorni e massima di 150 giorni; la stagionatura del Gorgonzola piccante ha durata minima di 80 giorni e massima di 270 giorni. Il 36% circa (20.000 quintali) è destinato all’esportazione. I principali paesi consumatori sono la Germania e la Francia, che assorbono più del 50% dell’esportazione totale. Seguono la Svizzera, il Regno Unito, i Paesi Bassi, i paesi scandinavi e la Spagna per l’Europa, quindi gli Stati Uniti e il Canada. Segnali significativi vengono anche dall’Estremo Oriente e dall’Australia: Giappone, Corea del Sud si dimostrano paesi dove i formaggi italiani riscuotono maggior successo; in particolare il Gorgonzola, da poche decine di quintali importate sino agli anni Novanta, recentemente si è arrivati ad oltre 6.000 quintali.

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