Il vero amico è come un altro se stesso. Cicerone nel De amicitia lo teorizza con la naturalezza del genio che esprime un concetto semplice, quasi lapalissiano. Ma mai così vero. Ed è singolare come in un’era in cui l’individualismo impera e la tecnologia ci esilia a essere sempre un po’ più soli, L’amica geniale, il romanzo ora anche fortunatissima fiction Rai, piomba nelle nostre vite con la prepotenza dell’incanto. Arriva, ti travolge e poi se ne va. Ma ti cambia e ti fa ricominciare a pensare a quanto contino i rapporti umani, quelli veri, nelle nostre vite.
Un amico è una protezione potente e, come dice il libro ecclesiastico della Bibbia, chi ha la fortuna di averlo, trova un tesoro. L’amicizia ha un potere devastante: ci libera dalla solitudine dell’anima che l’uomo è destinato a vivere. Bisogna fare una distinzione: gli anglosassoni hanno distinto in maniera saggia i due aspetti contraddittori della solitudine. Così ha creato la parola “solitude” per esprimere la scelta di essere soli. E ha dipinto la parola “loneliness” per esprimere una solitudine sofferta e non scelta. In questo, la lingua italiana è colpevole di essere troppo poco scrupolosa: esprime i due concetti diversi con una sola parola, “solitudine”.