Tutto si aspettava, meno che un ammutinamento della sua muta. Il campione francese di corsa con slitta Nicolas Petit aveva cominciato la sua Iditarod, la celebre corsa con la muta di cani che attraversa l’Alaska, sotto i migliori auspici: l’anno passato era arrivato secondo e quest’anno sembrava ancora più in forma. Le prospettive erano ottime.
Poi Joey, uno dei 14 husky che trascinavano la sua slitta, ha cominciato a litigare con un altro cane della muta, e tutto si è fermato. Petit, preso alla sprovvista dall’incidente, ha cominciato a gridare contro i due cani e, come per magia, anche gli altri hanno smesso di obbedirgli. Un vero e proprio sciopero.
Il campione francese, dopo una serie di tentativi (nessuno andato a buon fine) di far ripartire la slitta, ha dovuto cedere alla testardaggine dei suoi cani, e accamparsi dalle parti del checkpoint Koyuk, a circa mille chilometri dall’inizio della gara. Era in vantaggio (la corsa può durare da una a due settimane, a seconda delle condizioni atmosferiche), adesso non ne è più così sicuro.
Certo, come fanno notare qui accostare il comportamento di una muta di cani alle proteste, razionali e motivate, dei lavoratori, può essere sbagliato. Da un lato si rischia di antropomorfizzare troppo gli animali, dall’altro, di ridurre (e ridimensionare) le questioni della ribellione sul posto di lavoro. Eppure, alcune somiglianze, almeno a livello neuronale, ci sarebbero: le emozioni umane somigliano spesso ad altri processi mentali incontrati nei mammiferi. In particolare, la stessa parte del cervello si attiva negli animali che aspettano il premio e nei dipendenti cui è stato promesso il bonus.
Il fatto stesso che, come spiega Petit, lo sciopero dei suoi cani è “una questione di testa”, suggerisce un’altra somiglianza. Per governare un team serve capacità di leadership e convincimento. E a quanto pare, anche per governare una muta di cani in mezzo ai ghiacci e alla neve.