ClassificheStellati sotto la Madonnina: ecco i 5 migliori ristoranti di Milano

Sperimentazioni e classicità, ricerca e contaminazioni: ecco i ristoranti milanesi da non perdere se volete che la vostra cena sia un’esperienza culturale. A partire, ovviamente, da Cracco

Non c’è alcun dubbio: tra tutte le città italiane, Milano è la più europea e internazionale. Un punto di riferimento per l’innovazione nel design, nella moda e nel cibo. La ristorazione meneghina è un puzzle di straordinarie chicche. Vere e proprie eccellenze che esprimono lo stile italiano, celebrato in tutto il mondo. Milano è la città italiana che meglio ha esplorato in questi anni nuovi mondi e nuovi sapori, senza dimenticare, anzi rinnovando, origini e tradizioni. Un punto di riferimento e una fucina di creativi, insomma, anche e soprattutto nella ristorazione. Se volete regalarvi una magnifica serata gourmet non potete proprio perdere questi 5 ristoranti pluripremiati.

Enrico Bartolini Mudec Restaurant
Situata in Zona Tortona, al terzo piano del Museo delle Culture, nel cuore del design district, un ristorante dal gusto contemporaneo e raffinato, con un servizio attento e premuroso, accoglie una clientela eclettica e di tendenza. Enrico Bartolini, lo chef, racconta il suo progetto con lo slogan della ‘classicità contemporanea’: “La tradizione si fonde con l’innovazione e con un’incessante sperimentazione per dare vita a sapori nuovi e al tempo stesso carichi di ricordi, dal forte impatto emozionale”. I migliori prodotti sono qui esaltati dalla competenza e dall’ispirazione di uno chef di talento che firma con la sua squadra piatti eterei ed evocativi. La carta dallo stile sobrio annuncia i frutti della mente insieme analitica e creativa dello chef. Dai mini “trompe l’oeil” che sono ormai delle icone (l’oliva, la cipolla) alle vere entrée: su tutte il calligrafico saòr rivisitato con l’alice impreziosita da ostrica bretone e caviale, e rifinita da goccia di cavolo cappuccio, pinoli, uva macerata in acqua marina. Dopo la ventresca di tonno, calamaretti e taccola “bruciata”, con lo spaghetto all’anguilla, sontuoso e fragrante insieme, servito su erbe fresche e ceviche. Suggerito il piccione arrosto e “bentornati” grissini bolliti.
Tra i dessert il soufflè ai limoni dolci e il gelato allo yogurt, lamponi e liquirizia. Da segnalare il “ramo d’arancio”: zabaione, gelato d’extravergine, pistacchio e ‘albero’ di cioccolato ripieno di arancia amara. Tra proposte classiche, atelier e o carta, un viaggio molto stimolante che rappresenta bene il carattere dello chef.

Berton
Ristorante luminoso, moderno ed essenziale. Piatti imperniati su pochi prodotti, talvolta combinati in forma originale, sempre elegantemente presentati. Origini friulane, Andrea Berton viene da una storia importante: ha lavorato nel primo ristorante italiano di Gualtiero Marchesi, poi esperienze da Mossiman’s a Londra, all’Enoteca Pinchiorri di Firenze e al Louis XV a Monte Carlo. La sua prima stella Michelin è arrivata nel 2001 grazie a un ristorante aperto in Friuli, ma la consacrazione avviene ancora a Milano, alla Scala, il Ristorante Trussardi. Nel 2013 apre da pioniere in zona Porta Nuova. C’era solo piazza Gae Aulenti, poi sono arrivati il Bosco Verticale, l’Auditorium, il ponte che collega le due aree divise da via Melchiorre Gioia e praticamente tutto il resto. Oggi è questo il nuovo centro di Milano, una delle migliori operazioni di restyling urbano negli ultimi anni in tutta Europa.

I piatti più rappresentativi del ristorante? Certamente in pole position i gamberi rossi di Sicilia crudi e cotti con amaranto croccante, olio di oliva taggiasca e sorbetto alla barbabietola. Ma anche il risotto con gambero crudo e corallo di crostacei, il carrè d’agnello arrosto, friggitelli con ricotta, cipolla e salsa verde e, infine, l’uovo di yogurt e mango. Un vero colpo di genio è il menu Tutto-brodo con un elenco di virtuosismi: il brodo di cicale di mare con ravioli aglio, olio e peperoncino, il brodo di prosciutto crudo con merluzzo sfogliato, pane al prezzemolo e rapanelli e il brodo di cioccolato, sandwich di latte, kumquat e sesamo nero.

Cracco
Disposto su più piani, il nuovo ristorante di Carlo Cracco è il risultato di una brillante ristrutturazione dove l’interno dialoga con la Galleria Vittorio Emanuele II accanto al Duomo, cuore pulsante della città. Ma c’è anche un bar, un bistrot per una pausa veloce, una pasticceria, una cantina che val la pena visitare e una location specialissima per eventi fuori dal comune. Il menu alterna proposte creative a piatti della tradizione: prodotti di prima qualità, finezza nelle preparazioni, sapori distinti.
Insomma, Carlo Cracco è tornato dopo i fasti di Masterchef e le polemiche dovute alla perdita della stella Michelin.
Il menu presenta una scelta contenuta di opzioni, con tante novità e molti richiami al repertorio storico. Dal riso mantecato con midollo e ragù di fegatini al piccione arrosto, dalla “tagliatella” di uovo marinato al carpaccio di “moro oceanico” (parente del branzino) con caviale e ricci di mare, alla cotoletta alla milanese. La sezione “uova” è sempre un must come la famosa insalata russa caramellata, delizia fondente in due bocconi che segue il benvenuto. Il crudo di dentice con wasabi, cioccolato bianco, caffè e tre sfoglie di capasanta speziate conferma la felice convivenza di due anime: la puntigliosa precisione derivata da Marchesi e l’eclettismo nel mix dei gusti tipico di Vissani. Da segnalare, per il perfetto bilanciamento del piatto, da una parte, i ravioli di patate e caviale in salsa d’ostriche e, dall’altra, il risotto con gamberi, zafferano, curcuma e zucca arricchito dalle sfumature amare della polvere di nocciolo di taggiasca. Conclude l’offerta una pasticceria di prim’ordine.

Lume
Il ristorante Lume si trova in un contesto di archeologia industriale completamente ristrutturato in via Watt 37, all’interno di un ex edificio della Ginori: sui tavoli un vaso di porcellana ricorda la celebre manifattura milanese. A dispetto del contesto è possibile vivere qui un’esperienza sensoriale completa grazie alla fantasia dello chef Luigi Taglienti.

La cucina rispetta il patrimonio dei tanti sapori italiani, con un debole per le salse. La filosofia dichiarata dello chef è la ricerca continua fatta sulle materie prime, con un fortissimo legame con il territorio, sia quello di origine (la Liguria) sia quello di adozione (Milano) e l’utilizzo pressoché in tutti i piatti di agrumi o comunque di materie prime dal gusto acre.

La proposta di Lume comprende scelte alla carta e tre menu degustazione. Il primo, “Taglienti racconta Taglienti” comprende alcuni grandi classici (lasagna alla bolognese, saltimbocca alla romana, frittura di pesce) reinterpretati dallo chef. Il secondo, “Frutto di un momento” è composto da idee più sperimentali e materie prime più ricercate (sanguinaccio di pesce, ostriche, piccione). Il terzo menù è il “Nuovo Milano”, un omaggio ai cibi della tradizione della città meneghina, ovviamente rivisitati dal patron.

Tra i piatti da suggerire: acqua, olio, limone e liquirizia; bianco e nero di seppia; le rivisitazioni e ricomposizioni di saltimbocca alla romana, lasagna alla bolognese e tocco genovese. Si passa poi al fegato d’oca di Mortara in foglia di verza, crema tiepida d’ostrica e salsa di cassoeula e all’audace cappuccino di funghi con budino di fegati chiari.

Seta del Mandarin Oriental
​Sofisticata eleganza, contenuti glamour e raffinate esecuzioni; classica e moderna, leggera ma lussureggiante, la cucina di Antonio Guida, chef salentino ormai perfettamente a suo agio con la milanesità, fa dialogare terra e mare, sapori del nord e profumi del sud ottenendo sempre risultati strepitosi. Il ristorante Seta ha sede al Mandarin Oriental, ma è meta di una clientela eterogenea e non si limita certo agli ospiti dell’albergo.

Il menù prevede una versione originale della cucina classica italiana arricchita dalle esperienze vissute in giro per il mondo. Ma dire classico, qui, significa valorizzare e riscoprire, attualizzandola, una cucina profonda e di grande spessore tecnico e qualitativo. Le scelte di Guida sono legate alla sua terra e alla sua infanzia: una cucina mediterranea quindi, con influenze toscane e francesi.

A dispetto delle origini pugliesi, lo chef ha una predilezione per le salse – uso squisitamente nordico – presenti in tanti suoi piatti come nel cavolfiore con salsa al latte di mandorla, succo di yuzi e frutti di mare. Da ricordare lo sgombro con gelato di ricci, succo di cozze e asparago di mare; l’ostrica con patate, friggitelli e salsa di Champagne; il risotto all’anice stellato con scorzonera e polvere di cavolo nero e l’anguilla laccata al vino rosso con fegato grasso e salsa al rosmarino. Il percorso si chiude con performance di alta pasticceria: la fragola con croccante al gianduia, caprino, salsa al litchi e gelato alla mandorla e il Campari con pompelmo e ciliegia bianca, quasi un messaggio d’amore per la città che lo ha accolto e apprezzato.

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