Il 18 febbraio 1872 un uomo mangiò carne di manzo e provocò una rivoluzione, con assalti, scontri, morti e feriti. Cosa comprensibile, se si pensa che l’uomo in questione era l’imperatore del Giappone e mangiare carne era stato fino a quel momento, e per 1.200 anni, proibitissimo. Con il suo atto aveva posto fine a un bando secolare, imponendo al suo Paese una nuova abitudine.
Il tabù della carne animale era stato introdotto con l’arrivo del buddhismo dalla Corea, verso la fine del VI secolo. In quell’epoca i giapponesi erano avidi consumatori di carne: cacciagione e cinghiale in particolare, abitudine che, però, venne quasi cancellata dai monaci. Credendo nella reincarnazione si correva il rischio di nutrirsi con l’anima degli antenati.
Nel 675 l’imperatore Tenmu decise di ratificare la cosa, emettendo un decreto che proibiva il consumo di manzo, cavallo, cane (!), pollo e scimmia – almeno da aprile a settembre. Nei decenni successivi il tabù venne esteso a tutti gli altri mesi. Per le proteine, visto che era un’isola, esistevano i pesci. Meglio togliere spazio all’allevamento e destinarlo all’agricoltura. Le poche occasioni di consumo di carne erano fornite dai medici: se serviva per guarire (e questo valeva anche per i monaci) era permesso. Esistevano, in tutti gli altri casi, anche punitzione specifiche: per il manzo e il cavallo, 150 giorni di digiuno. Per il maiale o la cacciagioe, solo 60 (altro che Quaresima).
Quando è cominciato a cambiare il vento? Con l’arrivo di qualche missionario portoghese, verso l’inizio del XVI secolo. I nuovi arrivati ebbero subito modo di vedere che bere latte era come bere sangue, e che mangiare carne era, ai loro occhi, soltanto assurdo. Perfino il signore della guerra Toyotomi Hideyoshi, non certo una mammoletta, inorridiva al pensiero di mangiare mucca e lanciava maledizioni contro i missionari.
Ma si sa, chi l’ha dura la vince e i portoghesi, cocciuti gesuiti e francescani, ebbero la meglio. Il consumo di carne – dalla vaca alla tempura – divenne sempre più diffuso. Fu l’inizio di un’inversione di rotta che culminò nel XIX secolo: con la dinastia Meiji il Paese volle recuperare il ritardo secolare accumulato nei confronti dell’Occidente e iniziò un periodo di modernizzazione forzata. Tra le varie tradizione, venne abbandonato anche il tabù della carne. L’imperatore decise di dare il colpo decisivo mangiando, lui per primo, un po’ di carne di manzo. I monaci si ribellarono, ci furono scontri, battaglie e morti. Ma alla fine l’Occidentalizzazione prevalse. E di sicuro quelli meno contenti, dopo i buddhisti, furono proprio i manzi.