Elezioni europeeSandro Gozi si candida in Francia con Macron: “Io, Varoufakis e Valls, i simboli di una politica finalmente europea”

L'ex sottosegretario Pd è il primo ex membro di un governo a candidarsi per un partito straniero, "En Marche" in vista delle elezioni europee: “Nel 2024 dobbiamo dare ai cittadini la possibilità di votare anche per candidati in liste transnazionali in una circoscrizione unica europea”

ALBERTO PIZZOLI / AFP

In pochi si ricordavano di lui, l’hanno accusato di aver tradito l’Italia, forse non sarà eletto, ma ha già stabilito un record. Sandro Gozi ex sottosegretario agli Affari europei nel governo Renzi si candiderà con En Marche di Emmanuel Macron, dato primo nei sondaggi in Francia al 23% per le elezioni europee. È la prima volta che un ex membro di un governo si candida nelle liste di un altro Paese. Gozi è stato il primo nel 2016 a proporre delle liste transnazionali per coprire il vuoto lasciato dai 73 deputati del Regno Unito dopo la Brexit. L’idea ripresa poi da Macron durante il discorso della Sorbona nel settembre 2017 è stata bocciata dal Parlamento europeo.
Ma Gozi, ora presidente dell’Unione federalista europea ci crede ed è disposto a immolarsi per la causa. È stato lui a consigliare al suo amico Manuel Valls, ex premier francese, di candidarsi a Barcellona e vede con simpatia la candidatura dell’ex ministro greco Yanis Varoufakis in Germania con il movimento Diem25 e sogna una rivoluzione nel modo di concepire le elezioni europee. «Nel 2024 dobbiamo raddoppiare il potere di scelta: eleggere i candidati nelle circoscrizioni macroregionali e i candidati in liste transnazionali in una circoscrizione unica europea».

Ora però siamo nel 2019 e la sua candidatura è una novità. Perché ha deciso di candidarsi in Francia?
Per due ragioni. Primo, ritengo che le candidature come la mia siano l’unico modo per far nascere veramente dei movimenti transnazionali senza i quali non ci sarà mai una vera democrazia europea. Dal 1979 eleggiamo ogni cinque anni i nostri rappresentanti all’Europarlamento ma non sentiamo la vita politica europea come quella nazionale. Sentiamo Strasburgo distante e secondo me è perché non esistono dei movimenti politici veramente europei. Se vogliamo crearli dobbiamo incarnarli. È l’unico modo per creare un dibattito vero nel Continente.

E la seconda?
Ricordare a tutti i cittadini europei i nostri diritti. Dobbiamo cambiare la mentalità: pensarci come europei di cittadinanza italiana o europei di cittadinanza francese. La mia è una candidatura simbolica per far capire che siamo cittadini della stessa grande comunità democratica. Su questo non ci sono frontiere ma visioni comuni o non comuni che si confrontano per il presente e il futuro dell’Europa.

Alcuni la accusano di essere un antitaliano.
Vorrei ricordare che gli interessi nazionali puri e duri si dibattono all’interno del Consiglio. E io l’ho fatto per quattro anni e mezzo come sottosegretario agli Affari europei per l’Italia.

E cosa risponde a chi le dice che farà solo gli interessi dei francesi che l’hanno votata?
Ma nel Parlamento europeo non si formano mica dei gruppi nazionali. Non c’è il partito Italia, Germania o Francia. I parlamentari si iscrivono a gruppi politici che pur avendo diverse nazionalità all’interno condividono la stessa visione dell’Europa. Se pensiamo che l’elezione europea sia un confronto tra i diversi interessi nazionali, non abbiamo capito nulla. Anche perché questo vorrebbe dire che tutti gli europarlamentari italiani hanno la stessa visione e le stesse priorità. Ma non è così. Non stiamo eleggendo in parallelo 27 parlamenti nazionali ma un unico parlamento europeo in cui non si rappresenta la Francia, l’Italia, la Grecia o il Portogallo, ma visioni diverse dell’Europa. Vale la pena farlo, anche se non è detto che io vinca, anzi. Mi son preso dei grossi rischi sapendo che non c’era alcuna certezza di essere eletto.

Se il rischio è alto, perché si candida?
Il rischio dimostra quanto sia necessaria una scelta originale come la mia. Non c’è nessuna garanzia di elezione ma voglio far acquisire ai miei concittadini la piena consapevolezza di cosa voglia dire il Parlamento europeo: è una nuova dimensione della nostra cittadinanza. E poi chi ragiona in un’ottica puramente nazionale dovrebbe solo farmi i complimenti perché se fossi eletto grazie a me l’Italia avrebbe un suo cittadino in più al Parlamento europeo (sorride, ndr).

Lei è il primo italiano, ma anche l’ex ministro dell’Economia greco Yanis Varoufakis ha deciso di candidarsi per Diem25 in Germania. Può essere l’inizio di una tendenza?
Lo spero. Riusciremo veramente a costruire l’Europa di cui abbiamo bisogno solo se abbassiamo i muri della politica nazionale. Un altro mattone importante è stata la candidatura del mio amico Manuel Valls, l’ex premier francese, a sindaco di Barcellona. Abbiamo parlato a lungo di questa idea più di un anno e mezzo fa con lui e Albert Rivera, il leader di Ciudadanos. Mi ricordo, era il ponte del primo maggio del 2018 ed ero a Sabaudia quando ho discusso approfonditamente con Manuel al telefono.

Eppure Ciudadanos, come abbiamo scritto, ha la tentazione di allearsi coi sovranisti di Vox per non lasciare speranze agli indipendentisti catalani.
Sarebbe un gravissimo errore se facesse qualsiasi tipo di apertura a Vox a livello nazionale. Non mi risulta che la vogliano fare. Più volte ne abbiamo discusso con gli amici di Ciudadanos e ci hanno escluso questa prospettiva. Penso che sia una prospettiva assolutamente da evitare perché non bisogna dare nessuna apertura all’estrema destra razzista, xenofoba e antieuropea. Che si tratti di Vox o che di altri movimenti nel resto dell’Europa.

L’ambiguità del candidato Ppe Manfred Weber è pericolosissima, perché vorrebbe replicare in Europa la politica dei due forni all’italiana e aprirsi come riserva di voti eventualmente anche quelli dell’estrema destra. E noi questo lo dobbiamo contrastare dicendo che la maschera di Weber è caduta. Se diventasse lui il presidente della Commissione sarebbe difficile realizzare il Rinascimento europeo di En Marche


Sandro Gozi

E con chi volete allearvi voi di En Marche?
Bisogna inventarsi una maggioranza politica nel Parlamento europeo partendo dalle scelte di fondo, dalle priorità politiche dell’Europa. L’iniziativa di En Marche sarà decisiva per costruire un’alleanza ampia che coinvolga i socialdemocratici i Verdi e il più alto numero possibile di liberaldemocratici. Un’unione che vada anche a insistere sulla la grande contraddizione nel Ppe.

Quale?
Il Ppe vuole i voti di Viktor Orban ma si vergogna di dirlo. Si sono inventati questa farsa della sospensione di Orban dall’eurogruppo ma alle elezioni europee gli porterà comunque voti. L’ambiguità del candidato Ppe Manfred Weber è pericolosissima, perché vorrebbe replicare in Europa la politica dei due forni all’italiana e aprirsi come riserva di voti eventualmente anche quelli dell’estrema destra. E noi questo lo dobbiamo contrastare dicendo che la maschera di Weber è caduta. Se diventasse lui il presidente della Commissione sarebbe difficile realizzare il Rinascimento europeo di En Marche.

Ecco, parliamo Rinascimento europeo di Macron. Quali sono i punti del manifesto che vorreste attuare subito dopo le elezioni?
La banca per il clima perché la lotta al cambiamento climatico va fatta subito e ha bisogno di risorse economiche serie. Dobbiamo finanziare tutte le azioni per il clima. Dalle misure per sostenere le famiglie, le città, le regioni e gli Stati nel raggiungere il prima possibile gli obiettivi di lotta al cambiamento climatico. E su questo i Cinque Stelle e la Lega hanno perso una grande occasione perché qualche giorno fa hanno votato al Parlamento europeo contro la neutralità del carbone entro il 2050. Il secondo tema, fondamentale, è uno scudo sociale europeo che tuteli i diritti dei lavoratori e garantisca un salario minimo europeo. L’Europa deve tornare a proteggere.

I Cinque stelle hanno appoggiato la riforma del salario minimo europeo proposta da Macron, potreste allearvi con loro dopo le elezioni?
​Considero positivo che altre forze politiche sosterranno parte dei punti del nostro manifesto. Ma i 5 Stelle sono dei populisti estremisti, inaffidabili e assolutamente imprevedibili nel voto. A partire dalla decisione di Di Maio di incontrare gli esponenti più estremi dei gilet gialli, la destra sovversiva che ha minacciato un colpo di stato militare in Francia. La maggioranza che vogliamo costruire è nettamente alternativa alternativa sia ai nazionalisti della Lega che agli estremi opportunisti dei Cinque Stelle perché noi abbiamo bisogno di coerenza sui valori di fondo e abbiamo bisogno di lealtà.

Come è visto il nostro governo in Europa?
Si sta isolando. Da una parte ha mandato inutili provocazioni verso Francia e Germania prendendosela anche con altri Paesi come Malta e Spagna. Il governo gialloverde ha dimostrato una totale incompetenza e inesperienza nel gestire la manovra di bilancio. Senza contare la profonda incoerenza sul tema migranti. Da una parte parla di solidarietà e un lavoro comune nel mar Mediterraneo per gestire l’immigrazione. Dall’altra si inventa sempre situazioni di ricatto come il caso della Diciotti per non partecipare a vere azioni comuni europee in materia di immigrazione. Così come per l’Operazione Sophia. L’Italia stessa non vuole più le navi, ma solo gli aerei, ma invece Sophia era un’operazione che andava assolutamente nell’interesse di Italia per lottare contro i trafficanti di esseri umani.

Non è stato accolto bene il presidente Conte nella sua audizione al Parlamento europeo
In Europa sanno tutti che il vero padrone di questo governo è Matteo Salvini con un socio, ormai di minoranza: Luigi Di Maio. Mi dispiace che il presidente del Consiglio sia una scatola vuota. A Strasburgo hanno avuto il coraggio di dire ad alta voce che il re è nudo. A Roma in tanti lo pensano e non lo dicono ma è evidente che Conte è un’emanazione diretta di Di Maio e non ha nessun ruolo autonomo.

Cosa ne pensa della direttiva sul copyright?
Era un voto molto difficile, c’è stato un lungo lavoro con un compromesso positivo. Io penso che questo sia il tipo di Europa che dobbiamo portare avanti: l’Europa della giustizia. In questo caso però la giustizia sociale con il tema del sario minimo; la giustizia ambientale con la lotta al cambiamento climatico. E la infine la giustizia artistica e creativa, perché dobbiamo tutelare i nostri artisti la loro creatività, dobbiamo insomma tutelare la nostra cultura. Credo che il voto sul copyright vada esattamente in questa direzione capendo però che è stato un confronto molto difficile.

Le piacerebbe fare il Commissario europeo?
Lo escludo nella maniera più assoluta, sarebbe surreale che questo governo possa pensare a me come commissario europeo.

I governi in Italia cambiano in fretta.
In generale lo vedo come un bellissimo lavoro. I lavori più una delle missioni più appassionanti che possono capitare a chi è impegnato in politica europea. Vedremo.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter